Nuovi capitoli in "Le mille e una favola" e "Alla ricerca dei relitti perduti"

 L'attacco del IV° Ussari contro le posizioni della 12^ Cp. è così descritto nel capitolo L'ultima battaglia de “I ragazzi della Folgore” di Alberto Bechi Luserna e Paolo Caccia Dominioni (seconda edizione, Milano 1962, p. 241):

“Nel pomeriggio, visti falliti i suoi attacchi contro il 186°, il nemico tentava miglior fortuna contro il 187°. Apriva un violentissimo tiro a granate esplosive e nebbiogene contro il caposaldo viciniore di quel reparto e vi sferrava contro, a guisa d'ariete, l'intero reggimento corazzato IV Hussars. Era il caposaldo presidiato da una compagnia (capitano Cristofori) ridotta dai precedenti combattimenti a non più di settanta uomini, con tre pezzi anticarro. Nel mentre questi sparavano a ritmo accelerato sino ad arroventarsi, gli uomini, infossati fra le mine del campo perimetrale, impedivano ai pionieri nemici di aprire un varco ai carri. Dopo vani e reiterati tentativi di avvicinare al caposaldo elementi appiedati, il nemico lanciava contro i difensori una carica di mezzi corazzati. Ma per nulla scossi dall'impressionante spettacolo dei mastodonti (americani, di trenta tonnellate) vomitanti mitraglia a pochi passi, i paracadutisti continuavano il loro fuoco calmo e mirato e passavano anzi al contrassalto, attaccando i carri nemici con bottiglie incendiarie. Contemporaneamente i nostri gruppi di artiglieria riuscivano con audaci tiri d'infilata a battere efficacemente la massa corazzata attaccante arrecandole notevoli perdite. Visto inutile ogni tentativo, il nemico s'induceva a ripiegare a sera sulle posizioni di partenza lasciando innanzi al nostro caposaldo 22 carri armati inutilizzati, successivamente incendiati da nostre pattuglie. Gli equipaggi, una sessantina di uomini, venivano catturati.”
Contrariamente alla narrativa, non vi fu alcun bombardamento di artiglieria. Non risulta che vi siano stati momenti di corpo a corpo, nè che siano stati impiegati elementi appiedati, né che i carri siano stati attaccati con bottiglie incendiarie: le bottiglie furono usate per distruggere i carri immobilizzati, dopo il combattimento.
Questo è l'unico episodio a cui la narrativa Bechi, da cui deriva la quasi totalità delle successive versioni, attribuisca l'uso di bottiglie Molotov.
La compagnia non era “ridotta a non più di settanta uomini.” La forza della compagnia era di circa 120-125 uomini, più gli uomini della compagnia cannoni del 185° Rgt. Artiglieria Paracadutisti, a cui appartenevano i serventi dei pezzi anticarro, più la compagnia mortai da 81 anch'essa di rinforzo alla 12^, per un totale di circa 140-145 uomini.
Le perdite subite dopo l'entrata in linea erano state molto limitate, anche perchè la compagnia non aveva partecipato a combattimenti, ad eccezione di azioni di pattuglia “quasi sempre incruente.” Erano rimasti colpiti il Ten. Pietro Cimenti, gravemente ferito in un bombardamento aereo ai primi di agosto; il Ten. Emilio Pirami, ucciso ai primi di ottobre da un colpo di 88; i parac. Bigliatti e Zambon, caduto il primo e ferito il secondo in un'azione di pattuglia; e pochissimi altri. Il 5 ottobre, Cristofori ammette di aver perso qualche uomo ricoverato per malattia, “ma in complesso ho la compagnia completa o quasi.” Il 23 ottobre—la data d'inizio della battaglia--riferisce che la sera prima il Ten. Corsiero Presenti e alcuni altri soldati sono rientrati dall'ospedale.
Il IV° Ussari era organizzato su tre squadroni di carri, uno dei quali distaccato dall'VIII° Ussari. Lo Squadrone A e lo squadrone dell'VIII° erano equipaggiati con 10 carri leggeri Stuart M3 da 13 tonnellate. Questi due squadroni attaccarono la 12^ Compagnia e subirono pesanti perdite, ma non più di una quindicina di carri, come risulta dal diario reggimentale. Lo squadrone C, con 10 carri pesanti Grant da 29 tonnellate, rimase in secondo scaglione, in posizione di accompagnamento e di appoggio ai due squadroni leggeri, senza venire a contatto con la posizione. I pezzi anticarro da 47 dei paracadutisti erano perfettamente all'altezza nei confronti degli Stuart, che erano armati con pezzi da 37. Oltre ai carri, il reggimento disponeva di un certo numero di mezzi corazzati leggeri (autoblinde e simili) a disposizione dello squadrone Comando.
Il diario reggimentale registra soltanto quattro dispersi: un sottotenente e tre uomini di truppa. E' probabile che gli equipaggi dei carri colpiti siano stati raccolti da quelli dello squadrone di appoggio.
La narrativa prosegue:
« ...La giornata del 26 trascorse relativamente calma ché, ammaestrato dai duri scacchi subiti, il nemico non azzardò azioni isolate e solo si contentò di mantenere le nostre linee sotto un tormentoso tiro di artiglieria. Andava intanto ammassando le sue truppe ancora fresche, tenute sino ad allora in riserva, nell'intento di compiere con esse l'estremo sforzo contro la ' Folgore '. Adunò così quattro reggimenti scelti di fanteria motorizzata inglese e si accinse nella notte sul 27 a vibrarci il colpo decisivo.
« Avendo constatato il saldo tenore della nostra resistenza in ogni tratto (com'ebbero poi a dichiarare vari ufficiali prigionieri), il nemico decise di far massa contro il saliente di Munassib, mirando a impadronirsene e a dilagare lungo un allineamento vallivo (Deir el Munassib-Deir Alinda) che da quelle posizioni si diparte. Dopo l'ormai consueta preparazione di artiglieria e di nebbiogeni, il nemico moveva all'attacco al sorgere della luna (ore 22) contro le posizioni tenute dal battaglione presidiante il vertice del saliente (IV, comandato dal maggiore Patella, caduto il 18 ottobre, poi dal capitano di cavalleria Valletti-Borgnini). Una colonna composta da due battaglioni del reggimento Green Howards e da una compagnia autoblinde, riprendeva il fallito attacco del pomeriggio contro la compagnia Cristofori. Un'altra colonna, formata da elementi d'assalto degaullisti, impegnava la compagnia di sinistra (tenente di cavalleria Simoni). Una terza colonna, costituita dall'intero reggimento Royal West Kent e da un battaglione carri del IV Hussars investiva da ogni lato il caposaldo centrale (capitano di cavalleria Ruspoli).
In realtà, risulta evidente che l'attacco principale contro le posizioni del IV° Battaglione ebbe luogo non il 27, ma la sera stessa del 25, come confermato da tutti i documenti e resoconti inglesi.
Tale attacco fu condotto dalla 69^ brigata della 50^ divisione di fanteria, che era organizzata su tre battaglioni: 6° e 7° Green Howards e 5° East Yorkshire. Secondo il consueto dispositivo inglese, l'attacco si sviluppò con due terzi della forza in primo scaglione e un terzo in secondo scaglione, con funzioni di appoggio e rincalzo. In tal modo, il 6° battaglione Green Howards investì e sommerse gran parte delle posizioni dell'11^ Compagnia (Ruspoli), che presidiava il vertice di Munassib. Il 5° East Yorkshire attaccò le posizioni della 12^, sulla destra, ma venne respinto con gravi perdite. Il 7° battaglione Green Howards rimase in secondo scaglione, intervenendo prevalentemente col fuoco.
Al successo della 12^ contribuì in misura importante il fuoco della compagnia mortai da 81, che ebbe modo di utilizzare le granate ad alta capacità a distanza ravvicinata, con effetti devastanti. Tutte le distanze erano state minutamente calcolate in precedenza, grazie a un telemetro inglese Barr & Stroud da 80 cm. di base, catturato dalla 12^ ai primi di ottobre.
Nel combattimento notturno non furono impiegati reparti del IV° Ussari né del Royal West Kent, che non era neppure presente nella zona.
La 10^ compagnia (Simoni), che costituiva l'ala sinistra del battaglione, non fu interessata dall'attacco della 69^ Brigata. La 10^ venne attaccata la mattina del giorno successivo (26 ottobre) da forze francesi pari a circa un paio di compagnie, che furono respinte senza difficoltà.
Questo fu l'ultimo episodio offensivo nel settore meridionale del fronte; per il resto della battaglia vi fu quasi esclusivamente soltanto concentramento di artiglieria e di mortai.


RAPPORTO RELATIVO ALLA CATTURA ED ALLA PRIGIONIA PRESENTATO DAL
Capitano dei paracadutisti (Cat. Compl.) CRISTOFORI MARCO DI VITO, nato il 28.VII. 1910 ad Aviano (Udine) - distr. Milit. Sacile - domiciliato a Cividale del Friuli (Udine).
Corpo o reparto di appartenenza: IV Btg. 187 Rgt. Div. “Folgore”
Deposito di provenienza: Deposito Divisione Paracadutisti, Viterbo.
Comando ricoperto all’atto della cattura: Comandante del Battaglione.
Località, data e ora della cattura: Zona di El Karita - sud di El Daba - fronte di El Alamein, ore 9 e 30 circa del 6 Novembre 1942 XXI.
Se ferito od illeso: Illeso.
Descrizione dell’episodio e del combattimento che portò alla cattura:
Già Comandante la 12^ Cp. del IV Btg. “Folgore”, ho assunto il comando del IV Btg. sul fronte di El Alamein la sera del 29.X.942, per ordine del Comandante il 187 Rgt. “Folgore”, Ten. Col. S.M. Alberto Bechi. Il Btg. era sistemato a difesa sulle posizioni di Deir Munassib, sulle quali si erano svolte le cruente azioni dei giorni 25 e 26 ottobre che ritengo non interessanti ai fini del presente rapporto. Durante i giorni 30 e 31 ottobre e 1 e 2 novembre, non vi furono attacchi nemici di particolare importanza, ma solo continuo concentramento di artiglierie e mortai. Il Btg. era rinforzato da 9 pezzi da 47/32 appartenenti in parte alla Cp. Cannoni del 187 “Folgore” e in parte al I Gr. Art. “Folgore”. La sera del 2.XI.942, verso le ore 23, il Ten. Novelli, aiutante maggiore in seconda del 187 Rgt. “Folgore”, mi recapitò un messaggio del nuovo Comandante del Rgt., Ten. Col. Luigi Camosso, col quale mi si ordinava:
a) di abbandonare, per le ore 22 di quel giorno, le posizioni occupate, lasciando un velo di copertura che doveva esso pure ritirarsi dalle posizioni due ore dopo l’inizio del primo movimento;
b) di distruggere tutti i materiali intrasportabili, avendo però cura di non provocare incendi od esplosioni per non attirare l’attenzione del nemico;
c)di raggiungere prima dell’alba le posizioni di q. 176 a N. di Qaret el Khadim Nord e di sistemarvisi a difesa, fronte a Est.
Il movimento doveva essere effettuato a piedi, perchè nessun automezzo era disponibile.
Diramati gli ordini relativi, verso le ore 1 del 3.XI.942 ho iniziato il movimento col grosso del
Btg.,seguito verso le ore 3 dai reparti di copertura.
Dei nove pezzi da 47/32 in rinforzo al Btg., i tre appartenenti alla Cp. Cannoni del 187 Rgt. “Folgore” - comandante Ten. Trotta - furono abbandonati sulle posizioni perchè, a detta del riferito comandante, danneggiati al carrello dai tiri nemici dei giorni precedenti, e gli altri sei trainati a braccia dagli uomini del I Gr. Art. “Folgore” che, spronati dall’esempio dei loro Ufficiali, furono, durante tutto il ripiegamento, superiori ad ogni elogio.
Verso le ore 9 del 3.XI.942 il Btg. raggiunse indisturbato le posizioni su cui, secondo l’ordine ricevuto, avrebbe dovuto sistemarsi: ma successivamente, per ordine diretto del signor Generale
Comandante la Divisione - Gen. Frattini - si spostò di circa 5 chilometri più a nord, in secondo scaglione, dietro i Btg. II (Magg. Zanninovich) e IX (Cap. Chieppa) che si schierarono a ridosso
del campo minato antistante le alture dei due Qaret el Khadim, est di Jebel Kalak.
Durante tutta la giornata del 3, non vi furono molestie da parte del nemico. Le comunicazioni col Comando di Rgt., sistemato circa due chilometri più a ovest e cioè sotto le pendici di Jebel Kalak,dovettero limitarsi ai soli portaordini, perchè la R.F. 1 P. del Btg. non riuscì a entrare in
maglia col posto reggimentale. Seppi dopo che quest’ultimo non aveva più, fin dal giorno precedente
alcuna radio a disposizione. Anche la notte sul 4 passò tranquilla e senza che alcuna notizia sulla situazione mi giungesse. Il giorno successivo, invece, il tiro degli 88 nemici fu incessante, se
pure scarso di risultati.
La sera del 4, recatomi personalmente dal Comandante del Rgt. Ten. Col. Luigi Camosso, ricevetti nuovo ordine di ripiegamento: il Btg. doveva raggiungere, per le ore 22, la pista passante nelle vicinanze del Comando stesso e marciare poi in direzione ovest come retroguardia divisionale. Per i pezzi fu messo a disposizione un automezzo, che però doveva seguire il carreggio della divisione anziché il Btg. Giunto sul posto per l’ora fissata, il Btg. fu sostituito nella sua posizione di retroguardia dal II Btg. (Cap. Caroli) e comandato invece a far parte del grosso della colonna divisionale. Il movimento della colonna si iniziò verso le ore 1. La marcia fu indisturbata durante tutta la notte. Al mattino del 5 il movimento fu osservato da velivoli nemici rimasti in quota e successivamente molestato da puntate di autoblinde nemiche che si avvicinarono più volte alla colonna mitragliandola da lontano e causando solo lievi perdite. Durante la marcia, l’automezzo trasportante i pezzi si ricongiunse al Btg., che potè così più volte schierarsi per fronteggiare le puntate dei mezzi blindati nemici. Il movimento durò così pressochè ininterrotto fin verso le ore 17, quando fu costituita una linea provvisoria di resistenza - fronte a est - col IX Btg. (Chieppa) a nord, il IV Btg. al centro e il II (Caroli) a sud. Subito il tiro degli 88 nemici riprese violento, non più controbattuto dall’artiglieria della colonna che, autotrainata, aveva proseguito il ripiegamento. Verso le ore 19 un automezzo distribuì scatolette di carne ed acqua. Alle ore 20 circa mi fu recapitato da un portaordini un altro messaggio del Comandante il Rgt. Ten. Col. Luigi Camosso, col quale si disponeva che per le ore 19 il Btg. doveva essere pronto a muovere ancora, nuovamente in retroguardia divisionale e subito dopo il IX Btg. (Chieppa). La direzione di marcia era ancora indicata con semplice angolo di bussola: ovest, e l’obbiettivo era una linea difensiva dell’Asse che, a quanto si diceva, si era costituita una decina di chilometri più a ovest. Un automezzo per il trasporto e traino dei pezzi ancora efficienti, nuovamente messo a disposizione, doveva, come il giorno avanti, incolonnarsi col carreggio divisionale, per non intralciare il movimento delle fanterie.
Il nuovo movimento, con gli uomini ormai esausti, fu iniziato verso le ore 21. Il collegamento col IX Btg. (Chieppa) non fu potuto mantenere, causa l’oscurità, e la marcia fu continuata con la sola bussola. Verso le ore 2 del giorno 6.XI.942 fu raggiunto, insabbiato ed immobilizzato, l’autocarro su cui erano trasportati i pezzi da 47/32. Dopo molteplici tentativi il camion fu rimesso in movimento e la marcia ripresa. Causa il terreno, il groviglio di piste e l’oscurità, gli uomini poterono proseguire, ma l’automezzo fu ben presto nuovamente insabbiato. Poiché durante il giorno precedente si era parlato di una linea difensiva dell’Asse costituitasi nelle vicinanze e che bisognava assolutamente raggiungere per non essere circondati, decisi di abbandonare definitivamente l’automezzo nella speranza di salvare gli uomini. Certo se la vera situazione non mi fosse stata tenuta nascosta, non avrei esitato a fermarmi e a sistemarmi sul posto per una resistenza ad oltranza. La marcia proseguì fino all’alba. Verso le ore 6 del 6.XI.942 si incontrarono i primi gruppi di sbandati. Interrogati alcuni ufficiali, seppi che fin dal giorno precedente la zona era stata rastrellata da forze corazzate nemiche, che, disarmati e schiaffeggiati Ufficiali e soldati, li avevano abbandonati nel deserto senza acqua e senza viveri ed erano poi proseguite verso ovest.
La zona era assolutamente desertica e piana. A circa 3 chilometri di distanza si elevavano però alcune alture che non avrebbero potuto permettere l’assalto dei mezzi corazzati nemici e che perciò si prestavano per una resistenza efficace. Pensai di raggiungerle per attendere ivi la notte nella speranza di poter poi con l’oscurità riprendere il cammino. Mentre impartivo gli ordini relativi notai all’orizzonte alcune blinde nemiche. Giudicato impossibile raggiungere le alture con tutto il Btg., tentai di salvarne una parte e precisamente le Cp. Comando e 12^, schierandomi con la 10^ Cp. per un’ultima resistenza. Senza armi pesanti A.C. e con due soli fuciloni polacchi 7,92, attesi. Le autoblinde nemiche si fermarono, poi iniziarono un lento movimento aggirante, fuori portata delle armi del Btg. Chiuso il cerchio e senza mai avvicinarsi alla posizione, il nemico aprì il fuoco con le armi di bordo, intimando contemporaneamente la resa. Nessun riparo, se non alcuni ciuffi di sparto. Caddero il Ten. Gaetano Lenci e tre altri paracadutisti, mentre una decina d’altri uomini rimanevano più o meno gravemente feriti. Esaurite le poche munizioni dei fuciloni A.C., giudicata impossibile ogni ulteriore resistenza, nella speranza di aver dato tempo al resto del Btg. di raggiungere le alture dianzi accennate e di aver comunque ritardato l’avanzata nemica verso il resto della divisione, alle ore 9 e 30 circa del 6.XI.942 detti ordine ai miei paracadutisti di alzarsi in piedi e di cessare il combattimento.
Le Cp. Comando e 12^ furono raggiunte ed accerchiate da altre forze corazzate nemiche sopraggiunte verso la fine del loro movimento, e costrette esse pure a seguire le sorti del Btg.
Al momento della cattura i tre superiori diretti da cui dipendevo in linea gerarchica erano:
Ten. Col. Luigi Camosso, Comandante il 187 Rgt. “Folgore”;
Gen. Div. Enrico Frattini, Comandante la Divisione “Folgore”;
Gen. C.A. Nebbia, Comandante il Corpo d’Armata.
La forza del Btg. era ridotta a circa 200 uomini. Mi mancano però le cifre precise, andate perdute. Le armi abbandonate al nemico furono inutilizzate al momento della cessazione del fuoco.
Gli Ufficiali catturati insieme con lo scrivente sono: Ten. Driussi Giuseppe, Comandante la 10^ Cp., Ten. Pesce Livio, Ten. Frenza Pietro. I Tenenti Presenti Corsiero, Comandante la 12^ Cp., Azzena Ascanio e Caltabellotta Sebastiano furono catturati con le Cp. Comando e 12^. L’ordine di resa fu dato, come già detto, dallo scrivente. Non mi consta che nell’episodio finale vi siano stati particolari atti di valore. Ma credo di poter dire l’assoluta verità affermando che il comportamento
di tutti i dipendenti fu altrettanto esemplare dal 2 al 6 novembre, quanto esemplare ed eroico era stato nelle giornate di Deir el Munassib

 
 
16 Agosto 2008 / v06
 

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