Nuovi capitoli in "Le mille e una favola" e "Alla ricerca dei relitti perduti"

                                            

                         Caporalmaggiore Mario Piscitelli 31° Guastatori nel ricordo del nipote Vittorio

 

Correvano gli anni della 2^ Guerra Mondiale e L’ Italia attraversava un periodo di sacrifici, lutti, miserie e tanto dolore per una guerra non voluta e che trovava gli italiani impreparati.
Tante donne, mamme, sorelle, mogli portavano nel cuore e nel volto i segni del dolore e delle apprensioni per i congiunti, mariti, figli e fratelli sparsi sui vari fronti di guerra e dai quali arrivavano rare e lontane notizie.
Non posso reprimere la mia commozione nel parlare di mio zio, fratello di mia madre, che non posso ricordare e che perse la vita lontano dagli affetti a soli 21 anni e 8 giorni. Io avevo allora solo tre anni..
Dimorava a Pignataro presso la sorella che ne seguiva gli studi nella vicina Capua quando si arruolò nel Genio Guastatori.
La Patria, il Dovere, L’Onore venivano enfatizzati ed il vigore e l’ entusiasmo giovanile facevano il resto.


Dopo l’addestramento, il giovane MARIO Piscitelli, il 18 aprile 1941 veniva aggregato al XXXI Battaglione Guastatori con il grado di caporal maggiore. Presumibilmente il 16-9-1941 si imbarcava a Taranto sulla motonave “Vulcania” sbarcando a Tripoli – Africa Settentrionale.
Giovane, veniva proiettato ed andava a far parte di uno scenario tremendo fatto di guerra, deserto, sole e fame.
In una breve licenza a Pignataro trascorse una giornata taciturno ed impegnato nell’affilare il pugnale in dotazione con una pietra focaia, alla sorella che lo riprendeva : “Mario, sembra un rasoio, non ti pare che basti?” rispondeva: “No! più è tagliente e maggiori sono le mie possibilità di ritornare a casa.”
Il XXXI Guastatori d’ Africa, sui campi di battaglia si coprì di gloria, molti suoi uomini sono stati insigniti di Medaglia d’Oro. Per molto tempo e forse anche oggi “un silenzio assordante” copre il ricordo di quegli uomini e delle loro gesta.
Il nostro Mario, nel giugno 1942, alla sorella che gli preannunciava la spedizione di un pacco di viveri scriveva: “Se potessi ti invierei io un pacco, con la caduta di Tobruk abbiamo trovato tonnellate di viveri. Quei porci di inglesi combattono a pancia piena.
Alle ore 7 del 21 giugno la piazzaforte di Tobruk cade e gli italiani fanno circa 30.000 prigionieri inglesi. Documentari, proiettati all’epoca dell’Istituto Luce, mostrano i nostri guastatori che soli fanno saltare e distruggono le fortificazioni inglesi.
Il Corriere della Sera pubblica la notizia in prima pagina citando l’azione di rottura dei guastatori: “I primi particolari sull’azione dei guastatori del XXXI battaglione, primo reparto a forzare le difese e ad irrompere”. Sempre in un documentario dell’Istituto Luce, la sorella riferisce di averlo riconosciuto mentre nel corso della battaglia usciva da una buca e recuperava un commilitone ferito.
In una ulteriore lettera, andata sfortunatamente persa, scrive ancora alla sorella cui era molto legato: “Cara sorella, sono stato proposto per una decorazione,… non dir niente a nostra madre…non voglio crearle ulteriori apprensioni”.
Ormai, sono trascorsi anni che mi sforzo inutilmente nell’ approfondire le mie ricerche affinché uno spiraglio di luce si apra e mi dia lumi e certezza su questo episodio. Trovo a me stesso delle giustificazioni al mio insuccesso. In una azione di ripiegamento, ho accertato, che l’automezzo che custodiva e trasportava tutta la documentazione del XXXI si era incendiato e distrutto a causa di un mitragliamento di aerei inglesi. Lo stesso Ministero, a guerra ultimata, non era riuscito a ricostruire gli organici e gli uomini del XXXI guastatori. Se proposta c’era stata, la stessa non era mai pervenuta né è stata mai conosciuta dal nostro Ministero alla difesa.

                            
Il 26 novembre 1986, dopo ulteriori verifiche e indagini, su consiglio del competente ufficio ministeriale, scrivevo al Col. PAOLO CACCIA DOMINIONI – Medaglia d’ Oro – Comandante il XXXI Guastatori ed autore dei libri: EL Alamein, Takfir, ecc in cui narra le vicende dei suoi uomini e il pietoso recupero delle salme a fine guerra.
Allo stesso, dicevo: “E’ come né 'Il prato in fondo al mare', Gentilissimo Sig. Colonnello, questo pensiero mi assilla e mi coinvolge per cui non avrò pace finché non si riuscirà a ricostruire il tutto affinché poi la lapide, e solo ciò, contenga simile menzione, a ricompensa di 21 anni spesi per la Patria. Ove ciò non succedesse basti l’essere stato un italiano del Glorioso XXXI Guastatori”.
Ma…. Questa mia rimaneva senza risposte. Attesi dei mesi e telefonai al Col. Dominioni in S. Maria di Leuca (Lecce). La figlia Sig.ra Anna, molto gentile e cortese, ricordava la mia lettera, per averla letta, ma.. il Colonnello era molto malato. Alternava momenti di lucidità a momenti di assenza. In qualche occasione possibile ne avrebbe parlato con il padre per poi aiutarmi ed informarmi. Molto tempo è trascorso da allora. Il Valoroso Colonnello e poi deceduto senza che pervenisse alcuna notizia..
Nonostante ogni sforzo non mi riuscì di rintracciare il Ten. Cappellano Militare del XXXI, Don Luciano Usai, sardo, confidente e confessore dei guastatori, che ne avvolgeva le salme nella bandiera tricolore che ha custodito sino alla sua morte. Era deceduto nel 1981, missionario saveriano in Brasile.
Il XXXI Guastatori, al comando dell’allora Maggiore Paolo Caccia Dominioni, si distinse ancora nella famosa battaglia di EL ALAMEIN al fianco della Gloriosa Folgore.
Triste e sfortunato destino quello del giovane Mario. Una foto inviata l’ 1-11-1942, scattata però il 2-10-1942, lo vede ripreso nel deserto di El Alamein circondato dalla 1^ Compagnia Guastatori.
Dopo otto giorni da quell’ invio moriva presso l’ospedale di riserva di PORTA AZIZIA (Tripoli), per setticemia e broncopolmonite. Tanto sulla base degli atti esistenti presso il Ministero alla Difesa.
Ma il mistero su questa giovane vita non finisce e le ombre non si diradano.
A guerra ultimata un fortunato commilitone reduce e compagno si reca dai miei nonni, nei pressi di Napoli, come promesso, recando loro il portafoglio con gli allegati documenti del figlio.
Riferiva d’essere stato vicino al compagno sino alla morte.
Dopo El Alamein, nei pressi di Agedabia, neutralizzate le guardie inglesi, con un ufficiale italiano ed in compagnia di circa trenta commilitoni si impadronivano di un automezzo e fuggivano attraverso il deserto. La fuga fu interrotta per la fine della benzina. Continuarono, a piedi, per circa tre giorni. In un villaggio rinvenivano contenitori d’acqua. Si dissetarono. Alcuni furono colti da forti dolori addominali con conati di vomito. Stessa sorte toccava al nostro Mario che trasportato in ospedale, a marce forzate, vi moriva in data 19-11-1942.
Il compagno riferiva, ancora, che l’acqua era stata avvelenata dagli alleati tedeschi che li avevano preceduti.
Quale la verità? E’ verosimile anche la risultanza ministeriale atteso che in una nota alla sorella, la stessa raccontava di aver saputo di una ferita alla spalla colpita da uno spezzone incendiario. Le condizioni ambientali, il clima, la denutrizione potrebbero aver fatto il resto e procurata l’immatura scomparsa.
Attraverso la mia caparbietà scoprivo, ancora, che i resti mortali dopo la paranoica scelta del Premier libico Gheddafi, da Tripoli venivano traslati nel Sacrario Militare di Bari. Nessuna autorità od organo del nostro governo si era premurato di comunicare tanto ai congiunti ancora in vita quali fratelli e sorelle.
Fu mio dovere recarmi in quel Sacrario, portargli quei fiori, che la madre deceduta di mal di cuore (aveva ancora un figlio in guerra) non aveva mai potuto donargli.


Vittorio Ricciardi

 

                                                       

                                          

 

16 Agosto 2008 / v06
 

QATTARA HOME
DOC & TESTIMONIANZE HOME


BACK


Se volete fare quattro chiacchiere sul deserto del Sahara, scrivetemi:
danielemoretto@libero.it



© qattara.it 2006-2007-2008. Tutti i diritti riservati. Contenuto: Daniele Moretto. Disegno: Giorgio Cinti