Nuovi capitoli in "Le mille e una favola" e "Alla ricerca dei relitti perduti"

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE

n queste pagine sono raccolti e si raccoglieranno documenti e testimonianze, sia di attualità che storici, relativi alle battaglie che si combatterono a nord di Qattara; sia di memorie, con i racconti degli uomini che vi parteciparono; sia polemici, con ricerca e analisi di come vennero presentati i fatti; sia di carattere documentale, con bibliografie e quant'altro si ritiene possa essere di interesse per il lettore. Queste pagine verranno aggiornate e aumentate man mano che ve ne sarà l'occasione e il tempo, e naturalmente la collaborazione alla loro compilazione è aperta a tutti i lettori.

                                                   Capitano MARCO CRISTOFORI        

                                                                              LETTERE INEDITE

 

Capitano Marco Cristofori

Aviano 1910-1966

 

Ufficiale di complemento, trasferito su domanda alla Scuola Paracadutisti di Tarquinia nel marzo 1941, comandante la 12^ compagnia del IV° Battaglione Paracadutisti della Folgore a El Alamein.

Comandante interinale del IV° Btg. dal 29 ottobre 1942 alla fine della battaglia (6 novembre 1942).

Catturato a El Alamein, rimpatriato per malattia il 15 maggio 1943 e trasferito a Roma come ufficiale a disposizione del comando della Divisione Paracadutisti "Nembo." 

Dopo l'8 settembre 1943 rientra in Friuli e il 1° ottobre si unisce al 1° battaglione partigiani "Garibaldi" del Friuli, con incarico di vicecomandante e ufficiale alle operazioni.

Catturato dai tedeschi a Venzone il 1° dicembre 1943; trasferito al campo di concentramento di Dachau il 29 febbraio 1944 e successivamente ai campi di S.te Marie aux Mines, Neckar Gartach e nuovamente Dachau, dove viene liberato il 29 aprile 1945.

Medaglia d'argento al valor militare, su proposta del Col. Alberto Bechi Luserna:  

Comandante di compagnia e di caposaldo, durante durissima offensiva condotta per più giorni dall'avversario con soverchianti forze di fanteria e di carri armati, conduceva difesa abile, aggressiva, tenacissima, riuscendo a  stroncare i successivi assalti e catturando al nemico ventidue carri armati e un centinaio di prigionieri. Assunto successivamente il comando del battaglione in critiche situazioni e ricevuto ordine di sgomberare le posizioni, effettuava un abile e ordinatissimo ripiegamento resistendo vittoriosamente agli attacchi dell'avversario imbaldanzito e riuscendo a portare il battaglione in piena efficienza su nuove posizioni. Deir el Munassib-Uadi Kalakh (Africa settentrionale) 25 ottobre-4 novembre 1942.

Tre croci al merito di guerra (per l'attività di combattente, partigiano e deportato in Germania)

Così lo ha descritto Paolo Caccia Dominioni:

"Conobbi Cristofori sulla linea del fuoco nell'ottobre del 1942, e la sua personalità era simpaticamente diffusa nell'intera Divisione. Ero impegnato con il mio 31° btg. a fianco del suo IV Folgore, ma più con le due altre compagnie, 10^ Simoni e 11^ Ruspoli. Tuttavia, nonostante si fosse molto diluiti sull'immenso schieramento, si sapeva tutto. E di Cristofori era nota l'estrema e sdegnosa originalità, con trovate audaci e inattese che innamoravano la mentalità anticonformista del perfetto Folgorino."

A cura di Carlo Cristofori

cristcaster@gmail.com

 

 

 

 

La 12^ Compagnia della Folgore a Deir el Munassib

 

I combattimenti del 25 ottobre 1942

 

(estratti da due lettere a casa del cap. Cristofori)

 

                                                                                                            Zona Operazioni, 27.X.1942

Carissima Binuta,                                                                                               

 

                    La carta su cui ti scrivo oggi, è meno bella della solita: ma anch'essa era originariamente destinata a raggiungere il Yorkshire ed invece spero giunga felicemente nel mio bel Friuli.

Carta nuova—prigionieri catturati. Ma stavolta non abbiamo fatto solo il rastrellamento del campo di battaglia, ma alla bella battaglia abbiamo partecipato anche noi, e non senza onore. Nei due combattimenti del 25 sera, uno alle 17 circa e l'altro dalle 22 alla mezzanotte, abbiamo distrutto 17 carri nemici, senza contare quelli distrutti dalle altre compagnie del Battaglione. E tu che mi conosci puoi ben immaginare quanto sia fiero di questo risultato, che è—senza false modestie—veramente meraviglioso.

Devo dirti subito che il merito di tutto questo va ai miei insuperabili fanti e ai miei meravigliosi artiglieri. Sono essi che hanno atteso senza far fuoco i carri fino a pochi metri da loro, appiattati nelle buche, e poi li hanno fulminati con le loro armi, ma soprattutto con la loro volontà. E sono essi che a bombe a mano hanno respinto le fanterie che seguivano i carri, anch'esse attese con eccezionale sangue freddo fino al contatto immediato.

A me nessun merito, se non forse quello di aver contribuito con la mia immensa fede a rinsaldar nel cuore dei miei ragazzi la sicurezza che contro di noi non c'è nulla—per gli inglesi—da fare, se non arrendersi o cadere.

Ora il nemico è ancora vicino, ma s'è fatto più prudente e guardingo. E mentre altrove forse stiamo già camminando, qui continuiamo ad attendere gli ordini, pronti intanto a prestar fede al giuramento del “Di qui non si passa.”

 Tuo

Marco                                  

 

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                                                                                                                                      28.X.942 - XXI

 

Carissima Binuta,

 

                      La battaglia continua a svolgersi a nostro favore, ma noi da due giorni siamo pressochè inattivi perchè il nemico dopo le batoste del 25 non ha più tentato attaccare nel nostro settore. I risultati del nostro, anzi dei due nostri combattimenti del 25 sono sempre più grandiosi--forse in questa parola c'è un tantino di esagerazione dovuta all'orgoglio, ma è certo che se tu fossi qui e vedessi la strage di carri armati nemici distrutti che circonda tutte le nostre posizioni, non sapresti darti ragione di come tutto ciò possa essere accaduto.

Ti dirò che dalla mattinata del 24 alla sera del 25 poco meno di cinquecento carri armati nemici si trovavano in sosta a circa quattro km. Dal mio caposaldo. Non sembrava avessero velleità aggressive nei miei confronti, ma puoi ben capire come non ci fosse da stare troppo allegri.

In ciascuno di noi c'era però tanta decisione a resistere, a vendere a carissimo prezzo la pelle e a lottare fino all'ultimo respiro, che quando verso le cinque di sera dalla massa dei carri se ne staccò circa una cinquantina che puntò decisamente contro il caposaldo, nessuno ebbe nemmeno lontanamente l'idea che dovesse essere quella la nostra ultima ora. Infatti attendemmo ii carri senza orgasmo e senza paura: e solo quando furono a poche decine di metri da noi e sembrava stessero già per passare, aprimmo il fuoco che fu per loro veramente micidiale. La nostra artiglieria poi intervenne subito alla mia richiesta e contribuì a trasformare la sconfitta nemica in disfatta. Mentre dai carri colpiti i superstiti uscivano per darsela a gambe gli altri carri facevano precipitosamente dietro front – scomparendo dietro le dune. Quelli che riuscirono a porsi in salvo furono però ben pochi, perchè quasi tutti furono distrutti dalle nostre artiglierie.

Avevo appena provveduto a far rastrellare il terreno per recuperare armi e distruggere quello che non potevo utilizzare che approfittando della notte e di una forte cortina fumogena il nemico tornò di nuovo all'attacco. Questa volta ci fu una breve ma molto intensa preparazione di artiglieria che ci costrinse a rimanere per un po' nelle buche. Ma quando il tiro cessò e uscimmo nelle postazioni, tutto il fronte del caposaldo brulicava di uomini che appoggiati dai carri avanzavano molto brillantemente in piedi. Avanzavano, ti dico, brillantemente: ma così fecero per un tratto perchè anche questa volta i miei uomini vollero  e seppero attenderli a colpo sicuro. Così quando aprimmo il fuoco quasi a bruciapelo chi non cadde subito non ebbe altro pensiero che fuggire con i pochi carri rimasti ancora utilizzabili.

Per tutta la notte dovemmo faticare a recuperare feriti e prigionieri e tale lavoro è continuato anche nei giorni successivi.

Le nostre perdite sono state in complesso molto lievi, anche se per me  molto dolorose. E' morto da eroe Mesina, che ho proposto per la medaglia d'oro.

A proposito di feriti, ieri nel pomeriggio, dopo quasi 48 ore dai combattimenti, fui avvertito che da una postazione si udiva un nemico invocare soccorso. Alcuni portaferiti erano stati il giorno prima lì vicino, ma non avevano potuto recuperare il ferito perchè la zona era intensamente battuta dalle armi automatiche nemiche. Poiché il ferito continuava a chiamare e non si poteva in coscienza lasciarlo morire così, decisi di uscire io con qualche mio uomo. Uscimmo infatti e fummo presto vicini al ferito che ci caricammo sulle spalle, senonchè mentre stavamo portandolo, due maledette mitragliatrici cominciarono a raparci le teste in modo preoccupante. Cercammo di far capire a quegli animali che cosa stavamo facendo (ho interrotto un momento perchè il solito 88 ha picchiato improvvisamente e mi ha fatto mettere la testa nella buca) ma non ci fu verso di farli smettere. E allora dovemmo di nuovo abbandonare il ferito, già quasi dentro i reticolati, e ritirarci strisciando come serpi nelle buche. Tutto andò bene per me, per i miei uomini e anche per il ferito, che questa notte finalmente fu potuto raccogliere. Quando fu dal medico, non cessava di baciargli le mani e di manifestare la sua gratitudine per lui e per noi che prima avevamo tentato di salvarlo. E non faceva che ripetere: Ah! Italians good, good; English, no good! O qualche cosa che alle nostre orecchie suonava così. Certo è che ci guardava con occhi tali che difficilmente ne dimenticheremo lo sguardo.

Tuo

Marco

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Nota

 

L'attacco del IV° Ussari contro le posizioni della 12^ Cp. è così descritto nel capitolo L'ultima battaglia de “I ragazzi della Folgore” di Alberto Bechi Luserna e Paolo Caccia Dominioni (seconda edizione, Milano 1962, p. 241):

 

“Nel pomeriggio, visti falliti i suoi attacchi contro il 186°, il nemico tentava miglior fortuna contro il 187°. Apriva un violentissimo tiro a granate esplosive e nebbiogene contro il caposaldo viciniore di quel reparto e vi sferrava contro, a guisa d'ariete, l'intero reggimento corazzato IV Hussars. Era il caposaldo presidiato da una compagnia (capitano Cristofori) ridotta dai precedenti combattimenti a non più di settanta uomini, con tre pezzi anticarro. Nel mentre questi sparavano a ritmo accelerato sino ad arroventarsi, gli uomini, infossati fra le mine del campo perimetrale, impedivano ai pionieri nemici di aprire un varco ai carri. Dopo vani e reiterati tentativi di avvicinare al caposaldo elementi appiedati, il nemico lanciava contro i difensori una carica di mezzi corazzati. Ma per nulla scossi dall'impressionante spettacolo dei mastodonti (americani, di trenta tonnellate) vomitanti mitraglia a pochi passi, i paracadutisti continuavano il loro fuoco calmo e mirato e passavano anzi al contrassalto, attaccando i carri nemici con bottiglie incendiarie. Contemporaneamente i nostri gruppi di artiglieria riuscivano con audaci tiri d'infilata a battere efficacemente la massa corazzata attaccante arrecandole notevoli perdite. Visto inutile ogni tentativo, il nemico s'induceva a ripiegare a sera sulle posizioni di partenza lasciando innanzi al nostro caposaldo 22 carri armati inutilizzati, successivamente incendiati da nostre pattuglie. Gli equipaggi, una sessantina di uomini, venivano catturati.”

 

Contrariamente alla narrativa, non vi fu alcun bombardamento di artiglieria. Non risulta che vi siano stati momenti di corpo a corpo, nè che siano stati impiegati elementi appiedati, né che i carri siano stati attaccati con bottiglie incendiarie: le bottiglie furono usate per distruggere i carri immobilizzati, dopo il combattimento.

Questo è l'unico episodio a cui la narrativa Bechi, da cui deriva la quasi totalità delle successive versioni, attribuisca l'uso di bottiglie Molotov.

La compagnia non era “ridotta a non più di settanta uomini.” La forza della compagnia era di circa 120-125 uomini, più gli uomini della compagnia cannoni del 185° Rgt. Artiglieria Paracadutisti, a cui appartenevano i serventi dei pezzi anticarro, più la compagnia mortai da 81 anch'essa di rinforzo alla 12^, per un totale di circa 140-145 uomini.

Le perdite subite dopo l'entrata in linea erano state molto limitate, anche perchè la compagnia non aveva partecipato a combattimenti, ad eccezione di azioni di pattuglia “quasi sempre incruente.” Erano rimasti colpiti il Ten. Pietro Cimenti, gravemente ferito in un bombardamento aereo ai primi di agosto; il Ten. Emilio Pirami, ucciso ai primi di ottobre da un colpo di 88; i parac. Bigliatti e Zambon, caduto il primo e ferito il secondo in un'azione di pattuglia; e pochissimi altri. Il 5 ottobre, Cristofori ammette di aver perso qualche uomo ricoverato per malattia, “ma in complesso ho la compagnia completa o quasi.” Il 23 ottobre—la data d'inizio della battaglia--riferisce che la sera prima il Ten. Corsiero Presenti e alcuni altri soldati sono rientrati dall'ospedale.

Il IV° Ussari era organizzato su tre squadroni di carri, uno dei quali distaccato dall'VIII° Ussari. Lo Squadrone A e lo squadrone dell'VIII° erano equipaggiati con 10 carri leggeri Stuart M3 da 13 tonnellate. Questi due squadroni attaccarono la 12^ Compagnia e subirono pesanti perdite, ma non più di una quindicina di carri, come risulta dal diario reggimentale. Lo squadrone C, con 10 carri pesanti Grant da 29 tonnellate, rimase in secondo scaglione, in posizione di accompagnamento e di appoggio ai due squadroni leggeri, senza venire a contatto con la posizione. I pezzi anticarro da 47 dei paracadutisti erano perfettamente all'altezza nei confronti degli Stuart, che erano armati con pezzi da 37. Oltre ai carri, il reggimento disponeva di un certo numero di mezzi corazzati leggeri (autoblinde e simili) a disposizione dello squadrone Comando.

Il diario reggimentale registra soltanto quattro dispersi: un sottotenente e tre uomini di truppa. E' probabile che gli equipaggi dei carri colpiti siano stati raccolti da quelli dello squadrone di appoggio.

La narrativa prosegue:

« ...La giornata del 26 trascorse relativamente calma ché, ammaestrato dai duri scacchi subiti, il nemico non azzardò azioni isolate e solo si contentò di mantenere le nostre linee sotto un tormentoso tiro di artiglieria. Andava intanto ammassando le sue truppe ancora fresche, tenute sino ad allora in riserva, nell'intento di compiere con esse l'estremo sforzo contro la ' Folgore '. Adunò così quattro reggimenti scelti di fanteria motorizzata inglese e si accinse nella notte sul 27 a vibrarci il colpo decisivo.
« Avendo constatato il saldo tenore della nostra resistenza in ogni tratto (com'ebbero poi a dichiarare vari ufficiali prigionieri), il nemico decise di far massa contro il saliente di Munassib, mirando a impadronirsene e a dilagare lungo un allineamento vallivo (Deir el Munassib-Deir Alinda) che da quelle posizioni si diparte. Dopo l'ormai consueta preparazione di artiglieria e di nebbiogeni, il nemico moveva all'attacco al sorgere della luna (ore 22) contro le posizioni tenute dal battaglione presidiante il vertice del saliente (IV, comandato dal maggiore Patella, caduto il 18 ottobre, poi dal capitano di cavalleria Valletti-Borgnini). Una colonna composta da due battaglioni del reggimento Green Howards e da una compagnia autoblinde, riprendeva il fallito attacco del pomeriggio contro la compagnia Cristofori. Un'altra colonna, formata da elementi d'assalto degaullisti, impegnava la compagnia di sinistra (tenente di cavalleria Simoni). Una terza colonna, costituita dall'intero reggimento Royal West Kent e da un battaglione carri del IV Hussars investiva da ogni lato il caposaldo centrale (capitano di cavalleria Ruspoli).

In realtà, risulta evidente che l'attacco principale contro le posizioni del IV° Battaglione ebbe luogo non il 27, ma la sera stessa del 25, come confermato da tutti i documenti e resoconti inglesi.

Tale attacco fu condotto dalla 69^ brigata della 50^ divisione di fanteria, che era organizzata su tre battaglioni: 6° e 7° Green Howards e 5° East Yorkshire. Secondo il consueto dispositivo inglese, l'attacco si sviluppò con due terzi della forza in primo scaglione e un terzo in secondo scaglione, con funzioni di appoggio e rincalzo. In tal modo, il 6° battaglione Green Howards investì e sommerse gran parte delle posizioni dell'11^ Compagnia (Ruspoli), che presidiava il vertice di Munassib.  Il 5° East Yorkshire attaccò le posizioni della 12^, sulla destra, ma venne respinto con gravi perdite. Il 7° battaglione Green Howards rimase in secondo scaglione, intervenendo prevalentemente col fuoco.

Al successo della 12^ contribuì in misura importante il fuoco della compagnia mortai da 81, che ebbe modo di utilizzare le granate ad alta capacità a distanza ravvicinata, con effetti devastanti. Tutte le distanze erano state minutamente calcolate in precedenza, grazie a un telemetro inglese Barr  & Stroud da 80 cm. di base, catturato dalla 12^ ai primi di ottobre.

Nel combattimento notturno non furono impiegati  reparti del IV° Ussari né del Royal West Kent, che non era neppure presente nella zona.   

La 10^ compagnia (Simoni), che costituiva l'ala sinistra del battaglione, non fu interessata dall'attacco della 69^ Brigata. La 10^  venne attaccata la mattina del giorno successivo (26 ottobre) da forze francesi pari a circa un paio di compagnie, che furono respinte senza difficoltà.

Questo fu l'ultimo episodio offensivo nel settore meridionale del fronte; per il resto della battaglia vi fu quasi esclusivamente soltanto concentramento di artiglieria e  di mortai.

A cura di Carlo Cristofori

 

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   RAPPORTO RELATIVO ALLA CATTURA ED ALLA PRIGIONIA PRESENTATO DAL


 

Capitano dei paracadutisti (Cat. Compl.) CRISTOFORI MARCO DI VITO, nato il 28.VII. 1910 ad Aviano (Udine) - distr. Milit. Sacile - domiciliato a Cividale del Friuli (Udine).

Corpo o reparto di appartenenza: IV Btg. 187 Rgt. Div. “Folgore”

Deposito di provenienza: Deposito Divisione Paracadutisti, Viterbo.

Comando ricoperto all’atto della cattura: Comandante del Battaglione.

Località, data e ora della cattura: Zona di El Karita - sud di El Daba - fronte di El Alamein, ore 9 e 30 circa del 6 Novembre 1942 XXI.

Se ferito od illeso: Illeso.

Descrizione dell’episodio e del combattimento che portò alla cattura:

Già Comandante la 12^ Cp. del IV Btg. “Folgore”, ho assunto il comando del IV Btg. sul fronte di El Alamein la sera del 29.X.942, per ordine del Comandante il 187 Rgt. “Folgore”, Ten. Col. S.M. Alberto Bechi.  Il Btg. era sistemato a difesa sulle posizioni di Deir Munassib, sulle quali si erano svolte le cruente azioni dei giorni 25 e 26 ottobre che ritengo non interessanti ai fini del presente rapporto.  Durante i giorni 30 e 31 ottobre e 1 e 2 novembre, non vi furono attacchi nemici di particolare importanza, ma solo continuo concentramento di artiglierie e mortai.  Il Btg. era rinforzato da 9 pezzi da 47/32 appartenenti in parte alla Cp. Cannoni del 187 “Folgore” e in parte al I Gr. Art. “Folgore”. La sera del 2.XI.942, verso le ore 23, il Ten. Novelli, aiutante maggiore in seconda del 187 Rgt. “Folgore”, mi recapitò un messaggio del nuovo Comandante del Rgt., Ten. Col. Luigi Camosso, col quale mi si ordinava:

a) di abbandonare, per le ore 22 di quel giorno, le posizioni occupate, lasciando un velo di copertura che doveva esso pure ritirarsi dalle posizioni due ore dopo l’inizio del primo movimento;

b) di distruggere tutti i materiali intrasportabili, avendo però cura di non provocare incendi od esplosioni per non attirare l’attenzione del nemico;

c)di raggiungere prima dell’alba le posizioni di q. 176 a N. di Qaret el Khadim Nord e di sistemarvisi a difesa, fronte a Est.

Il movimento doveva essere effettuato a piedi, perchè nessun automezzo era disponibile.

Diramati gli ordini relativi, verso le ore 1 del 3.XI.942 ho iniziato il movimento col grosso del

Btg.,seguito verso le ore 3 dai reparti di copertura.

Dei nove pezzi da 47/32 in rinforzo al Btg., i tre appartenenti alla Cp. Cannoni del 187 Rgt. “Folgore” - comandante Ten. Trotta - furono abbandonati sulle posizioni perchè, a detta del riferito comandante, danneggiati al carrello dai tiri nemici dei giorni precedenti, e gli altri sei trainati a braccia dagli uomini del I Gr. Art. “Folgore” che, spronati dall’esempio dei loro Ufficiali, furono, durante tutto il ripiegamento, superiori ad ogni elogio.

Verso le ore 9 del 3.XI.942 il Btg. raggiunse indisturbato le posizioni su cui, secondo l’ordine ricevuto, avrebbe dovuto sistemarsi: ma successivamente, per ordine diretto del signor Generale

Comandante la Divisione - Gen. Frattini - si spostò di circa 5 chilometri più a nord, in secondo scaglione, dietro i Btg. II (Magg. Zanninovich) e IX (Cap. Chieppa) che si schierarono a ridosso

del campo minato antistante le alture dei due Qaret el Khadim, est di Jebel Kalak.

Durante tutta la giornata del 3, non vi furono molestie da parte del nemico. Le comunicazioni col Comando di Rgt., sistemato circa due chilometri più a ovest e cioè sotto le pendici di Jebel Kalak,dovettero limitarsi ai soli portaordini, perchè la R.F. 1 P. del Btg. non riuscì a entrare in

maglia col posto reggimentale.  Seppi dopo che quest’ultimo non aveva più, fin dal giorno precedente

alcuna radio a disposizione.  Anche la notte sul 4 passò tranquilla e senza che alcuna notizia sulla situazione mi giungesse.  Il giorno successivo, invece, il tiro degli 88 nemici fu incessante, se

pure scarso di risultati.

La sera del 4, recatomi personalmente dal Comandante del Rgt. Ten. Col. Luigi Camosso, ricevetti nuovo ordine di ripiegamento: il Btg. doveva raggiungere, per le ore 22, la pista passante nelle vicinanze del Comando stesso e marciare poi in direzione ovest come retroguardia divisionale. Per i pezzi fu messo a disposizione un automezzo, che però doveva seguire il carreggio della divisione anziché il Btg. Giunto sul posto per l’ora fissata, il Btg. fu sostituito nella sua posizione di retroguardia dal II Btg. (Cap. Caroli) e comandato invece a far parte del grosso della colonna divisionale. Il movimento della colonna si iniziò verso le ore 1.  La marcia fu indisturbata durante tutta la notte.  Al mattino del 5 il movimento fu osservato da velivoli nemici rimasti in quota e successivamente molestato da puntate di autoblinde nemiche che si avvicinarono più volte alla colonna mitragliandola da lontano e causando solo lievi perdite.  Durante la marcia, l’automezzo trasportante i pezzi si ricongiunse al Btg., che potè così più volte schierarsi per fronteggiare le puntate dei mezzi blindati nemici.  Il movimento durò così pressochè ininterrotto fin verso le ore 17, quando fu costituita una linea provvisoria di resistenza - fronte a est - col IX Btg. (Chieppa) a nord, il IV Btg. al centro e il II (Caroli) a sud. Subito il tiro degli 88 nemici riprese violento, non più controbattuto dall’artiglieria della colonna che, autotrainata, aveva proseguito il ripiegamento. Verso le ore 19 un automezzo distribuì scatolette di carne ed acqua.  Alle ore 20 circa mi fu recapitato da un portaordini un altro messaggio del Comandante il Rgt. Ten. Col. Luigi Camosso, col quale si disponeva che per le ore 19 il Btg. doveva essere pronto a muovere ancora, nuovamente in retroguardia divisionale e subito dopo il IX Btg. (Chieppa). La direzione di marcia era ancora indicata con semplice angolo di bussola: ovest, e l’obbiettivo era una linea difensiva dell’Asse che, a quanto si diceva, si era costituita una decina di chilometri più a ovest. Un automezzo per il trasporto e traino dei pezzi ancora efficienti, nuovamente messo a disposizione, doveva, come il giorno avanti, incolonnarsi col carreggio divisionale, per non intralciare il movimento delle fanterie. 

Il nuovo movimento, con gli uomini ormai esausti, fu iniziato verso le ore 21.  Il collegamento col IX Btg. (Chieppa) non fu potuto mantenere, causa l’oscurità, e la marcia fu continuata con la sola bussola.  Verso le ore 2 del giorno 6.XI.942 fu raggiunto, insabbiato ed immobilizzato, l’autocarro su cui erano trasportati i pezzi da 47/32.  Dopo molteplici tentativi il camion fu rimesso in movimento e la marcia ripresa.  Causa il terreno, il groviglio di piste e l’oscurità, gli uomini poterono proseguire, ma l’automezzo fu ben presto nuovamente insabbiato.  Poiché durante il giorno precedente si era parlato di una linea difensiva dell’Asse costituitasi nelle vicinanze e che bisognava assolutamente raggiungere per non essere circondati, decisi di abbandonare definitivamente l’automezzo nella speranza di salvare gli uomini.  Certo se la vera situazione non mi fosse stata tenuta nascosta, non avrei esitato a fermarmi e a sistemarmi sul posto per una resistenza ad oltranza. La marcia proseguì fino all’alba.  Verso le ore 6 del 6.XI.942 si incontrarono i primi gruppi di sbandati.  Interrogati alcuni ufficiali, seppi che fin dal giorno precedente la zona era stata rastrellata da forze corazzate nemiche, che, disarmati e schiaffeggiati Ufficiali e soldati, li avevano abbandonati nel deserto senza acqua e senza viveri ed erano poi proseguite verso ovest. 

La zona era assolutamente desertica e piana.  A circa 3 chilometri di distanza si elevavano però alcune alture che non avrebbero potuto permettere l’assalto dei mezzi corazzati nemici e che perciò si prestavano per una resistenza efficace.  Pensai di raggiungerle per attendere ivi la notte nella speranza di poter poi con l’oscurità riprendere il cammino.  Mentre impartivo gli ordini relativi notai all’orizzonte alcune blinde nemiche.  Giudicato impossibile raggiungere le alture con tutto il Btg., tentai di salvarne una parte e precisamente le Cp. Comando e 12^, schierandomi con la 10^ Cp. per un’ultima resistenza.  Senza armi pesanti A.C. e con due soli fuciloni polacchi 7,92, attesi.  Le autoblinde nemiche si fermarono, poi iniziarono un lento movimento aggirante, fuori portata delle armi del Btg. Chiuso il cerchio e senza mai avvicinarsi alla posizione, il nemico aprì il fuoco con le armi di bordo, intimando contemporaneamente la resa.  Nessun riparo, se non alcuni ciuffi di sparto.  Caddero il Ten. Gaetano Lenci e tre altri paracadutisti, mentre una decina d’altri uomini rimanevano più o meno gravemente feriti.  Esaurite le poche munizioni dei fuciloni A.C., giudicata impossibile ogni ulteriore resistenza, nella speranza di aver dato tempo al resto del Btg. di raggiungere le alture dianzi accennate e di aver comunque ritardato l’avanzata nemica verso il resto della divisione, alle ore 9 e 30 circa del 6.XI.942 detti ordine ai miei paracadutisti di alzarsi in piedi e di cessare il combattimento.

Le Cp. Comando e 12^ furono raggiunte ed accerchiate da altre forze corazzate nemiche sopraggiunte verso la fine del loro movimento, e costrette esse pure a seguire le sorti del Btg.

Al momento della cattura i tre superiori diretti da cui dipendevo in linea gerarchica erano:

Ten. Col. Luigi Camosso, Comandante il 187 Rgt. “Folgore”;

Gen. Div. Enrico Frattini, Comandante la Divisione “Folgore”;

Gen. C.A. Nebbia, Comandante il Corpo d’Armata.

La forza del Btg. era ridotta a circa 200 uomini. Mi mancano però le cifre precise, andate perdute. Le armi abbandonate al nemico furono inutilizzate al momento della cessazione del fuoco.

Gli Ufficiali catturati insieme con lo scrivente sono: Ten. Driussi Giuseppe, Comandante la 10^ Cp., Ten. Pesce Livio, Ten. Frenza Pietro. I Tenenti Presenti Corsiero, Comandante la 12^ Cp., Azzena Ascanio e Caltabellotta Sebastiano furono catturati con le Cp. Comando e 12^.  L’ordine di resa fu dato, come già detto, dallo scrivente.  Non mi consta che nell’episodio finale vi siano stati particolari atti di valore.  Ma credo di poter dire l’assoluta verità affermando che il comportamento

di tutti i dipendenti fu altrettanto esemplare dal 2 al 6 novembre, quanto esemplare ed eroico era stato nelle giornate di Deir el Munassib.

Che cosa ho visto durante il combattimento, all’atto e dopo la cattura:

Per quanto osservato durante il combattimento, vedasi al paragr. precedente.  Dopo la cattura ho potuto osservare che le autoblinde nemiche che avevano catturato il Btg. costituivano l’avanguardia di grosse formazioni corazzate che per alcune ore continuarono a sfilare verso ovest.  Le colonne erano prevalentemente costituite da mezzi corazzati cingolati di vario tipo, fra cui notavasi una fortissima aliquota di artiglierie A.A. e A.C.

Impressioni:

Impressioni generali sul nemico sono:

rapidissima e perfetta organizzazione delle piste, segnate sul terreno, col proseguire delle avanguardie, con paline di metallo perfettamente visibili di giorno e di notte;

enorme diffusione dei mezzi radio, montati pressochè su tutti gli automezzi;

perfetta organizzazione e segnalazione dei campi minati;

ottima organizzazione dei rifornimenti;

ottima disciplina del soldato, sia inglese che di colore;

enorme disponibilità di armi, munizioni, viveri, materiali di ogni specie;

ottimo servizio di informazioni,

grande disponibilità di forze aeree;

disponibilità di ottime armi leggere e pesanti;

completa e assoluta meccanizzazione dell’armata, per il qual fatto si può ben dire che non vi fosse un soldato nemico che andasse a piedi.

Impressioni generali su noi stessi sono:

assenza assoluta dell’aviazione dal cielo della battaglia, almeno nel settore meridionale del fronte;

assoluta deficienza di automezzi, mezzi blindati, corazzati e antiaerei;

scarsezza di artiglierie di sufficiente calibro;

cattiva organizzazione delle piste e dei campi minati in nostro possesso, che hanno falcidiato i già scarsi automezzi - quasi tutti catturati allo stesso nemico - a disposizione dei nostri reparti;

scarsità in numero ed efficienza dei mezzi di collegamento.

 

Indagini svolte dal servizio informazioni nemico:

Interrogatorio subito dopo la cattura da parte di un Ufficiale superiore assistito da un interprete.

Trattamento e cura dei feriti sul campo:

Nulla da rilevare per quanto riguarda il trattamento e cura dei miei feriti.

Trattamento avuto all’atto della cattura:

Nessun maltrattamento. Interrogato su argomenti di carattere militare, rifiutai di rispondere e ordinai ai miei Ufficiali di fare altrettanto. In mia presenza il Ten. Driussi fu invece più tardi percosso col calcio del fucile da un poliziotto inferocito. Altri e peggiori atti del genere mi furono riferiti, ma non vennero da me personalmente osservati.

Campi ed ospedale dove trascorsi la prigionia, trattamento ecc.:

Dal 7 al 15 novembre presso il Campo 308 di Alessandria d’Egitto;

dal 16 nov. al 23 dic. Presso il Campo 306 di Geneifa (Egitto);

dal 24 dic. al 26 apr. 943 presso il 41° General Hospital di El Kantara (Sinai);

dal 26 apr. al 30 apr. presso il Campo 309 di Cassassim (Egitto);

dal 1° maggio al 3 maggio presso il Campo 304 di Heluan (Egitto).

 

Il trattamento al campo di Alessandria fu pessimo: vitto insufficiente, alcune notti all’addiaccio senza coperte, mancanza di qualunque svago e possibilità di moto.  Il trasporto al campo e dal campo 308 a quello 306 fu fatto a mezzo ferrovia, in sudici vagoni bestiame. Al Campo di Geneifa il trattamento migliorò e il vitto divenne sufficiente, sebbene pessimo.  Alloggiamenti in tende.  Qualche possibilità di svago e di moto.  All’ospedale di El Qantara il trattamento fu nei mei riguardi ottimo. Alcuni camerati invece furono più volte seviziati in mia presenza da un infermiere, tale Pr. Nixon. Una mia protesta a tale riguardo indirizzata al rappresentante della potenza protettrice non ebbe seguito.  L’infermiere venne però sostituito.

Igiene e condizioni sanitarie nei campi:

Per quanto mi consta, buone.

Assegni ricevuti:

100 piastre mensili in contanti oltre 500 piastre mensili circa spendibili in conto corrente allo spaccio.

Indumenti avuti in distribuzione:

Nessuno.

Comandante italiano del campo:

Al Campo 306 di Geneifa - ove sono rinchiusi solamente Ufficiali - vi è un Comandante italiano per ogni recinto. Tale comando è assunto dall’Ufficiale più elevato in grado. Al recinto n. 11, dove fui rinchiuso dal 16 Nov. al 23 Dic. 942, il Comandante era il Ten. Col. S.M. Faccio.

Parola d’onore:

Non fu mai richiesta allo scrivente.

Corrispondenza spedita e ricevuta - pacchi postali:

Spedite l’11.XI.942, le prime lettere pervennero ai miei familiari il 29. XII.942. La loro prima risposta mi giunse il 1°.III.943. Non ho ricevuto alcun pacco, benchè preannunziatomi.

Fatti episodi notizie meritevoli di essere segnalati:

Ritengo già noti i fatti e gli episodi concernenti il IV Btg. della “Folgore” nei combattimenti dei giorni 25 e 26 ottobre 1942.  Durante l’attacco nemico della sera del 29.X.942 si distinse la 10^ Cp. al comando del Ten. Driussi ed in particolare il Ten. Mario Viti, caduto mentre da un posto avanzato respingeva a bombe a mano il nemico.  Durante i giorni 30 e 31 ottobre la stessa 10^ Cp. ebbe 23 uomini su 81 fuori combattimento per tiro di artiglieria e mortai avversari.  Meritano di essere segnalati per coraggio ed abnegazione i medici Tenenti Papini, Calamosca ed Ilari, nonché l’infermiere parac. Pariani.

Morale e comportamento della truppa durante il combattimento e dopo:

Per quanto si riferisce al comportamento della truppa durante il ripiegamento iniziato il 2 novembre, posso ripetere con assoluta sicurezza che esso fu superiore ad ogni elogio.  Il morale fu sempre elevatissimo, anche nelle ore più dure.  Durante la marcia dei giorni 4 e 5 novembre, durata pressochè ininterrotta 19 ore, gli uomini del Btg., insieme con quelli della Cp. Mortai divisionale, comandata dal Ten. Rinaldi, aggiuntasi al Btg. durante il movimento - benchè ormai esausti, affamati e assetati - risposero magnificamente agli incitamenti con grida di fede e canti di guerra.  Dopo la cattura in tutti, Ufficiali e soldati della Divisione, non vi fu che un rammarico: quello di aver ricevuto la sera del 2 novembre l’ordine di ripiegare, anziché quello di lanciarsi allo sbaraglio contro il nemico - come tutti eravamo preparati e disposti a fare - od almeno quello di resistere fino alle estreme possibilità sui capisaldi inviolati.  Sul comportamento dei connazionali in prigionia non mi è possibile riferire cosa alcuna perchè, iniziata fin dai primi giorni la simulazione della malattia mentale che mi ha permesso di ottenere il rimpatrio, ho dovuto da prima allontanarmi ostentatamente da tutti ed in seguito entrare al Manicomio di El Qantara, ove qualsiasi contatto coi camerati mi era vietato.

Come avvenne la liberazione:

Ottenni la liberazione per decisione della Commissione Internazionale della C. R. che mi giudicò “schizofrenico melancolico.”  L’idea della simulazione mi fu suggerita dalla stessa convenzione internazionale di Ginevra, che al Campo 306 di Geneifa ebbi l’incarico di ricopiare dal Comandante del campo Col. Faccio.  Informato il mio Comandante di Rgt. Ten. Col. Camosso e chiesto consiglio ed aiuto ai Tenenti Medici Papini e Delle Piane, verso la metà di dicembre 1942 iniziai la simulazione della malattia.  Ricoverato presso l’infermeria del Campo 306 persistetti nell’atteggiamento assunto finchè il 24 dicembre fui internato al 41° General Hospital di El Kantara. All’atto della partenza del primo scaglione di rimpatriandi fui per perdere ogni speranza ed abbandonare il tentativo.  Ma poi pensai di persistere per rimanere ancora all’ospedale ed attuare di là un tentativo di fuga verso la Palestina e la Turchia, approfittando della scarsa vigilanza dell’ospedale stesso e della vicinanza della linea ferroviaria Cairo-Haifa-Aleppo-Alessandretta.  Mentre stavo attuando i preparativi di tale fuga, insieme ad un Ufficiale osservatore tedesco, certo Harting, pure simulatore, fui dalla Comm. Intern. della C.R. visitato, giudicato “inguaribile” e destinato al rimpatrio.  Il 4 maggio fui così imbarcato ad Alessandria sulla Nave Ospedale “Talamba” ed il 9 trasferito a Smirne sulla R.N. Ospedale “Gradisca”.  Sono sbarcato a Bari il 15.V.943.

Casi da segnalare riferentisi all’azione che portò alla cattura e alla prigionia:

Ritengo doveroso richiedere un’inchiesta sul comportamento del Comandante della Cp. Cannoni del 187 Rgt. “Fologore” - Ten. Trotta - che credo dover essere tenuto responsabile della perdita di tre pezzi da 47/32. Per l’espletamento di tale inchiesta dovranno essere a suo tempo interrogati gli ufficiali e soldati della stessa compagnia.

Altro e più grave fatto, concernente questo la perdita di tutta la Divisione, è quello relativo all’ordine di ripiegamento impartito la sera del 2.XI.42.  Tutti noi paracadutisti giudichiamo tale ordine un errore, sia perchè è assurdo pensare che un qualsiasi reparto possa efficacemente ripiegare combattendo nel deserto contro forze corazzate, senza avere a disposizione almeno gli autocarri necessari al traino dei pezzi A.C., e sia perchè è logico supporre che ben maggiore sarebbe stato il rendimento dei magnifici ragazzi della “Folgore” se - informati i comandanti dei minori reparti della reale situazione - gli stessi fossero stati autorizzati ad agire d’iniziativa in quelle azioni in territorio nemico per le quali i paracadutisti erano stati addestrati ed erano anche caduti durante la dura preparazione, e per le quali ciascuno si sentiva votato. 

 

Fondi di battaglione:

All’atto della mia assunzione al comando le pratiche amministrative erano svolte non in linea, ma in posizione retrostante, a cura di un Ufficiale del Comando Rgt., di cui non ricordo il nome.  Mi consta però che gli assegni erano stati pagati agli Ufficiali e truppa fino al 30.IX.42 solamente, in quantochè quelli del mese di ottobre, benchè prelevati dal Btg., non erano stati ancora distribuiti all’atto della cattura.

Informazioni di carattere militare sul nemico:

1) Sbarramenti antiaerei sul canale di Suez: durante la mia permanenza a El Kantara mi è stato possibile osservare che lungo tutto il canale, da un’ora prima del tramonto ad un’ora prima dell’alba, vengono alzati numerosi palloni di sbarramento ad una quota di circa 2500-3000 m. e ad un intervallo di circa 1 km. uno dall’altro. Presso i laghi i detti palloni vengono disposti lungo le rive.

2) Sbarramenti subacquei del porto di Alessandria: durante l’uscita dal porto di Alessandria ho potuto osservare una parte degli sbarramenti del porto stesso e precisamente quelli del lato orientale. A cominciare dalla punta della grande diga esterna, ho notato tre linee di sbarramento, dipartentisi a raggiera appunto dall’estremità della diga stessa. Proseguendo verso i moli si incontra un quarto sbarramento disposto pressochè parallelo alla diga succitata ed infine un quinto, presso le navi da guerra ancorate alla fonda (che il giorno 4.V.43 erano cinque incrociatori francesi della classe “Duquesne”).  I due primi sbarramenti e l’ultimo sono costituiti nella parte emersa da una serie di comuni mine legate in catena, sporgenti dall’acqua circa un terzo e portanti una rete antisiluri. Nel terzo sbarramento le mine sono sostituite da cassoni parallelepipedi sporgenti dall’acqua circa un metro e portanti sulla faccia superiore numerosi rostri rivolti in alto e verso l’imboccatura del porto. Il quarto sbarramento, infine, è costituito da una fila di piccole mine sferiche, del diametro di circa 50 cm., legate vicinissime una all’altra, emergenti pochissimo dal pelo dell’acqua e sorreggenti anch’esse una rete antisiluri. 

 

 

 

Circa la dislocazione di forze nemiche in Egitto ho potuto osservare: presso Cassassim vi è un estesissimo deposito di materiali del Genio, di mezzi da sbarco e di artiglierie.

Lungo tutto il Canale sorgono numerosissimi ed estesi accampamenti di truppe inglesi, americane e di colore.

Nei pressi di El Faied (Sud di Ismailia) vi è un grande aeroporto per quadrimotori.

 

Dichiaro di non aver fatto prima della presente alcuna dichiarazione su fatti inerenti alla prigionia, né di aver dato mai alcuna notizia al nemico.

Bari, 24 Maggio 1943 XXI

Capitano Marco Cristofori

Nota

Contrariamente a quanto riferito nella relazione Cristofori, l’ultimo combattimento del IV battaglione - che fu anche l’ultimo combattimento della Divisione - si concluse senza che venisse dato l’ordine di resa.  Quello che accadde risulta da una testimonianza del Parac. Angelo Fumagalli, pubblicata nel libro di Lassalle Errani “IV Battaglione Paracadutisti della Folgore:”

“Quasi due settimane dopo, il 6 novembre, mi sono trovato coi resti del IV Battaglione che da quattro giorni stavano ripiegando combattendo nel deserto contro forze corazzate.  Eravamo 50 - 45 in tutto, compresi alcuni fanti non paracadutisti e un soldato tedesco che si erano aggiunti a noi strada facendo. Rimasti isolati dal resto della Divisione fummo raggiunti e accerchiati da una formazione di autoblinde. Una di esse venne avanti, gli uomini scesero a terra e ci intimarono la resa.

Molti di noi erano armati solo di pistole, ma avevamo ancora un fucilone polacco manovrato dal Caporale Florindo Schiavo.  ‘Spara!’ ordinò il Cap. Cristofori, nuovo Comandante del Battaglione.  Schiavo sparò, colpendo l’autoblinda ad una ruota.  Gli uomini dell’equipaggio risalirono in fretta e l’autoblinda ripartì riuscendo però a fare soltanto un mezzo giro su sè stessa.  Allora le altre autoblinde aprirono il fuoco con le mitragliatrici uccidendo e ferendo diversi uomini.  Io ero disteso a terra, con Pignatelli a sinistra e il Tenente Lenci sulla destra, un po’ più avanti: fummo subito inquadrati da una raffica sparata nella nostra direzione.  Non so come, i proiettili mi sfiorarono da tutte le parti coprendomi di terra ma senza colpirmi.  Colpirono però Pignatelli, che morì; e uccisero il Ten. Lenci, anche lui un buon ufficiale.  Il soldato tedesco ebbe il buon senso di alzare le mani, subito imitato da me e da molti altri, e le inutili perdite cessarono.

Pignatelli non morì subito: aveva una gamba spappolata e cercammo di fermare l’emorragia in qualche modo.  Ma non servì.  Quando capì che se ne stava andando, gridò ‘Viva l’Italia!’ e più di una volta.”

Il Parac. Santo Pelliccia della X Compagnia, presente all’ultimo combattimento, riferisce che il Capitano ordinò al Ten. Driussi di sparare al tedesco che aveva alzato le mani.  Ma ormai era tutto finito.

                                     

 

  A cura di Carlo Cristofori

 cristcaster@gmail.com

 

 

 

 

 

 

16 Agosto 2008 / v06
 

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