I Ragazzi di Bir el Gobi: l'impiego
Nel 1941, nel pieno della 2^
guerra mondiale, la campagna d'Africa italiana non fu solo Rommel, Africa Korps,
Ariete, Folgore ecc.. Pertanto non si può fare a meno di ricordare quei giovani
soldati italiani che per il loro eroico comportamento furono ammirati anche dal
nemico. Si tratta di quel battaglione passato alla storia come...
..."i ragazzi di Bir el Gobi": Gli inglesi in particolare li definirono il più
bel reparto avversario in Africa e li denominarono i "Mussolini Boys". Su una
forza di 2.204 ragazzi ne caddero in combattimento 1.338. Una breve storia di
questo coraggioso battaglione merita di essere raccontata perchè fu un esempio
di grande attaccamento alla Patria che va al di là del credo politico.
Erano ragazzi tra i 18 e 19 anni per la prima volta davanti al fuoco e al
rischio della morte violenta in combattimento; di fronte avevano le più
agguerrite e ben equipaggiate truppe dell'Impero britannico. Si arruolarono
volontari nel giugno del 1940 dopo la dichiarazione di guerra, rispondendo
all'invito della Gil (Gioventù Italiana del Littorio).
Il Gruppo speciale GG.FF. è suddiviso in 2 battaglioni, il I al comando del
maggiore Balisti e il II alle dipendenze del maggiore Benedetti, bersagliere
come Tanucci. Nonostante la scarsa ammirazione di alcuni vertici del Partito, il
Ministero della Guerra inviò l’ispettore di fanteria Taddeo Orlando a
controllare l’andamento delle operazioni di addestramento delle nuove truppe. Il
suo parere fu positivo e il Ministero con la disposizione n° 486120 del 12
Aprile 1941 trasformò i battaglioni della GIL nella 301. ima Legione Camicie
Nere. Questa denominazione fu destinata ad essere ulteriormente modificata da
una successiva disposizione, la n 49640 del 18 Aprile 1941, secondo la quale
venne disposta la costituzione del Gruppo Battaglioni Giovani Fascisti facenti
parte del Regio Esercito a tutti gli effetti. Essendo un reparto, seppur
particolare, dell’Esercito la divisa fu quella grigio – verde dei fanti italiani
ma due furono le peculiarità a cui i ragazzi non intesero rinunciare per spirito
di corpo:
le fiamme del bavero sono a due punte bicolore, giallo e rosso come i colori di
Roma e della GIL
adottano il fez come copricapo proprio come gli Arditi della Prima Guerra
Mondiale.
Ulteriore peculiarità di questo reparto fu che i giovani, non ancora
maggiorenni, poterono essere arruolati solo grazie al consenso firmato dei
genitori. Furono inquadrati nei ranghi non come volontari di guerra ma come
volontari ordinari senza vincoli di ferma.
Il 4 Maggio i Battaglioni GG. FF partirono alla volta di Napoli dove, per oltre
due mesi, continuarono il loro estenuante addestramento, fino al 19 Luglio 1941
quando arrivò la notizia della partenza: destinazione Libia. Sbarcati a Tripoli
il loro primo compito fu quello di occupare i presidi di Homs e Misurata. La
reazione degli altri reparti italiani fu spesso sarcastica, gli stessi vertici
del nostro esercito escludono categoricamente un loro impiego in vere e proprie
azioni di guerra. Sono giovani e inesperti, non si possono mandare queste truppe
di fronte ad un nemico tanto temibile. Il 2 Settembre i GG.FF entrarono
all’interno del R.E.C.A.M ( Raggruppamento Esplorante del Gruppo d’Armata di
Manovra) agli ordini del generale Gambara che a più riprese dimostrerà la
propria stima ai giovani combattenti. Sarà però solo alla fine di Novembre che
verrà concesso l’assenso all’impiego di queste giovani truppe sul fronte
marmarico, nella località che li renderà celebri proprio come avrebbero voluto:
Bir el Gobi.
Prima di continuare il racconto delle imprese dei Battaglioni Giovani fascisti
sono necessarie alcune precisazioni che meglio aiuteranno a collocare gli eventi
nel loro giusto contesto.
Dopo la continua dimostrazione di inaffidabilità delle nostre truppe,
nell’Aprile 1941 fu trasferito in Africa occidentale il Deutsche Afrika Korps
comandato dal Feldmaresciallo Erwin Rommel le cui imprese serviranno per
ribaltare una situazione all’apparenza disperata. In quell’estate di trionfali
successi un unico neo offuscherà la brillante mente del condottiero teutonico:
la città di Tobruck per parecchi mesi riuscì a resistere ai suoi continui e
pressanti attacchi che dissangueranno le sue forze dando il tempo ad un nemico
spesso incerto di riorganizzarsi e prepararsi ad un attacco che arriverà
completamente inaspettato.
Tra il 17 e 18 Novembre scattò l’operazione Crusader : l’armata britannica
appena ricostituita fu affidata ad Alan Cunningham, vincitore degli Italiani in
AOI. Nonostante questo la Volpe del Deserto per
tutta la giornata non si rese conto di quanto stesse accadendo, giudicando
infondata qualsiasi possibilità di un attacco in forze. Dopo alcuni giorni di
confusione finalmente si rese conto di quanto stesse accadendo e riorganizzò le
proprie truppe in modo da contenere l’assalto di quelle inglesi il cui obiettivo
fu quello di aggirare verso nord il grosso del nostro esercito.
Proprio per queste esigenze di riorganizzazione il 21 Novembre il gruppo venne
diviso: il comandante Tanucci si diresse con il II battaglione a rinforzare la
zona di Bir el Gobi, mentre il I rimase in zona arretrata in posizione d’attesa.
La situazione fu comunque molto confusa da entrambe le parti tanto che i comandi
inglesi decisero di sostituire il comandante Cunnigham con il generale Ritchie.
Si susseguirono giorni convulsi costellati da ordini e contrordini finchè il 1
Dicembre giunse quello che i ragazzi aspettavano dai giorni della Marcia della
Gioventù. La destinazione è nota ma quello che troveranno giunti in quella landa
desolata fu un’amara sorpresa. Roccia e sabbia la fanno da padroni, c’è solo il
deserto in cui cercare di erigere delle
postazioni difensive a cui aggrapparsi nei momenti del grande attacco.
Nonostante la povertà del territorio fu questo lo snodo cruciale della campagna
in Marmarica: da alcune settimane i due eserciti si fronteggiavano intorno alla
città di Tobruck, ma il vero pericolo per gli uomini dell’Asse giunge da sud. Se
fosse caduto questo caposaldo sarebbe collassata tutta l’armata di Rommel e i
sogni di gloria che in quell’estate si andavano avverando.
Il giorno 3 i due battaglioni si apprestarono alla preparazione delle difese:
il I Battaglione si posizionò nella quota 182
il II Battaglione alle quote 184 e 188
Il consueto rimbombo dei cannoni lasciò presagire l’imminente attacco. Nelle
prime ore del pomeriggio si abbatterono sulle povere postazioni dei GG.FF
centinaia di proiettili esplosivi che oltre a spianare il terreno, incutevano
timore a questi giovani inesperti. Almeno così la pensava il generale Ritchie,
convinto che queste giovani truppe italiane sarebbero scappate appena udito il
cannone. All’attacco fu lanciato un considerevole raggruppamento di forze. L’XI
Brigata Indiana agli ordini del generale Anderson era formata:
3 Battaglioni di fanteria
2 Reggimenti di artiglieria
1 compagnia di carri dell’’8th Royal Thank
In contrapposizione le nostre forze poterono schierare:
1454 uomini
8 cannoni da 47/32
8 mortai da 81 mm con due casse di bombe Passaglia, utili per mettere fuori uso
i carri nemici
Solo nella prima mattinata del giorno 4 iniziò il vero e ,secondo le speranze
inglesi, risolutivo attacco alle postazioni italiane. Furono i Camerons scozzesi
ad aprire le ostilità contro le buche presidiate dal I Battaglione. Centinaia di
uomini si riversarono contro le postazioni nemiche sorretti dai thanks e dal
fuoco di sbarramento dell’artiglieria. La reazione dei nostri ragazzi fu
gagliarda, tanto che a decine gli Inglesi rimasero su quell’arido suolo. Anche
le postazioni del II Battaglione, più a Nord, furono sottoposte ad un duro
attacco: i carri Valentine sorressero l’azione dei fanti indiani. Anche in
questo settore la sproporzione delle forze in campo fu più che mai squilibrata.
I nostri elefantini contro i grandi mezzi corazzati, eppure molte volte i primi
avranno la meglio, anche se a costo di sacrifici inauditi.
La prima e la seconda ondata furono respinte in entrambi i settori, ma ’’intera
zona di Bir el Gobi fu accerchiata dalle truppe inglesi. Il terzo attacco alle
nostre linee si registrò verso le 14 di quello stesso giorno: la pressione delle
artiglierie e delle fanterie crebbe di ora in ora ma l’eroismo dei vari presidi
non venne mai meno. Nella serata però si perse la quota 188, la 4.a Compagnia
che la presiedeva dovette attestarsi su quota 184.
Gli attacchi continuarono, tra il 2 e 5 Dicembre per ben sette volte il XXX
Corpo britannico fu respinto con gravi perdite. La sete e la mancanza di
rifornimenti piagarono i nostri reparti che continuarono però la loro accanita
resistenza contro un nemico superiore sia per mezzi che per uomini. La richiesta
di aiuti divenne febbrile, tanto che lo stesso Rommel fu informato sulla
resistenza di questi ragazzi che continuarono a tenere questo caposaldo. Ormai
conscio dell’importanza strategica di questa postazione la Volpe del
Deserto decise di inviare delle truppe corazzate
a sostegno dei giovani italiani.
Le Divisioni Ariete e Trieste furono trasferite a Hag fet el-Gueitinat, a 7 Km
nord ovest di Bir el-Gobi;
la 15.ima e la 21.ima Panzer Division si posizionarono a 7 Km nord-est di Bir el
Gobi
Alle 17 del giorno 5 giunsero in prossimità di quota 188 i primi reparti delle
divisioni corazzate tedesche. Dopo un violento scontro tra i carri e tedeschi e
quelli inglesi la postazione fu riconquistata è potè iniziare l’avanzata verso
Bir el Gobi dove erano attese la divisione Ariete e Trieste. La prima fu
bloccata da un attacco nemico, mentre la seconda si perse nel
deserto.
Ciò che conta fu l’arrivo di rinforzi e di qualche rifornimento. Gli Italiani
poterono così attaccare gli Inglesi che dovettero abbandonare velocemente il
campo di battaglia. Ormai la situazione potè dirsi sotto controllo. Quel sabato
mattina giunse anche a complimentarsi con quei giovani combattenti il grande
Rommel, la Volpe del Deserto passò in rassegna le
truppe ormai provate da giorni di dura resistenza che, però, furono ampiamente
ripagate da questo grande onore.
Intanto continuarono i combattimenti tra le varie forze corazzate dei due
schieramenti: i panzer tedeschi di Cruwell e gli M14 dell’Ariete, che nella
notte riuscirono a raggiungere Bir el Gobi, riuscirono a respingere gli ultimi
disperati attacchi delle forze inglesi che non poterono più contare sulla
schiacciante superiorità. Alle 13 giunse alla postazione comandi dei GG.FF
questo radiogramma firmato dal generale Gambara: Sette violenti attacchi forza
circa una divisione respinti giorni 4, 5, 6. Sei carri armati pesanti, sei
leggeri et circa cinquanta automezzi vari inchiodati davanti alla nostra linea.
Sei carri colpiti nostro tiro rimorchiati nemico sue linee. Da informazioni
prigionieri et nostra ricognizione campo battaglia perdite nemico ingentissime.
Nostre perdite oltre trenta morti et settanta feriti. Sei ufficiali feriti fra
cui colonnello Tanucci gravemente colpito bacino et femore. Comportamento
ufficiali et volontari tutti sotto attacchi artiglieria carri fanteria con
mortai et aviazione superbo et superiore ogni elogio. Carri armati due volte
penetrati linee due volte respinti. Volontari fermi loro armi fino all’ultimo
schiacciati da carro. Truppa da tre giorni senza acqua nè viveri. Munizioni
quasi esaurite. Autocarreggio quasi interamente distrutto con materiale.” La
battaglia di Bir el Gobi potè dirsi finalmente conclusa. Le perdite da parte
inglese furono molto ingenti:
300 morti
250 feriti
70 prigionieri
Le perdite dei nostri giovani combattenti ammontarono a:
54 morti
117 feriti
31 dispersi
Dopo questa grande prova di coraggio e valore il nostro reparto ripiegò con le
altre truppe italo – tedesche entrando a far parte della Divisione Sabratha.
Partecipò agli scontri di El Agheila e Marsa el Brega ammantato dalla grande
fama dello scontro di Bir el Gobi che purtroppo, dopo la caduta del Fascismo, in
Italia fu dimenticato e bollato come un episodio da dimenticare.
Ernesto tatrantelli
…………..i carri armati le autoblinde,
i Carriers carichi di fanterie avevano ripreso a sferragliare attorno a noi.
La colonna giostrava davanti alle nostre postazioni tenendosi al di là della
gittata dei 47/32 e dopo aver compiuto un paio di giri in direzione nord-ovest,
i Mahrattas andavano a raggiungere i capisaldi tenute dalle nostre compagnie.
Rimanevano schierati davanti al settore della II Compagnia, sei carri armati e
una dozzina di autoblinde, nonché i Carriers e gli autocarri su cui avevano
preso posto gli scozzesi del 2° Cameron.
I carri erano tre Valentie, due Matilda e un Crusader.
A un ordine convenuto assunsero la formazione di combattimento e si diressero
verso il caposaldo.
Mentre la formazione rotolava minacciosa nella nostra direzione, tutti noi tesi
come corde di violino, attendevamo l’ordine di aprire il fuoco.
“Alzo 400 metri” ordinò il capitano Tarantelli.
Da lontano giunse la voce stizzosa del colonnello Tanucci “ Scegliete il vostro
bersaglio! Mirate giusto, non sprecate munizioni! “
Attraverso il turbine di sabbia vedevamo i capi equipaggio dei carri e delle
autoblinde scomparire uno dopo l’altro sotto i massicci sportelli delle
torrette.
I carri continuavano ad avanzare, e dietro i mezzi blindati in ordine sparso
caracollavano le camionette, molti autocarri pesanti e i Carriers stipati di
Camerons .
Il sottotenente Ferrari da dietro i binocoli scandiva “Seicento” “Cinquecento
metri…..quattrocen-to-cin-quan-ta, “non sparate ancora lasciateli avvicinare!”
Noi guardavamo in silenzio, i carri presero a brandeggiare i loro cannoni e
mitragliatrici alla ricerca delle nostre postazioni, ora anche gli scozzesi
erano saltati a terra e piegati in avanti tallonavano i Carriers.
“Quattrocento metri….Fuoco! i primi colpi dei nostri cannoncini partirono ed in
quello stesso istante anche il nemico prese a sparare.
Un Valentine si diresse verso la nostra postazione, Carlassi lo inquadrò nel
reticolo del telemetro e ordino di sparare, il nostro pezzo vomitò rapidamente
quattro perforanti, che andarono a schiantarsi contro la piastra frontale del
carro, che ad ogni colpo sussultava, ma continuava la sua lenta ma inesorabile
marcia.
Allibiti vedevamo i nostri proietti schizzare via.
Il Valentine si arrestò a un centinaio di metri, prese la mira e sparò ma il
colpo passò sopra le nostre teste.
Il cannoncino del carro continuò a sparare ancora a vuoto mentre la sua Besa
7,92 crepitava incessantemente.
Un nostro cacciatore sbucò dalla sua tana brandendo una Passaglia, ma una
raffica lo abbattè al suolo, un secondo cacciatore corse a raccattare la grossa
pera e la lanciò ma senza risultato fu colpito ad un braccio, riuscì comunque a
rituffarsi nella sua buca , qualcuno di noi ebbe l’animo di applaudire.
Intanto il due libbre del carro aveva ripreso a sparare.
Il nostro “elefantino” nel frattempo era ammutito, “Che ti prende?” urlò il
sottotenente al puntatore.
Carlassi tremava come una foglia, colto da convulsioni sobbalzava sul
predellino, le sue mani rattrappite non riuscivano ad afferrare il volano, era
in preda alla paura.
Il sottotenente non perse tempo, gli passò una mano dietro alla nuca e lo
costrinse a schiacciare l’occhio contro il telemetro.
“Mira! Mira!” gli gridava all’orecchio, sempre artigliandogli la nuca.
Noi allibiti non fiatavamo.
“Fuoco” singhiozzò finalmente Carlassi.
Elia fece partire il colpo; centrato! Il Valentie subì un brusco scossone e
s’inclinò da un lato.
“Fuoco! Fuoco! “ strepidava adesso Carlassi con la voce rotta dal pianto.
Il carro fu colpito alla ruota motrice del cingolo destro ed era in difficoltà,
il suo cannoncino taceva e le mitragliatrici balbettavano.
Intanto era comparso un altro Valentie in aiuto al primo.
“Attenzione a quest’altro “ avvertì il sottotenente.
Carlassi non del tutto ripreso dalla crisi di fifa, mirò al secondo carro,
“Fuoco! ” tentò di gridare, ma la voce gli si smorzò in gola, Elia aveva inteso
ugualmente e fece partire il colpo.
Il secondo Valentie si arrestò, il proiettile era andato ad incastrarsi fra le
prime due ruote del carrello e la sospensione a molle.
I cingoli stridevano girando a vuoto.
“L’hai preso! L’hai preso!” urlavamo in coro applaudendo al puntatore.
“Fuoco! Fuoco! Fuoco!” berciava ora a voce spiegata Carlassi sembrava impazzito,
non si capiva se per la gioia o per il terrore.
Il cannoncino di questo Valentie esplose due colpi che andarono a finire chissà
dove.
Il motore ruggì un paio di volte e poi tacque.
Dalle feritoie si sprigionò una densa voluta di fumo.
Il portello della torretta si aprì, un uomo saltò fuori ma prima ancora che
saltasse per terra venne falciato.
Chi venne dopo di lui sospinse il suo corpo sul cofano e cercò scampo scivolando
di lato, ma fece la stessa fine.
Il terzo uomo indugiava all’interno dello scafo, ma ormai il carro era in preda
al fuoco.
Dalla torretta era sbucata una torcia umana urlante.
Cadde al suolo e si dimenò nella sabbia fino all’esaurirsi delle forze.
Se un soffio di pietà alitava in noi non avemmo il tempo di esprimerlo, poiché
un’autoblinda si stava già avventando sulla nostra postazione facendo crepitare
la mitragliatrice all’impazzata.
Ci accorgemmo dopo, quando il fumo del carro che bruciava si diradò che il primo
Valentine era stato recuperato dagli inglesi. |