Nato a Presicce (Lecce) il 23 maggio 1904, deceduto a Roma il
19 maggio del 1983, Generale, Medaglia d'oro al valor militare.
Aveva cominciato la carriera militare prestando servizio in
Fanteria. Volontario in Spagna a fianco dei franchisti, Izzo, nel 1940-42, aveva
partecipato alle operazioni belliche in Albania e in Jugoslavia. Raggiunto il
grado di maggiore, chiese di passare nel corpo dei paracadutisti e con questi
partecipò ai combattimenti di El Alamein, meritando una Medaglia d'argento.
Nell'ottobre del 1942, durante la difesa di qaret Himeimat, Giuseppe Izzo fu
gravemente ferito. Rimpatriato, nel settembre 1943 era in convalescenza a Bari.
Subito dopo l'armistizio chiese, senza ottenerlo, di essere assegnato ad un
reparto operativo. Fu invece comandato prima agli uffici dello Stato maggiore
dell'Esercito e poi presso un Comando inglese. Quando fu incaricato di
riorganizzare la Divisione paracadutisti “Nembo”, Izzo riuscì ad ottenere il
comando di un reparto, col quale nel 1944, prese parte ai combattimenti di
Cassino, Orsogna, Chieti e Filottrano. Ebbe poi il comando del II Battaglione
paracadutisti, distinguendosi nelle azioni sviluppatesi nella valle del Santerno
e poi in quella del Sillaro.
Alla vigilia della liberazione di Bologna, l'allora tenente colonnello Giuseppe
Izzo ebbe modo di essere decorato sul campo (a Case Grizzano), dal Comando
americano (gli fu assegnata la Distinguish Service Cross”) e di meritare la
massima ricompensa italiana al valore militare con questa motivazione:
“Comandante di un battaglione di paracadutisti, ricevuto l'ordine di conquistare
una formidabile posizione avversaria, chiave di tutto il sistema difensivo
nemico sul fronte di Bologna e mantenuta dalle migliori truppe, ben conscio del
sacrificio al quale andava incontro, decisamente l'attaccava alla testa dei suoi
uomini. Dopo un furioso corpo a corpo riusciva ad occuparla e a mantenerla,
nonostante cinque furiosi contrattacchi del tedesco che era deciso a
riconquistarla a qualunque prezzo. Nella lotta senza quartiere, da comandante si
tramutò in semplice paracadutista ed imbracciato il mitra, senza un riparo, una
difesa, in piedi sparò fino a che una raffica nemica da pochi metri non gli fece
saltare l'arma di mano mutilandolo gravemente. Ma non abbandonò il
combattimento, rimase in testa ai suoi che, nell'esempio luminoso del
comandante, trovarono la disperata energia per la vittoria, che segnò la pagina
più bella dei paracadutisti del «Nembo» e che riconfermò il valore del soldato
d'Italia. Magnifica figura di comandante e di soldato, così esaltata anche dal
Comando Alleato: «… lo straordinario eroismo in combattimento del tenente
colonnello Izzo, ha costituito un importante fattore della disfatta del nemico
ed ha contribuito al successo finale del 15° Gruppo Armate in Italia»”.
Dopo la Liberazione, Izzo, promosso colonnello, diresse il Distretto militare di
Como. Fu poi destinato al Quartier generale italiano delle forze Sud-Europa
della NATO. Nel 1958 è stato promosso generale di brigata e nel 1960 è stato
collocato “in ausiliaria”. Sulla storia della “Folgore” ad El Alamein, Izzo ha
pubblicato, con Paolo Caccia Dominioni, un volume dal titolo “Takfir”, che nel
1994 e nel 2001 è stato rieditato da Mursia.
E' uno dei pochi sopravvissuti della divisione paracadutisti Folgore, che a el
Alamein ha scritto la pagina più gloriosa della guerra italiana.
Izzo ha guidato il V battaglione del 186°. Gli avevano affidato il settore
nevralgico di Naqb Rala, l'ultimo avamposto prima della leggendaria depressione
di el Qattara, dove il deserto assume i contorni della fine del mondo. Al
mattino del 23 ottobre Izzo aveva scoperto in un modo assai singolare che il
tratto nei pressi della depressione non era stato minato: vi si aggiravano
infatti alcuni cammelli e il tenente Gola era stato ben felice di poterne
abbattere uno. Spezzatino garantito per l'intero presidio dopo tre mesi senza
carne a meno di voler considerare tali i moscerini che si mescolavano alla
sabbia e alla pasta. Izzo, però, aveva raggelato la tavolata: quei ruminanti a
spasso dinanzi alle postazioni non erano turisti sperduti, ma esche britanniche
per studiare il terreno. Lo spezzatino era andato di traverso a molti,
soprattutto a Gola, incaricato di predisporre le mine. Alle dieci della sera il
furibondo bombardamento aveva annunciato l'inizio dell'offensiva.
la rampa da sud
rampa lato sud-est e buca
rampa direzione
sud-ovest
sommità
buca lato est
buca lato sud-est
bottone francese
rinvenuto sulla rampa (equipements militaires)
Il battaglione di Izzo, malridotto da tre mesi di combattimenti,
aveva dovuto fronteggiare la brigata francese rinforzata da un reggimento carri.
L'attacco si era sviluppato proprio nella zona non minata. Al grido «Avanti
Savoia» Izzo aveva condotto fuori dalle buche 98 parà con baionette e bombe a
mano protetti soltanto dai mortai di Gola, che per dirigere meglio il tiro stava
in piedi malgrado diverse ferite. Alle 7 del mattino gli uomini e i carri del
generale Koenig avevano ripiegato. La resistenza del V aveva salvato il fronte
meridionale. Dei 98 parà ne erano sopravvissuti 34; i
mortaisti, che esaurite le granate si erano anch'essi slanciati all'assalto,
erano meno di 10. Izzo giaceva pressochè dissanguato da una profonda ferita alla
gamba con minaccia di cancrena. Sulla barella accanto alla sua avevano steso
Gola agonizzante per un ampio squarcio al ventre. Dopo un anno di cure e di
ospedali Izzo ha chiesto di essere reintegrato nella Nembo, la divisione di
paracadutisti approntata in sostituzione della Folgore.