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  storia dei carristi e del 32 reggimento carri
Storia dei Carristi e del 32° reggimento carri  di Maurizio Parri
Storia dei Carristi e del 32° reggimento carri  di Maurizio Parri
Storia dei Carristi e del 32° reggimento carri  di Maurizio Parri
Storia dei Carristi e del 32° reggimento carri  di Maurizio Parri

Storia dei Carristi e del 32° reggimento carri di Maurizio Parri

 

 

 

CAPITOLO I
LE ORIGINI

 

Essere carristi significa già di per sé essere un po' speciali. Un po' particolari e, in un certo senso, unici, irripetibili e per questo preziosi. La storia avventurosa delle origini del corpo conferma questa nostra asserzione.
L'origine dei carristi risale al periodo centrale della 1^ guerra mondiale allorché la realtà del motore, del mezzo meccanico in genere, si affacciava - con grandi aspettative - alla ribalta del mondo militare. Un'origine in verità piuttosto recente dal punto di vista cronologico, ma già lontana anni luce se si osserva la stessa distanza con occhio tecnologico.
Le radici dei carristi affondano perciò in quell'epoca pionieristica, quando una semplice "scatola" di acciaio dotata di due mitragliatrici e mossa da due nastri metallici azionati con qualche difficoltà da un rumoroso motore rappresentavano l'apice della tecnologia in un mondo ancora in gran parte mosso dai quadrupedi. A quei tempi il carro armato suscitava la stessa sbalordita sorpresa che oggi riesce a suscitare una navetta spaziale ed era ancora un misterioso prodigio meccanico frutto dell'ingegno dell'Uomo.
Comparso il nuovo congegno bellico, occorreva dunque inventare un soldato completamente nuovo, per il quale – come si vedrà più avanti – bisognava addirittura inventare il nome. Il carrista, come più tardi verrà chiamato questo nuovo genere di guerriero, è –dunque – anch'egli un'invenzione, non potendo essere l'evoluzione di nessun altro tipo di soldato, come testimoniano i prodromi della sua storia.
Né poteva immediatamente essere messa a punto, né immediatamente compresa la dottrina del loro impiego moderno ed efficace. Ai suoi primordi, in un mondo che lo osservava ancora ondeggiando tra stupore e diffidenza, tra eccessivo entusiasmo ed incredulità, il carro armato si proponeva come lo strumento capace di reintrodurre il concetto del "movimento" e quindi della "manovra" nella battaglia immobilizzata dall'avvento del binomio mitragliatrice - reticolato. Insomma, al suo comparire, il carro, elegante sintesi tecnologica di potenza, mobilità e protezione, era visto come il rimedio per liberare finalmente le fanterie, inchiodate nelle putride trincee, imprigionate dal filo spinato e martellate senza sosta dal fuoco incessante delle armi a ripetizione. Insomma, un mezzo per aumentare la potenza offensiva della fanteria. Come vedremo, "la macchina da guerra con rotaie a cingoli"- come alcuni la chiamarono allora - fu molto di più.
Seguire le vicissitudini dei primi anni del carrismo italiano non è affatto semplice e risulta sempre un complicato cimento che solo la passione e l'interesse possono aiutare superare. In questo fascicolo si è cercato di raccogliere le informazioni frammentarie desunte da più fonti, riordinandole e cercando di ricostruire il filo cronologico delle tappe e degli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia della specialità e, in particolare, del nostro magnifico reggimento che di questo racconto è il protagonista fondamentale.
La comparsa del carro armato in Italia
Furono le vicende della Grande Guerra a portare i primi carri armati in Italia.
L'interesse delle autorità militari italiane per la nuova macchina da guerra si manifestò e si sviluppò dopo la comparsa dei primi carri sul fronte di guerra francese in occasione dell'offensiva britannica sulla Somme del 15 settembre 1916.
L'Esercito Italiano iniziò comunque ad interessarsene con molta cautela giacché l'introduzione dei rivoluzionari e costosissimi mezzi bellici avrebbe richiesto un addestramento specifico di quadri e truppa e la disponibilità di specialisti per la logistica che allora erano del tutto mancanti.
Mancava, inoltre, una precisa idea di come impiegare i carri armati in combattimento ed esisteva una diffusa diffidenza circa le loro reali possibilità d'affermarsi sul campo di battaglia.
I pionieri
Il primo Ufficiale italiano incaricato di interessarsi alla modernissima arma fu un Artigliere, il Capitano Alfredo BENNICELLI che nei primi del 1917, per ordine del Ministro della Guerra Tenente Generale ZUPPELLI, si recò in missione nelle Fiandre per visionare i primi esemplari di carro armato impiegati da Francia e Inghilterra e in seguito diresse tutte le prove tecnico-dimostrative sui carri affluiti in Italia.
Il Conte Alfredo Bennicelli nasce a Roma il 19 febbraio 1879, milita come Ufficiale di Complemento di 1° Nomina nel 13° Reggimento di Artiglieria di stanza nella Capitale, procede nella carriera militare fino al grado di Generale di Brigata e quella politica fino alla dignità di Senatore del Regno, muore a Roma il 20 Maggio 1960 all' età di 81 anni dopo aver ricoperto importanti incarichi in Vaticano. Attivamente introdotto nel mondo industriale francese, intuisce l'utilità dell'impiego del carro armato nelle operazioni militari e, ottenuta la necessaria autorizzazione del Ministero della Guerra, introduce l'idea del carro da combattimento nell'Esercito Italiano, l'esperimenta e la realizza. Primo tra i primi, il Maggiore Conte Alfredo Bennicelli è idealmente considerato il "fondatore" dei carristi italiani.
All'inizio del 1917 fu chiesto ed ottenuto dalla Francia un esemplare di carro Schneider allo scopo di sperimentarne le caratteristiche sul fronte italiano. Le prove svolte a Tricesimo diedero buoni risultati per cui l'Italia richiese altri esemplari all'alleato francese che però non ritenne di doverceli concedere.
Nel 1918 la Fiat progettò e realizzò di propria iniziativa due esemplari del carro Fiat 2000, pesante 40 tonnellate, con un equipaggio di ben 10 uomini e mosso da un motore da 600 cavalli e capace di conferire al mezzo una velocità di 6 km/h. L'armamento era costituito da un cannone da 65 mm installato in torretta e ben 7 mitragliatrici.
La fine del primo conflitto mondiale nel novembre 1918 impedì comunque all'Italia di sperimentare sul campo di battaglia la nuova arma, ma alla fine della guerra erano presenti in Italia ben sette carri armati! (due Fiat 2000, un carro Schneider e quattro Renault 17 avuti, sia pure dopo molte insistenze, dalla Francia).
Nel 1918 il "cospicuo" parco carri italiano fu riunito nel primo ente addestrativo per l'impiego dei carri armati istituito presso la Sezione speciale per l'istruzione sui trattori cingolati del Reparto di Marcia Trattrici d'Artiglieria di Verona, in seguito trasformata in "Reparto Speciale di marcia carri d'Assalto" comandato dal Maggiore Corsale ed alle provvisorie dipendenze della Sezione Auto dell'Intendenza Generale. Era questo – infatti – l'unico ente presso il quale esisteva, all'epoca e in una certa abbondanza, il personale con le cognizioni meccaniche indispensabili per il mantenimento e l'impiego dei mezzi cingolati che, con un po' d'immaginazione, potevano essere assimilati ai carri armati.
Questo primordiale ente addestrativo aveva il compito di impartire ad Ufficiali e Truppa volontari provenienti da tutte le armi, una prima istruzione sulla condotta dei carri armati tipo Schneider e Renault.
Il primo vero e proprio reparto di carri armati dell'Esercito Italiano fu però la "1a Batteria Autonoma Carri d'assalto" su 2 sezioni di 4 carri ciascuna (un Fiat 2000 e tre Renault 17, 2 Ufficiali e 17 tra Sottufficiali e truppa), costituita a Torino nel dicembre 1918 in seno all'Arma di Artiglieria e posta al comando di un Capitano.
Fino al 1918, il personale assegnato ai carri armati portava cucito sulla manica destra della giubba il simbolo dell'Artillerie d'Assault francese (ideato dal Sottotenente de Rebaud) e mutuato da parte degli Ufficiali italiani che avevano frequentato in Francia il corso per carri armati. Il distintivo, che dapprincipio raffigurava un elmo d'armatura sovrapposto a due cannoni incrociati, fu modificato in seguito alla costituzione della 1^ Batteria autonoma carri d'assalto, sostituendo uno dei due cannoni con una mitragliatrice. Da questa versione del simbolo avrà più tardi origine l'attuale fregio tradizionale della specialità carristi.
Nel febbraio del 1919, una sezione della 1^ Batteria autonoma carri d'assalto fu inviata, con due carri Renault 17 ed il Fiat 2000, in Tripolitania per un breve ciclo operativo contro gli arabi ribelli.
Nello stesso momento in cui vedeva la luce la 1^ Batteria autonoma carri d'assalto, il Sindaco di Verona chiedeva alle autorità militari di trasferire altrove "l'ingombrante" flotta corazzata accasermata in città e così il 5 marzo venne sciolto il Reparto speciale di marcia carri d'Assalto e disposto il trasferimento a Roma del terzo carro Renault 17. La scuola carri d'assalto del parco trattrici venne anch'essa sciolta.
Il 2 aprile dello stesso anno, la seconda sezione della 1^ Batteria eseguì una dimostrazione allo stadio nazionale di Roma, cui assistette anche la Famiglia Reale, organizzata per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle possibilità offerte dalla nuova arma.
A questa esibizione presero parte, oltre ad alcuni mezzi blindati su ruote, uno dei due carri Fiat 2000, il Renault 17 mitragliatrice ed un Renault 17 con obice da 105 mm.
Rientrata in patria dalla Tripolitania la prima sezione (che lasciò a Tripoli il suo Fiat 2000), la 1^ Batteria fu destinata a Nettuno, presso il poligono di Artiglieria che là ancora oggi esiste, alle dipendenze amministrative del 13° Reggimento Artiglieria da Campagna di stanza in Roma nella caserma del Castro Pretorio.
Accantonata dapprima presso la caserma del 1° Reggimento Granatieri, fu poi trasferita a Castro Pretorio. Nel settembre del 1919 fu raggiunta dal carro Schneider che era stato lasciato all'autoparco di Verona. Il 21 novembre 1919, la specialità "carri armati" transitò nell'arma di Fanteria (Regio Decreto n. 2149 noto come "ordinamento Albricci) e, nel dicembre successivo, la batteria, ribattezzata dapprima "Compagnia Autonoma Carri Armati" e successivamente "Compagnia Carri Armati", si trasferì infine nei baraccamenti di San Lorenzo, sempre a Roma.
Nel mese di maggio dello stesso anno tutti i carri allora in dotazione all'Esercito furono perciò riuniti presso la Scuola centrale di Artiglieria di Nettuno ove si costituì la "Scuola di condotta carri d'assalto" anch'essa alle dipendenze della Direzione Generale di Artiglieria.
Nel giugno del 1920, la Fiat approntò il primo esemplare di carro Fiat 3000 che si rifaceva quasi del tutto al carro Renault e che entrò in linea nei primi mesi dell'anno successivo con il nome di Fiat 3000 mod. 21.
Nello stesso anno veniva costituito il "Gruppo carri Armati" dotato di carri FIAT 3000 ordinati in tre squadriglie.
Benché già inserito nella Fanteria, la denominazione "gruppo" era di chiaro stampo artiglieresco. L'ordinamento in "squadriglie", termine di chiara derivazione aeronautica, era stata mutuata dall'ordinamento dei reparti autoblindo e rimase in auge sino al momento della costituzione del Reggimento carri armati che, benché svincolato dalla Fanteria, fu articolato come i reggimenti di questa.
Nel 1921 non si era ancora provveduto a stilare un ordinamento dei carri inquadrati nell'Esercito, ma si era definitivamente stabilito che la "specialità carri armati" (il termine "carristi" non era ancora stato coniato) fosse una specialità dell'Arma di Fanteria. Non si faceva, però, ancora alcun cenno circa i criteri d'impiego delle unità carri armati e l'addestramento dipendeva ancora dalla Direzione d'Artiglieria.
Nel 1922 si aggiungevano un "Centro Formazione Carri Armati" ed alcuni non meglio precisati gruppi di istruzione. Ma l'altalena di nomi era solo all'inizio: il 7 gennaio 1923 fu disposta la creazione del "Reparto Carri Armati", che si costituì il 23 gennaio successivo. Accasermato in Roma al Forte di Pietralata (la sede del Comando rimase, in via Marsala, fino al 9 gennaio 1924 quando si spostò anch'esso a Pietralata insieme ai suoi due gruppi), il neonato Reparto carri armati era incaricato della formazione, addestramento e mobilitazione delle unità carriste ed era organo di studio sperimentale della nuova specialità. La responsabilità di tali studi rimaneva comunque di competenza della Direzione superiore del servizio tecnico di artiglieria.
In agosto il primo gruppo iniziò a ricevere i primi carri Fiat 3000. Nel febbraio 1924, al primo gruppo carri (ordinato in tre squadriglie) se ne affiancò un secondo uguale per un totale di 25 carri armati Fiat 3000.
Fino al 16 luglio 1923 i 265 carristi di truppa del Reparto carri armati rimasero comunque effettivi al 13° Reggimento di artiglieria da Campagna.
Il primo Comandante del Reparto Carri Armati fu il Colonnello di Fanteria Noè GRASSI che lo rimase fino all'11 marzo 1924 e che coniò, per rprimo, il termine "carristi". Suo successore fu il Colonnello di Artiglieria Enrico MALTESE, entrambi primi dotti teorizzatori dell'impiego tecnico-tattico del nuovo mezzo (il Colonnello Maltese, per esempio, fu il primo curatore del lemma "Carro Armato" per l'Enciclopedia Italiana).
Il 9 giugno 1924 il Reparto si trasferì al Forte Tiburtino, tant'è che ancor oggi nei pressi della stessa località esiste ancora una via "del carro armato".
Da un documento rilasciato dal Comando il 28 agosto 1926, si apprende che il motto del Reparto Carri Armati era:
"PONDERE IGNIQUE AUXILIUM FERT".
Gli Ufficiali delle varie armi che, entrando nel reparto, avevano scelto di avventurarsi nel nuovo mondo dei corazzati, continuavano intanto a portare sui loro copricapo il fregio e, sul bavero dell'uniforme, le mostrine dell'Arma o del corpo di provenienza. I Sottufficiali e la truppa portavano invece il fregio dell'Arma di Fanteria e, sulle loro giubbe, le fiamme rosse a due punte sovrapposte sul risvolto del collo ancora di velluto o panno nero.
Furono tutt'altro che anni facili all'affermazione del carro che in Italia godette sempre di forti incomprensioni. Ad ogni buon conto, alla fine del 1924, il Reparto Carri Armati poteva contare su una forza di 62 carri Fiat 3000 e il 1° dicembre 1924 poteva avviarsi il primo corso per Ufficiali carristi.
Con la legge n. 396 dell'11 marzo 1926, si costituiva ufficialmente la "specialità carri armati" in seno all'Arma di Fanteria per la cui formazione si attingevano Ufficiali da tutte le altre Armi e Corpi dell'Esercito. Il Reparto diventò così "Centro di Formazione Carri Armati" su due gruppi d'istruzione.

CAPITOLO II
IL REGGIMENTO PROGENITORE
Il 1° ottobre 1927, per trasformazione del Centro di Formazione Carri Armati, i carristi vennero finalmente riuniti nel "Reggimento Carri Armati", unità capostipite con sede in Roma nel forte Tiburtino dalla quale dipendevano cinque battaglioni: e il cui primo Comandante fu il Colonnello Giuseppe MIGLIO (nel 1957 fu eletto Presidente dell'Associazione Nazionale Carristi d'Italia dal 1° congresso dell'associazione) al quale, nel 1933, subentrò il Colonnello Edoardo QUARRA.
Le uniformi del personale del Reggimento Carri Armati erano quelle previste per le truppe a cavallo, stivali o gambali compresi, unica eccezione, il divieto di indossare gli speroni che avrebbero costituito un pericoloso orpello a bordo dei carri. É noto che il personale di truppa del Reparto Carri armati, della cui esistenza non tutti erano al corrente in Italia, suscitava stupore quando in licenza fuori Roma (era allora d'obbligo l'uniforme) tra quanti non riuscivano a capire come mai un soldato di fanteria (tali erano infatti le mostreggiature) fosse vestito da cavaliere!
Con la nascita del Reggimento carri armati fu finalmente sancita l'introduzione del fregio di specialità, uguale per tutti gli effettivi all'unità, lo stesso che ancora oggi è il fregio esclusivo dei carristi, costituito da una granata con fiamma dritta, a cinque punte, su un cannone ed una mitragliatrice incrociati e sovrapposti alla sagoma laterale sinistra di un carro armato.
Con la circolare del 1 marzo 1928, fu stabilito che anche gli Ufficiali di arma combattente effettivi al Reggimento dovessero portare sul loro copricapo un fregio la cui unica differenza era d'avere al posto della sagoma del carro una sezione di cingolo su cui scorrevano i rulli del treno di rotolamento (questo fregio fu poi esteso a tutto il personale nel gennaio del 1937).
Il nuovo fregio era comunque assai poco diverso da quello riportato sull'intestazione di un diploma rilasciato il 28 agosto 1926 dal Comandante del Reparto Carri Armati. Quest'ultimo, al posto della sagoma del carro armato, aveva una sezione di cingolo con rulli e la fiamma, anziché dritta era quella tipica dell'artiglieria (tanto per la cronaca, nel 1998, in seguito all'inserimento dei carristi nell'Arma di Cavalleria si era paventata l'idea improvvida di sostituire il cannone con una lancia il che avrebbe significato un evidente falso storico. Una frettolosa circolare in tal senso fu diramata dallo Stato Maggiore dell'Esercito nel 1999 per poi essere poco dopo abrogata con una successiva).
Nel 1929 due battaglioni di Fiat 3000 parteciparono alle grandi manovre in Piemonte in seguito alle quali si decise di sostituire le mitragliatrici dei citati carri con un cannone da 37/40.
Il battesimo del fuoco i carristi lo ebbero nei ranghi dei reparti del Reggimento capostipite aliquote del quale furono impiegate nei vari Teatri di guerra coloniale dell'epoca (Eritrea, Libia, Somalia, Abissinia).
Nel 1931 il Comando del Reggimento carri armati si trasferì da Roma a Bologna e nel 1932, con un'apposita legge (Legge n. 293 del 24 marzo 1932) si assegnò al reggimento la versione rivista dell'antico motto del Reparto Carri Armati:
"PONDERE ET IGNE IUVAT"
Il motto (in italiano, reca aiuto con il peso e con il fuoco). L'antico motto lascia trasparire quali fossero i primitivi criteri di impiego dei carri armati, intesi per lunghissimo tempo come elemento di supporto all'azione della fanteria.
Nel 1933, l'allora Ispettore dell'Arma di Fanteria, il Generale Ottavio ZOPPI (lo stesso che "inventò", durante la 1^ Guerra Mondiale, i celebri "arditi"), ancorché poco convinto, si fece promotore del potenziamento della componente corazzata del nostro esercito in seno a quell'Arma, giacché, fino a quel momento, né l'Artiglieria, né la Cavalleria si erano dimostrate adeguatamente interessate al carro armato.
Intanto i Carristi iniziarono a maturare esperienza operativa partecipando con i loro piccoli carri L 3/35 a tutte le imprese coloniali e l'11 novembre 1935, in Somalia ad Hamanlei, meritarono le prime ricompense al Valor Militare concesse alla memoria rispettivamente del Sergente Maggiore Giovanni SAROTTI (M.O.V.M.) e del Carrista Fao OCCIDENTE (M.A.V.M.).
Complessivamente, nel decennio compreso tra il 1935 ed il 1945, i carristi hanno meritato: 8 Ordini Militari d'Italia, 44 Medaglie d'Oro al V.M., 412 d'Argento, 617 di bronzo e 716 Croci di guerra al V.M. Gli stendardi dei reggimenti carri sono decorati complessivamente di: 3 Medaglie d'Oro al V.M., 2 d'Argento, 3 di Bronzo.
Il carro L 3/35, a bordo del quale caddero i primi due eroi carristi, un tempo esposto al Museo delle Colonie, è tuttora conservato presso il Museo dei Carristi in Roma.
I carri in Cavalleria
L'Arma di Cavalleria iniziò a dotarsi in via sperimentale, parzialmente e soltanto di carri leggeri, solamente il 27 ottobre 1933 premettendo, nonostante almeno undici anni di evidente ritardo, il riluttante assioma "é il carro che spiana la via ai reparti a cavallo". Ciò nonostante il reggimento meccanizzò uno dei suoi due gruppi, precisamente quello allora comandato dal Colonnello Gervasio BITOSSI, futuro comandante della Divisione Corazzata "Littorio" (133^) in Africa Settentrionale.
Giova ricordare che in Gran Bretagna, terra natia dei carristi, ove il Tank Corps fu formato nel corso della I Guerra Mondiale, la meccanizzazione della Cavalleria iniziò ben prima con l'11° Ussari che fu il primo reggimento della Cavalleria britannica, insieme al 12° Lancieri a meccanizzarsi nel lontano 1928 e che, essendo stato trasferito in Egitto già dal 1934, ebbe diversi anni di tempo per approfondire la conoscenza della realtà del deserto i nord africano dove svolse innumerevoli esercitazioni, e in particolare del confine libico-egiziano che aveva presidiato.
Aldilà della diversità del nome, poichè ciò che si chiamava carro d'assalto o carro veloce ero in realtà esattamente lo stesso modello di carro (L 3/35) a seconda che fosse assegnato alla Fanteria (ossia ai Carristi) o alle truppe celeri (vale a dire alla Cavalleria), poté quindi accadere che qualche reparto carri d'assalto (carristi) fosse organizzato dal Reggimento Guide e, viceversa, che taluni reparti di carri veloci (cavalleria) fosse organizzato dal Reggimento Carri Armati o, a partire dal 1936, da uno dei quattro reggimenti da esso figliati.

APPRONTAMENTO UNITÀ CARRI DAL 1934 al 1936
Reggimento Carri Armati
dal 1935 al 1936 Reggimento Guide (19°)
dal 1934 al 1936
 I btg. cr. d'assalto "Ribet", II "Berardi", III "Paselli", IV "Monti", V "Suarez" poi "Venezian"; VI "Lollini", VII "Vezzani", VIII "Bettoia", IX "Guadagni", X "Menziger", XI "Gregorutti", XII "Cangialosi" "(tutti btg. carri d'assalto per C.d'A.);
 battaglioni coloniali Carri d'Assalto: XX "Randaccio" (Eritrea e Libia), XXI "Trombi" (Libia), XXII "Coralli" (Libia), XXIII "Stennio", XXXI "Cerboni", XXXII "Battisti" (Libia);
 squadrone speciale Carri Veloci (Somalia);
 squadriglia speciale "S" (Somalia);
 sezione autoblinde Fiat 611 (Somalia);
 V gruppo squadroni Carri Veloci (Somalia);
 battaglioni Carri d'Assalto, IX, XXIII, XXIV, XXXI;
 compagnia complementi per il 2° reggimento bersaglieri;
 compagnia Carri d'Assalto per la Sardegna.  tre gruppi squadroni Carri Veloci ("San Giorgio", "San Marco" e "San Martino" (poi "San Giusto") su quattro squadroni ciascuno (61 carri) assegnati alle Divisioni Celeri (tutti nel 1934);
 IV gruppo squadroni Carri Veloci "Duca degli Abruzzi" e V gruppo squadroni Carri Veloci "Baldissera" (nel 1935)
 uno squadrone Carri Veloci per ciascuno dei Reggimenti "Nizza", "Aosta", "Alessandria", "Piemonte Reale", "Vittorio Emanuele II", "Savoia", "Novara", "Firenze", "Saluzzo" e "Guide" poi soppressi nell'ottobre 1938.

L'esperienza dei carristi maturò anche nella Guerra di Spagna dove il 16 agosto 1936 sbarcò un nucleo di 10 istruttori con cinque carri veloci al comando del Sottotenente G. BARABAGLI.
Il 29 settembre i carristi erano già 25, sotto il comando del Capitano Oreste FORTUNA (M.O.V.M.) e partecipò ai primi aspri combattimenti a Navalcareno.
L'11 febbraio del 1937 fu costituito il "Raggruppamento carri d'assalto e autoblindo", forte di cinque compagnie carri che poco più tardi divenne "Raggruppamento reparti specializzati" al Comando del Colonnello Carlo RIVOLTA proveniente dai bersaglieri.
Nell'estate del 1937 quest'unità fu poi ribattezzata "Raggruppamento carristi" ed affidato inizialmente al comando del Colonnello carrista Valentino BABINI e poi al Colonnello Roberto OLMI, proveniente dagli Alpini, che ne rimase il comandante sino alla fine della guerra (1° aprile 1939).
In Spagna si maturarono preziose esperienze e, forte anche dell'anticipo con cui era partita rispetto alla Cavalleria, nel 1936 iniziava a sviluppare l'idea dei carristi in grande stile.

I QUATTRO REGGIMENTI CADETTI
Con la circolare n. 33700 del 9 maggio 1936 del Gabinetto del Ministro della guerra, si sancì che:
 i "carri armati d'assalto" erano quelli leggeri in dotazione alla Fanteria;
 i "carri armati veloci" erano quelli leggeri in dotazione alle "truppe celeri" (leggasi Cavalleria);
 i "carri armati di rottura" erano quelli medi e pesanti in dotazione alla Fanteria (al momento erano i Fiat 3000);
 le specialità "carri di rottura" e "carri d'assalto" erano riuniti nella specialità denominata "Fanteria Carrista" (i fanti ad essa appartenenti si sarebbero chiamati "Fanti carristi"). Tale specialità veniva ordinata in quattro nuovi reggimenti comprendenti "battaglioni carri di rottura" e "battaglioni carri d'assalto di corpo d'armata";
 tutti i preesistenti battaglioni carri di rottura vengono contratti in cinque battaglioni di 2 compagnie ciascuno;
 i battaglioni carri d'assalto, ordinati provvisoriamente su 2 compagnie, avrebbero dovuto poi averne in numero corrispondente al numero delle divisioni di fanteria inquadrate nel corpo d'armata territoriale di assegnazione (l'organizzazione territoriale dell'epoca dell'Esercito italiano comprendeva 15 Corpi d'Armata territoriali).
Il 15 settembre 1936 fu così sciolto il Reggimento Carri Armati, che era da nove anni l'unica unità carristi del Regio Esercito italiano. La specialità mutò il proprio nome che da "specialità carri armati" divenne "fanteria carrista" articolandosi su quattro reggimenti di "Fanteria Carrista", ciascuno su 4 battaglioni variamente equipaggiati. E, finalmente, agli appartenenti alla specialità fu conferita la definitiva mostreggiatura che ancor oggi contraddistingue i carristi italiani: le Fiamme Rosse su bavero di panno o velluto azzurro, colore che contraddistingueva tutte le unità motorizzate.
A titolo di cronaca, negli anni successivi allo scoppio della II Guerra Mondiale, l'uso sempre più comune nel Regio Esercito del termine "carro", abbreviazione militare per "carro armato", indusse l'Ispettorato delle Truppe motorizzate e corazzate alla proposta di sanzionare ufficialmente la denominazione dei "reggimenti fanteria carrista" in "reggimenti carristi". Nonostante il parere favorevole dello Stato Maggiore dell'Esercito, l'Ispettorato della fanteria, in vista della creazione di una nuova Arma Corazzata, decise di rinviare "a fine guerra la soluzione definitiva della questione". Dopo la guerra, nel 1949, con la ricostituzione del 1° Reggimento, si utilizzò in effetti la dizione "carristi" che resistette sino al 1954 allorché per i Reggimenti carristi fu adottata la dizione ancor oggi in vigore e divennero Reggimenti carri, per brevità ed anche in ricordo del reggimento capostipite.
Le numerazioni assegnate ai nuovi quattro reggimenti non tennero alcun conto dell'anzianità, ma furono verosimilmente attribuite con un criterio "geografico", partendo da quello più a Nord, ed arrivando a quello più a Sud. Le sedi dei quattro reggimenti erano state scelte in funzione delle due possibili direttrici d'attacco all'Italia: Francia-Vercelli; Germania-Verona; Riserva-Bologna; Meridione-Roma.
Tali reggimenti non erano comunque unità d'impiego, avendo essi compiti addestrativi, logistico-amministrativi e disciplinari nei confronti dei battaglioni dipendenti che, per l'impiego, erano invece assegnati a diversi Comandi di Grande Unità e che erano dislocati in sedi diverse e distanti.
Il 1° Reggimento Fanteria Carrista, con sede a Vercelli nella caserma "Bava", il cui primo comandante fu il Colonnello Giovanni CASULA, era formato da:
 I, II e III battaglione carri d'assalto (equipaggiati con carri L 3/35 e dislocati rispettivamente a Vercelli, Alessandria e Monza);
 IV battaglione carri di rottura [ex III battaglione carri leggeri (sempre con Fiat 3000, prima denominati "leggeri" ed in seguito ribattezzati "di rottura")] dislocato a Vercelli;
Il 2° Reggimento Fanteria Carrista, con sede a Verona nella caserma "Piannell", il cui primo Comandante fu il Colonnello Livio NEGRO, era formato da:
 IV, V e XI battaglione carri d'assalto, con carri L 3/35 dislocati rispettivamente a Bolzano, Trieste e Udine (i tre battaglioni carri L del 2° reggimento fanteria carrista erano intitolati ciascuno ad una Medaglia d'Oro al V.M. della 1^ G.M.: il IV al Gen. Tommaso Monti, il V al Maggiore Giacomo Venenzian e l'XI al Capitano Pier Antonio Gregorutti);
 III battaglione carri di rottura [ex IV battaglione carri leggeri (sempre con Fiat 3000, prima denominati "leggeri" ed in seguito ribattezzati "di rottura")] dislocato a Verona.
Il 3° Reggimento Fanteria Carrista, con sede a Bologna nella caserma "Mazzoni", il cui primo comandante fu il Colonnello Valentino BABINI (O.M.I. e M.A.V.M.), diretto erede del cessato unico Reggimento Carri Armati, era formato da:
 VI e VII battaglione carri d'assalto (carri L 3/35, dislocati rispettivamente a Treviso e Firenze);
 I battaglione carri di rottura [ex V battaglione carri leggeri (sempre con Fiat 3000, prima denominati "leggeri" ed in seguito ribattezzati "di rottura")] dislocato a Bologna;
 compagnia meccanizzata di Zara;
 battaglione Scuola Allievi Ufficiali di complemento e allievi sottufficiali.
Il 3° Reggimento fanteria carristi, era l'erede diretto del "Reggimento carri armati" essendosi formato "per trasformazione" del Comando del Reggimento capostipite del quale inquadrava anche alcuni battaglioni carri (fu ricostituito nella metà degli anni '60 presso il comprensorio di Persano, con un'interessante fisionomia di Reggimento Corazzato, ed inquadrò per qualche anno - curioso precedente - anche uno squadrone dei Lancieri di Alessandria).
Il 4° Reggimento Fanteria Carrista, con sede a Roma nel Forte Tiburtino, il cui primo comandante fu il Colonnello Lorenzo D'AVANZO (M.O.V.M.), era formato da:
 VIII, IX, X e XII battaglione carri d'assalto [con carri L 3/35, dislocati rispettivamente a Roma, Bari (una compagnia del IX era però a Chieti), Caserta e Palermo];
 II e V battaglione carri di rottura (con carri Fiat 3000 prima denominati "leggeri" e poi ribattezzati "di rottura"), entrambi dislocati a Roma;
 compagnia carri d'assalto della Sardegna (Cagliari).
Questi reggimenti erano sorti da altrettanti battaglioni del Reggimento capostipite e presso ciascuno di essi erano inoltre formati un centro di istruzione carrista ed una officina per la manutenzione del materiale.

 

 

 

 

Ma la numerazione dei diversi battaglioni, per la quale sino al 1975 si sono utilizzate le cifre romane, forse si comprende meglio con l'aiuto della seguente tabella:

Battaglioni carri d'assalto Rgt. Sede carro n. cp. Corpo d'Armata territoriale
I 1° Vercelli L 3/35 2 Torino
II Alessandria Alessandria
III Monza Milano
IV 2° Bolzano Bolzano
V Trieste Trieste
VI 3° Treviso Treviso
VII Firenze Firenze
VIII 4° Roma Roma
IX Bari Bari
X Napoli Napoli
XI 2° Udine Udine
XII 4° Palermo Palermo
cp. cr. Sardegna 3° Cagliari 1 Cagliari
Battaglioni
carri di rottura
I (già V) 3° Bologna FIAT 3000 2
II 4° Roma
III (già IV) 2° Verona 3
IV (già III) 1° Vercelli
V (già I) 4° Roma
Poiché mancavano ancora le Grandi Unità corazzate, a questi reggimenti restava essenzialmente, come per il reggimento capostipite, la funzione di centri addestrativi, formativi e logistici, per i battaglioni carri assegnati ai comandi dei vari Corpi d'Armata. In effetti tali corpi d'armata erano anche responsabili dell'addestramento tattico e d'impiego dei battaglioni loro assegnati, mentre i compiti addestrativi devoluti al reggimento si limitavano all'addestramento tecnico-carrista. Ciò valeva particolarmente per il 3° di Bologna. Al 4° spettavano anche i compiti di rappresentanza tipici delle unità di stanza nella Capitale.
Alla fine del 1936, la forza corazzata italiana venne a consistere di cinque battaglioni Fiat 3000 e di altri diciannove su carri L 3/35 oltre ad una dozzina di unità diverse e in genere minori comprese quelle che servivano oltremare.

CAPITOLO III
L'ARIETE ED IL 32° CARRI
Il 16 luglio 1937, il Ministero della Guerra ordinava la costituzione entro un anno della I e II Brigata Corazzata, costituitesi entrambe il 15 luglio 1937 ciascuna delle quali doveva inquadrare due nuovi reggimenti carristi:
 il 31° Reggimento fanteria carrista costituitosi "ex novo" il 1° luglio 1937 a Siena cui furono assegnati, all'atto della costituzione, il I e II battaglione carri di rottura, poi il XXXI battaglione carri d'assalto che divenne III carri d'assalto;
 il 32° Reggimento fanteria carrista costituitosi il 1° dicembre 1938, per trasformazione del 2° Reggimento di Verona, che assorbì il IV e il III battaglione carri di rottura divenuti rispettivamente I e II e, più tardi, il XXI carri d'assalto.
Nel frattempo, con il Regio Decreto del 6 luglio 1938, si concedeva lo Stendardo ai Reggimenti di Fanteria Carrista.
Costituzione dell'Ariete
La II Brigata Corazzata, con sede a Milano darà origine, il 1° febbraio 1939, alla Divisione Corazzata "Ariete"(132^) che, in pochi anni di vita operativa, doveva conquistare sul campo fama leggendaria.
La I Brigata Corazzata, con sede a Siena, darà vita, il 20 aprile del 1939 alla Divisione Corazzata "Centauro" (131^).
Con le due divisioni corazzate, a far data dall'11 novembre 1938, si sarebbe dovuto creare il Corpo d'Armata corazzato che ebbe vita effimera.
Il 6 novembre successivo, veniva costituito in Parma il 33° Reggimento carristi, il cui primo Comandante fu il Colonnello Ugo DE LORENZIS (M.A.V.M.), inquadrato nella Divisione Corazzata "Littorio"(133^) con sede a Parma, nell'antica caserma farnesiana della "Pilotta".
Costituzione del 32° Carri
Il 1° dicembre 1938, quindi, il 2° Reggimento Fanteria Carrista, assunse la nuova numerazione di 32° Reggimento carri "Ariete", ed il 1° febbraio successivo entrò a far parte della neonata 132^ Divisione Corazzata "Ariete" insieme all'8° Reggimento Bersaglieri, al 132° Reggimento Artiglieria Corazzata ed altri minori reparti divisionali.
Sino al 1940, tutti e quattro i reggimenti condividevano l'antico motto ereditato dal Reggimento Capo stipite. Il 13 Agosto 1940, l'allora Ministro della Guerra, con un'apposita circolare (numero di protocollo 65850) annulla il precedente motto che, peraltro, come già detto, era stato attribuito con una apposita legge, stabilendo di sostituirlo con quello adottato dal Colonnello Valentino BABINI per il Raggruppamento Carristi di Spagna (per dirla tutta, il motto del Raggruppamento carristi era inizialmente "AD VICTORIAM VELOCITER" e, dopo il successo ottenuto nel combattimento che ebbe luogo a Pinell (Spagna) il 3-8 novembre 1938 fu modificato dal Colonnello Babini):
"FERREA MOLE, FERREO CUORE"
Anche il nuovo motto continuava ad essere unico per tutti i reggimenti carri. Esso fu bene accolto perché riconosceva alla giovane specialità dell'Esercito la dignità di specialità di combattimento e anziché di semplice supporto ad esso.
L'11 giugno 1940, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il Reggimento, si trasferì con l'Ariete dal Veneto alla frontiera con la Francia, passando alle dipendenze dell'Armata del Po.
La lotta su quel fronte fu assai breve e non consentì l'impiego dell'Ariete. Nel Frattempo, a partire dal 28 luglio 1939, in seno al 32° Reggimento carristi, due nuovi battaglioni (il I e II carri medi) erano stati formati contemporaneamente all'adozione di 96 carri armati M 11/39 armati con cannoni e mitragliatrici.
Il I battaglione carri M aveva sede a Verona, il II battaglione, aveva sede in Vicenza.
L'avvenimento fu percepito come un grande salto di qualità e, con l'occasione, il 32° reggimento adottò il distintivo metallico reggimentale che ancor oggi lo distingue e nel quale è raffigurato, appunto, un carro M 11/39 tra una fronda d'alloro ed una di quercia, sormontato dalla corona reale, stemma che s'ispira senz'altro a quello del Royal Tank Corps britannico.
Con l'introduzione in servizio dei carri M 11/39 con i carri FIAT 3000 si andarono ad equipaggiare unità di 2^ linea e così con gli stessi carri dei 5 battaglioni FIAT 3000 appartenuti ai primi 4 reggimenti si formarono 5 battaglioni come si evince dalla seguente tabella indispensabile, come le precedenti, per seguire la genesi dei battaglioni carri.
numerazione originaria prima rinumerazione seconda rinumerazione terza
rinumerazione Sedi quarta
rinumerazione
1932 1936 1938 1939 1940
V /3° I / 3° I / 31° CCCXI / 31°
"M.O. Raggi" Siena
II /4° II / 4° II / 31° CCCXII / 31°
"M.O. Suarez" Massa btg. misto L/M dell'Egeo
IV /2° III / 2° II / 32° CCCXXI / 32°
"M.O. Matter" Verona I / 4°
III / 1° IV / 1° I / 32° CCCXXII / 32°
"M.O. Prestinari" Vercelli poi Vicenza II / 4°
I /4° V / 4° V / 1° CCCXXIII / 1° Roma poi Riva del Garda III / 32°
carri leggeri carri di rottura carri M
FIAT 3000 M 11/39 M 13/40

Intanto, il 26 ottobre 1939, a causa dei numerosi difetti riscontrati sui carri M 11/39, si decise di sostituirli con gli M 13/40 con i quali, nel corso della guerra, si provvide ad equipaggiare tredici battaglioni carri fra cui tre del 32°.
Con il primo lotto "sfornato" dall'Ansaldo di Genova nell'ottobre 1940 fu equipaggiato il III battaglione carri M 13/40 (ex III battaglione carri di rottura – su due compagnie carri) cui furono assegnati i 37 carri con le targhe comprese tra la 2762 e la 2999. La targa del carro posto sul monumento della Caserma "Forgiarini" non è dunque casuale (RE 2786).
In quel momento nessun carro avversario aveva un armamento superiore al cannone da 47/32 installato sulla torretta dell' M 13/40 e soltanto i Matilda inglesi avevano una corazza più spessa a fronte di una maggiore lentezza. Ma fu un vantaggio che, come vedremo, durò per poco e che non poté essere messo degnamente a frutto perché, quando se ne poteva approfittare, mancava ancora, prima d'ogni altra cosa, l'esperienza.

CAPITOLO IV
DIARIO DI GUERRA DEL 32° CARRI
Africa Orientale
Il 24 aprile 1940 una compagnia forte di 24 M 11/39 fu inviata dal I battaglione carri M di Verona in Africa Orientale ove, quando vi giunse, fu scissa in due compagnie su quattro plotoni ciascuna: la 321^, destinata in Eritrea, e la 322^, destinata ad ADDIS ABEBA.
La prima (321^) partecipò il 31 gennaio 1941 al combattimento del Monte Koben presso CASSALA fu poi distrutta presso AGORDAT verso la fina del successivo mese di marzo.
La seconda (322^) fu invece impiegata nella conquista del Somaliland e si distinse ad HARGEISA, il 5 agosto 1940, a DAHARBORUC, l'11 e a LAFARUC il 17. Nelle operazioni che seguirono subì molte perdite ad opera dei Sudafricani e cessò di esistere il 22 maggio 1941.
Le Avanguardie del 32° carri in Africa Settentrionale
Già prima che lo stendardo del 32° sventolasse al sole del deserto del Nord Africa, alcuni battaglioni del Reggimento avevano raggiunto quella ardente zona di operazioni.
Sbarcando in Libia l'8 luglio 1940, aprirono l'avanguardia eroica il I battaglione carri medi, comandato dal Maggiore Vittorio CEVA (M.A.V.M.), e il II Battaglione Carri M 11/39, comandato dal Maggiore Eugenio CAMPANILE (M.B.V.M.).
Entrambi i battaglioni erano già del 32° Reggimento che, insieme con il Colonnello Pietro ARESCA (O.M.I.), erano passati a far parte del 4° Reggimento Carristi, da tempo mobilitato ed inviato anch'esso in Africa.
La forza complessiva dei due battaglioni carri M 11/39 ceduti dal 32° al 4° Reggimento carri ammontava a 600 uomini, 72 carri, 56 automezzi, 37 motocicli e 76 rimorchi che si andavano ad aggiungere ai 324 carri L 3/35 già presenti in Libia.
Per effetto della mobilitazione, il XX btg. cr. L "Randaccio" comandato dal Capitano Russo (Comando Truppe della Tripolitania) creava il LX btg. carri L per la Divisione "Sabratha" e il LXI btg. carri L (Ten. Col. Sbrocchi) per la Divisione "Sirte"; il XXI btg. carri L "Trombi" (Comando Truppe della Cirenaica) creava il LXII btg. carri L per la Divisione "Marmarica" e il LXIII btg. carri L per la Divisione "Cirene". Dall'Italia affluì, dal 4° rgt. fanteria carrista, anche il IX btg. carri L per la Divisione "Libica". Quest'ultimo fu semidistrutto il 16 giugno 1940 con la colonna del Colonnello D'Avanzo nel corso di una ricognizione ove morì anche il Col. D'Avanzo. Per la creazione di questi battaglioni erano stati impiegati i carri L 3/35 immagazzinati in colonia e personale mobilitato. I comandanti dei citati btg., tutti di nuova costituzione, non avevano mai appartenuto alla specialità carristi
I carri M 11/39 ebbero il loro battesimo del fuoco il 5 agosto a Sidi El Azeiz. Furono questi i primi reparti del 32° a varcare il confine egiziano, nel settembre di quell'anno e a raggiungere Sidi El Barrani e Marsa Matruk per immolarsi più tardi, rispettivamente, in terra egiziana ed a Tobruk.
Il 29 agosto 1940, tutte le unità carri disponibili in Libia prima distribuiti tra le varie divisioni con un criterio contrario ad ogni norma carrista, furono riunite nel "Comando Carri Armati della Libia" agli ordini dell'esperto Generale Carrista Valentino BABINI (O.M.I. e M.A.V.M.).
Tale comando si articolava in:
 I Raggruppamento carristi, agli ordini del Colonnello Pietro Aresca (Comandante del 4° reggimento carri), formato dal I battaglione carri M 11/39, e dai XXI, LXII e LXIII battaglione carri L 3/35;
 II Raggruppamento carristi, agli ordini del Colonnello Antonio TRIVIOLI (M.A.V.M. - cadde il 3 febbraio a Maraua e il 5 successivo fu sostituito dal Tenente Colonnello AUTORI), formato dal II battaglione carri M 11/39 (meno una compagnia), e dai IX, XX, e LXII battaglione carri L 3/35;
 un battaglione misto carri armati formato dalla compagnia carri M 11/39 sottratta al II battaglione e dal LX battaglione carri L 3/35 ed il V battaglione carri L 3/35 "Venezian" proveniente dal 3° Reggimento carristi di Vercelli.
Purtroppo, tale accentramento fu limitato a motivi addestrativi e di controllo e perciò l'unità di formazione, che aveva peraltro avuto pochissimo tempo per prepararsi, finì con l'essere nuovamente disgregata per l'impiego, con risultati tutt'altro che favorevoli.
Il III Battaglione Carri M 13/40, comandato dal Tenente Colonnello Carlo GHIOLDI (M.A.V.M.), proveniente dall'Italia forte di 37 carri M 13/40 suddivisi tra le due compagnie, che si aggiungevano ai 417 carri di vario tipo presenti in Libia, arrivò a BENDARSI a fine settembre 1940 e iniziò una intensa attività addestrativa in previsione dell'impiego.
Nel novembre si spostò ad EL MECHILI dove rimase fino ai primi di dicembre. Il 9 dicembre iniziò la prima offensiva britannica per ricacciare indietro le forze italiane che penetrate per 100 km in Egitto avevano raggiunto SIDI BARRANI e il III battaglione fu subito avviato al ciglione di SOLLUM e dell'HALFAJA.
Nel frattempo, presso la sede del reggimento a Verona, era in fase di approntamento anche il IV battaglione carri M 13/40, comandato dal Maggiore Achille GIANI (M.B.V.M.) inizialmente destinato all'Africa Settentrionale. Tuttavia, nell'imminenza dell'apertura della campagna contro la Grecia, questo battaglione fu inviato in Albania ove sbarcò il 15 novembre 1940 (per poi passare alle dipendenze del 31° Reggimento carristi a sua volta assegnato alla Divisione "Legnano", e finì la sua esistenza in Africa nell'ottobre-novembre 1942 con il 133° Reggimento carristi costituitosi a Pordenone nel settembre 1941 in seno alla Divisione Corazzata Littorio completamente distrutta nella Battaglia di EL ALAMEIN. Il IV battaglione, nato dal 32° rgt. cr. è il solo battaglione ad aver combattuto su tutti i teatri di guerra).
Intanto, proveniente dall'Italia, il V Battaglione Carri M 13/40, comandato dal Tenente Colonnello Emilio IEZZI (M.A.V.M.), giunse a Bengasi anch'esso forte di 37 carri suddivisi tra le due compagnie in organico.
Sia il III battaglione (rimasto nel frattempo con soli 24 carri), sia il V furono incorporati come battaglioni autonomi nella "Brigata Corazzata Speciale", insieme al 4° Reggimento Carri. Tale Brigata si era costituita il 25 novembre 1940 nella zona di MARSA LUCCH, per ordine del Maresciallo d'Italia Rodolfo GRAZIANI, Comandante Superiore delle Forze Armate Italiane in Africa Settentrionale, ed era comandata dall'indimenticabile Generale Carrista Valentino BABINI (O.M.I. e M.A.V.M.) che subentrò, dal giorno 22 dicembre 1940, al Generale di Brigata Alighiero MIELE designatone Comandante all'atto della costituzione, in attesa del rientro dall'Italia del Generale Babini.
Entrambi i battaglioni continuarono però ad essere impiegati per aliquote, in supporto alle Divisioni di Fanteria ivi operanti e senza tener conto che i carristi avevano potuto effettuare scarsissimo addestramento sul carro M 13/40 di recentissima acquisizione ed ancor grezzi e difettosi perché appartenenti ai primi lotti di produzione.
I carri infatti venivano prodotti, assegnati ai reparti che venivano quasi immediatamente avviati al fronte senza consentire il necessario addestramento del personale, in massima parte costituito, per quanto riguarda gli Ufficiali, da complementi cui era stato impartito presso le scuole una frettolosa, parsimoniosa e quindi carente, formazione di base.
La lacuna più evidente era però l'assenza di apparati radio che costringeva gli equipaggi degli M 11/39 e degli M 13/40 a comunicare tra loro per mezzo di bandierine.
Il 9 dicembre 1940, ad ALAM NIBEIWA, il II battaglione carri M 11/39 investito dall'attacco di unità britanniche su carri Matilda tentarono il contrattacco, ma la situazione, già senza speranza, fu aggravata dal fatto che, mancando le radio, una compagnia non capì i segnali ottici e ritardò il movimento. I segnali con bandierine consentivano esclusivamente lo scambio di ordini essenziali: alt, avanti, indietro, a destra, a sinistra, rallentare, accelerare. Niente di più. Tra i 37 carri del III battaglione, pare che soltanto tre fossero quelli dotati di radio.
L'11 dicembre 1940 la brigata corazzata speciale, malgrado dovesse ancora essere completata e malgrado dovesse ancora ultimare l'indispensabile addestramento, fu messa a disposizione della 10^ Armata con soltanto il LI battaglione carri L 3/35 ed il III battaglione carri M 13/40.
A partire dal giorno 11, intanto, la Brigata veniva difatti ancora una volta smembrata e le sue componenti sottoposte ad un ingiustificato logorio che non teneva alcun conto delle caratteristiche tecniche dei carri.
Il 12 dicembre 1940, due compagnie del III battaglione furono inviate a SOLLUM e poi a SIDI AZEIS e la restante all' HALFAYA e poi ad AIN EL GAZALA per difendere le retrovie di TOBRUK. La 1^ compagnia carri, comandata dal Tenente Elio CASTELLANO (M.A.V.M.), rimase a disposizione della piazzaforte di BARDIA. Nella marcia del battaglione da SIDI AZEIS a BARDIA, secondo le relazioni di alcuni Ufficiali del battaglione, gli M 13/40 avrebbero evidenziato tutti i loro limiti tecnici (difetti alle pompe, consumi difformi tra carro e carro, autonomia inferiore a quella dichiarata dal fabbricante, rapida usura del motore costantemente sotto sforzo, fragilità della corazza. Le pompe, in particolare, erano di fabbricazione italiana, e furono sostituite con pompe tedesche Bosch negli esemplari dei lotti di produzione successivi).
Il V battaglione fu avviato a DERNA per unirsi alla Brigata del Generale Babini soltanto il 16 gennaio successivo.
Durante questi lunghi spostamenti, costretti a muovere su cingoli per la mancanza di rimorchi adeguati, i carri M 13/40 subirono moltissime avarie e la loro disponibilità nell'ambito dei due battaglioni si ridusse in modo drastico. Il 19 dicembre le autorità italiane disposero quindi l'immediato invio a TRIPOLI di tutti gli M 13/40 disponibili al momento.
Dal 3 al 5 gennaio 1941 si svolse la battaglia di BARDIA conclusasi con la caduta della piazzaforte. La eroica 1^ compagnia carri contro un avversario euforico per le recenti vittorie e molto più forte numericamente e qualitati¬vamente, affrontò con coraggio il suo martirio. In una lotta impari e logorante, i carristi della 1^ Compagnia seppero battersi da eroi infliggendo al nemico gravi perdite ed affrontan¬do stoicamente la totale distruzione, carro per carro, in scontri sanguinosi aggiungendo nuovi serti alle glorie del Carrismo Italiano. La sera del 5 gennaio i "Leoni di Bardia" non avevano più superstiti!
Il 23 gennaio 1941 la Brigata Corazzata Speciale fu dislo¬cata in zona SCEBIB EL GHEZZE (a sud del quadrivio di EL MECHILI) e ricevette l'ordine di frenare provenienze avversarie tendenti a tagliare l'interno dell'altopiano cirenaico. In corrispondenza di tale quadrivio si ebbero i primi scontri fra carri. Il giorno 24, dapprima il V, poi il III battaglione carri, furono lanciati contro l'avversario avanzante su EL MECHILI con una cinquantina di carri e nonostante i difetti dei loro carri riportarono una vittoria mostrando reattività ed intraprendenza.
Sette carri italiani e dieci avversari rimasero sul terreno mentre il nemico ripiegava. Altri scontri si ebbero a BIR SEMANDER ove l'11° Ussari inglese, unità esplorante della 7^ Divisione Corazzata Britannica, perse 8 autoblindo.
Ma l'avversario, potentemente armato ed imbaldanzito dalla propria superiorità numerica e qualitativa, riprese l'avanzata. La Brigata del Generale Babini mantenne il contatto con l'avversario sino al 26 gennaio, quando per sottrarsi all'avvolgimento da parte della 7^ Divisione Corazzata inglese, ripiegò lungo la carovaniera MECHILI- BIR MELEZ – ANTELAT che i carri percorsero per la prima volta in quell'occasione.
Incuranti di ogni insidia, spinti da una spasmodica volontà, tormentati dal ghibli, i carristi del III e del V battaglione si spinsero nell'interno del deserto percorrendo per la prima volta l'impervia carovaniera che da EL MECHILI, attraverso BIR EL MELEZZ, giungeva ad ANTELAT e procedendo sino ad AGEDABIA, dopo 220 km di marcia estenuante, l'avversario che avanzava lungo la litoranea per conquistare la Cirenaica.
I due battaglioni riuscivano comunque a precedere l'avversario.
Nei giorni 5, 6, 7 e 8 febbraio 1941, a cavaliere della via Balbia, fra il Km. 60 ed il Km. 35 da AGEDABIA (BEDA FOMM) la bat¬taglia divampò furiosa fra le centinaia di carri e autoblindo inglesi della IV Brigata e dell'11° Ussari ed i superstiti del III e del V battaglione carri. Il duello fu impari e sanguinoso, altissima la posta!
I carri dei due battaglioni si batterono nel tentativo di assicurare il ripiegamento delle fanterie e delle artiglierie italiane che procedevano lungo la via Balbia e la costa verso sud per sfuggire all'aggiramento da parte del XIII Corpo d'Armata britannico.
Tutti i carri del III e del V battaglione furono distrutti o immobiliz¬zati: il 50% degli equipaggi cadde sul campo o rimase ferito, ma l'avversario fu comunque arrestato ed interruppe ad AGEDABIA la sua già vittoriosa avanzata. A BEDA FOMM il III e V battaglione attaccarono infine affiancati alle ore 0800 del 7 febbraio 1941 i reparti della Brigata Fucilieri Sud Africana. L'ultimo carro fu fermato presso il Posto Comando di quella Brigata. Con ciò il X Corpo d'Armata Italiano aveva perso la battaglia ed il nemico catturò 130.000 soldati italiani! Se la Brigata corazzata del Generale Babini avesse potuto disporre anche del VI battaglione M 13/40 e del XXI, impiegati irrazionalmente, le sorti della giornata forse sarebbero state diverse.
Gloriosi caduti, pionieri dei fasti dello Stendardo, furono i Sottotenenti Luigi LOLINA (M.A.V.M.) e Giovanni PRENDIBENE (M.A.V.M.), i Sergenti Firmo MORETTI (M.A.V.M.) e Carlo RIBOLDI (M.B.V.M.), i Caporal Maggiori Mario PAGANO (M.B.V.M.) e MASSOLARI, i Caporali Isaia BRAMBILLA (M.B.V.M.) e Mario ZAMBELLI (M.B.V.M.), i Carristi Isidoro GATTONI (M.A.V.M., proposto per la M.O.V.M. alla memoria) e Giuseppe BELLAZZI (M.B.V.M.).
L'indomito valore della Eroica Avanguardia fu consacrato dalle motivazioni delle ricompense al Valor Militare concesse allo Stendardo del 32° Reggimento carri:
"...Più grandi delle loro sfortune i carristi del III seppero immolarsi alla pura bellezza del dovere e dell'onore..."
"...strenuamente, anche senza speranza, affrontando la pro¬pria distruzione e chiudendo con pochi superstiti la sua gloriosa e cruenta epopea nel rogo degli ultimi carri armati, incendiati dagli stessi equipaggi di fronte al soverchiante nemico...".
A ricordo dell'immane sacrificio dei due battaglioni, la data dell'8 febbraio fu scelta quale Festa di Corpo del 32° Reggimento carri.
L'Ammaestramento
Poiché però l'esperienza della guerra non è fatta soltanto di eroismi, e poiché se è vero che dall'esempio degli eroi l'animo si fortifica, è altrettanto vero che è dagli errori che si deve trarre il massimo ammaestramento, vale la pena di sottolineare che il sacrificio dei due battaglioni sarebbe stato meno vano se i materiali affluiti dall'Italia fossero stati impiegati con maggiore razionalità da parte degli alti comandi in Libia non ancora avvezzi alla guerra motorizzata.
Come già ricordato, dal 19 dicembre dall'Italia era stato dato l'ordine di far affluire in Libia tutti i carri M 13/40 disponibili, il che avvenne. Il 22 gennaio 1949 giunse a BENGASI, proveniente dal 33° Reggimento carristi di Parma, il VI battaglione carri M 13/40 con i suoi 37 carri e insieme ad altri 36 carri "sfusi" dello stesso tipo con cui fu frettolosamente "riconvertito" in battaglione carri M il XXI battaglione carri L 3/35 che aveva lasciato i suoi carri leggeri a TOBRUK ed era corso a BENGASI per montare sugli M 13. Il VI e XXI battaglione carri, quest'ultimo comandato dal Capitano SACCHITANO, senza il tempo di né ambientarsi né addestrarsi all'impiego del carro appena ricevuto, furono immediatamente immessi in battaglia nei pressi di SOLLUCH e, fatto più grave, furono sottratti dal Comandante della 10^ Armata al Generale Babini che - di fatto - non poté impiegarli con criteri carristi per aumentare le forze della sua Brigata.
Il mattino del 6 febbraio il Generale Babini disponeva ancora di 16 Ufficiali e 2300 uomini, 24 carri del V battaglione e di 12 del III, in retroguardia. 24 pezzi di artiglieria, 18 pezzi controcarro, 320 autocarri e altri mezzi minori. Arrivato il momento decisivo, alle ore 13 di quel giorno, a una cinquantina di chilometri da AGEDABIA, gli M 13/40 del V battaglione si scontrarono con corazzati britannici sopraggiunti da oriente. In loro aiuto intervenne il III battaglione. Gli inglesi, ripiegando, perdettero tre carri e lasciarono dei prigionieri. Alle 16 i carri del III, appoggiati dalle batterie del 12° artiglieria, intervennero nuovamente con successo in aiuto ad un'altra colonna della 10^ Armata attaccata da una ventina di carri inglesi. Durante il movimento dell'Armata, molte colonne erano intanto rimaste intrappolate tra BEDA FOMM e il mare. A sbarrare il passo una ventina di carri Cruiser inglesi. Dopo aspri combattimenti, soltanto quattro M 13/40 del VI battaglione, caduto nell'agguato dei Cruiser britannici, si salvarono. Fu così distrutto il VI battaglione carri medi, formato dal 33° Reggimento carristi di Parma, passato al deposito del 32° di Verona e sbarcato in Libia soltanto ventiquattro giorni prima!

I carri del XXI battaglione, in ritardo e tagliati fuori da un campo minato steso nel frattempo dal nemico, non riuscirono a contribuire allo sforzo. Verso le prime ore del 7 febbraio, anche a causa della già ricordata mancanza di radio, la lotta perse ogni coordinamento frantumandosi in combattimenti slegati ed episodici e al comando, perduta ogni speranza, non restò che arrendersi. La 10^ Armata lasciò così sul campo ben 101 dei suoi M 13/40, 39 dei quali (in gran parte carri del XXI battaglione) intatti.

CAPITOLO V
TUTTO IL 32° CARRI
NELL'INFERNO DELLA CIRENAICA

 

Il 32° carri, agli ordini del Colonnello Alvise BRUNETTI (M.A.V.M.), s'imbarcò sulla Nave da carico "Marco Polo" a Napoli il 22 gennaio 1941 e sbarcò a TRIPOLI il 24 insieme al resto della Divisione Corazzata Ariete, proprio nello stesso giorno in cui i battaglioni carri III e V che lo avevano prece¬duto, combattevano vittoriosamente ad EL MECHILI.
Il Reggimento, ordinato su I, II e III battaglione carri d'assalto agli ordini dei Tenenti Colonnelli Andrea RISPOLI (M.B.V.M.), Enrico MARETTI (O.M.I., M.A.V.M. e M.B.V.M. poi comandante del 132° carrista) e dei Maggiori Giuseppe MANGANO (M.B.V.M.), visse subito la sua breve tormentata vita africana, scrivendo pagine memorabili di eroismo.
Il VII battaglione carri M 13/40 comandato dal Tenente Colonnello Alberto ANDREANI (M.O.V.M.) sbarcò a Tripoli per unirsi al reggimento l'11 marzo.
In seguito, al Reggimento si unì prima l'VIII battaglione carri medi, formato a Roma in seno al 4° Reggimento carristi e comandato dal Capitano CASALE DE BUSTIS Y FIGAROA (M.A.V.M.) e, poco più tardi, il IX battaglione carri comandato dal Tenente Colonnello Pasquale PRESTISIMONE (M.O.V.M.), creatura del 3° Reggimento carristi e che si era costituito a Bracciano con elementi tratti anche dall'XI battaglione carri di Udine già dipendente dal 32° carristi.
Il 14 febbraio 1941 il Reggimento si trasferì nella zona di MISURATA.
Si preparava l'offensiva Italo-Tedesca per la riconquista del¬la Cirenaica. Dopo un breve periodo di ambientamento e di addestramento nella zona Sirtica, nel marzo del 1941, il 32° si schierò con le altre unità dell'Ariete nella zona di BIR CAHELA - BIR HADDADIA, per garantire il fianco e il tergo del corpo d'armata tedesco co¬mandato dal leggendario Generale Erwin ROMMEL a partire dal 6 febbraio 1941.
Non era un impiego dinamico, ma le esigenze operative del momento imponevano tale operazione.
Tende, armi, carri, automezzi, erano sparsi e seminterrati per proteggersi dall'offesa nemica e dalle intemperie. Il ghibli investiva tutto e tutti mettendo a dura prova la resistenza degli uomini, costretti a vigilare nella tempesta di vento e di sabbia. Insufficienza qualitativa e quantitativa di mezzi, impiego non sempre adeguato, terreno operativo fra i più inospitali della ter¬ra, non rallentarono l'impeto dei carristi del 32°.
Battaglie spesso epiche, nelle quali la genialità e l'ardimento supplirono all' insufficienza numerica, scontri durissimi dove carri e carristi furono unico blocco d'acciaio, ovunque e sempre, il Reggimento tenne alta la fiamma della nostra Bandiera e del Carrismo Italiano.
La Pasqua del 32° ad El Adem
La controffensiva di Pasqua trovò i carristi del 32° pronti alla battaglia. MARADA e MARSA EL BREGA furono occupate mettendo in fuga i reparti meccanizzati nemici; AGEDABIA fu riconquistata.
Occorreva non dare tregua al nemico. Mentre le colonne Fabris e Montemurro puntavano verso TOBRUK. L'Ariete fu lanciata il 6 aprile 1941 a tagliare la riti¬rata al nemico, che, avendo sgomberato AGEDABIA, BENGASI e BARCE, avrebbe certamente tentato di raggiungere, con il grosso delle sue forze il confine egiziano per la seconda volta.
Ebbe così inizio l'inseguimento che portò a compiere in tre giorni 220 km di tormentata marcia nell'interno del deserto. Alle rabbiose reazioni del nemico che, con ripetuti contrattacchi, tentava di impedire l'accerchiamento, si univa un ghibli di inaudita violenza. Problematico l'orientamento, difficili i collegamenti e i rifornimenti, frequenti gli incontri con i campi minati, dura la resistenza cui erano sottoposti uomini e macchine. Alle difficoltà naturali e alle continue offese terrestri da parte di un nemico pratico del deserto e perfettamente organizzato, si aggiungeva l'offesa aerea. Ma nulla e nessuno poteva fermare l' Ariete che, di giorno e di notte, superando ogni avversità, vincendo ogni insidia, travolgendo ogni resistenza avversaria, conquistò tutti gli obiettivi assegnati.
EL MECHILI e OKRUNA furono raggiunte, aggirate e superate, le difese di TOBRUK aggirate, e la sera di Pasqua salutava l'ingresso del 32° a EL ADEM a sud est della piazzaforte nemica.

Terminava così la prima parte delle operazioni per la riconquista della Cirenaica nella quale, per la prima volta, carristi, bersaglieri e artiglieri corazzati combatterono fianco a fianco nel segno dell'Ariete, in una cooperazione fraterna di spiriti e di intenti, in una nobile gara di emulazione la cui meta era la vittoria delle nostre armi.
L'assedio della piazzaforte di Tobruk
Al nemico, che aveva dovuto sgomberare in tutta fretta la Cirenaica sotto l'impeto delle nostre forze corazzate, non restava ormai che il possesso della piazzaforte di TOBRUK, munitissima per imponenti lavori effettuati in alcuni mesi di occupazione.
Il 14 aprile il Generale Rommel decise di attaccare la piazzaforte. La direttrice centrale di attacco, la rotabile EL ADEM - TOBRUK, venne affidata all'Ariete.
I reparti della Divisione, già affluiti EL ADEM e cioè il 32° Reggimento carrista, un battaglione bersaglieri, un gruppo di artiglieria corazzata e una compagnia cannoni da 47/32, si prepararono ad affrontare le fortissime posizioni nemiche.
Il 1° maggio ebbe inizio la battaglia di rottura. Di fronte ad un nemico enormemente favorito dalle posizioni fortificate, carristi, bersaglieri e artiglieri, combatterono fianco a fianco con sovrumano coraggio, dando vita a quella efficace e brill

  storia dei carristi e del 32 reggimento carri
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