Il generale
Rommel, da poco nominato feldmaresciallo, malgrado le riserve dello Stato
Maggiore italiano, assicurò di essere in grado di proseguire l'offensiva e
sbaragliare definitivamente le forze inglesi.
Dall'altra
parte Il Generale Auchinleck, pur reduce da cinque settimane di ininterrotte
sconfitte e quindi consapevole della gravità della situazione era tuttavia
deciso a resistere. Le forze a sua disposizione erano ancora sufficienti per
poter difendere efficacemente Alessandria e il Delta del Nilo: a sua
disposizione c'erano la maggior parte dei reparti della 50a divisione
britannica, della 1a divisione sudafricana e della 2a
divisione neozelandese del generale Freyberg.
Dall'Iraq era
giunta la 18a Brigata indiana subito messa a difesa della posizione
di Deir el Shein, mentre l'altra Brigata indiana, la 4a, aveva preso
posizione ad Abu Weiss, più all'interno, ai margini della depressione di El
Qattara.
Come forze
corazzate, Auchinleck poteva contare sui 150 carri della 1a divisione
corazzata e sugli autoblindo della 4a Brigata corazzata leggera, di
recente creata.
Inoltre la RAF
garantiva ancora un'eccellente copertura aerea tale da poter controllare
dall'alto i movimenti del nemico.
Contro questa
linea difensiva l'Armata italo-tedesca poteva opporre solo un'esigua forza
corazzata formata da 35 carri tedeschi e poche decine di carri medi e leggeri
delle Divisioni corazzate italiane "Ariete", "Littorio" e "Trieste" i cui
reparti erano stati decimati nelle precedenti battaglie.
Malgrado la
mancanza di forze adeguate Rommel era pronto a lanciare i suoi uomini
all'attacco: sapeva benissimo che il tempo giocava a favore degli inglesi, e
prima ancora che potessero rinforzarsi ulteriormente bisognava stanarli e
distruggerli.
Data l'esigua
consistenza delle forze a sua disposizione, un attacco lungo tutto il fronte
difensivo nemico era da scartare per cui Rommel decise di attaccare proprio la
posizione di el Alamein con i carri della 15a e della 21a
Panzer Division e quelli della divisione corazzata Ariete.
Il piano di
Rommel prevedeva una manovra avvolgente da nord per accerchiare il 13° Corpo
d'Armata inglese.
Durante il
pomeriggio del 30 giugno i reparti tedeschi si scontrarono lungo il perimetro
difensivo di el Alamein con quelli della 4a Brigata Corazzata inglese
costringendola a ripiegare verso Alam el Onsol: in prossimità della cresta
Ruweisat gli inglesi riuscirono però a bloccare l'avanzata dei mezzi tedeschi. I
reparti indiani della 18a Brigata si sacrificarono per tutto il
giorno opponendo una tenace resistenza e distruggendo 18 dei 55 carri tedeschi
che erano entrati in combattimento.
A bloccare
definitivamente l'offensiva ci pensarono l'artiglieria e l'aviazione britannica:
la prima con un potente fuoco di sbarramento mentre la Raf con attacchi a volo
radente sulle colonne italo-tedesche.
Più a sud
l'attacco dell'Ariete venne respinto dalla 2a divisione neozelandese:
per le tre Brigate neozelandesi a ranghi completi fu facile avere ragione degli
scarsi reparti della divisione italiana, ridotta a poco più di 15 mezzi
corazzati, trenta pezzi di artiglieria ed un centinaio di bersaglieri.
I reparti della
divisione si erano ritrovati allo scoperto nell'ampia depressione di Deep Well,
ed erano stati attaccati contemporaneamente da tre lati dalle forze nemiche.
Senza alcun riparo naturale non fu possibile organizzare nessuna difesa ne
tantomeno fu possibile ripiegare in ordine.
La sconfitta
della Divisione corazzata italiana colse di sorpresa lo stesso Rommel: "questo
colpo ci arrivò del tutto inatteso, perché nei combattimenti durati lunghe
settimane presso Knights Bridge l'"Ariete", sia pure sotto la protezione
dell'artiglieria e dei carri tedeschi, si era battuta bene contro tutti gli
assalti britannici, sebbene subisse sensibili perdite. Ora gli italiani non
erano più in grado di rispondere alle enormi esigenze della situazione".
A partire dal
10 luglio ebbe inizio la prima battaglia difensiva di el Alamein, che si
protrasse fino al 27 luglio.
Nella notte tra
il 10 e l'11 luglio il generale Auchilenck, avuta la certezza che il grosso
delle forze italo-tedesche era concentrato nel settore centro-meridionale del
fronte, lanciò un attacco in quello settentrionale con la 9a
divisione australiana e la 1a divisione sudafricana: l'obiettivo era
la conquista delle alture di Tell el-Eisa e Tell el-Makh-Khad lungo la strada
costiera.
A difesa del
settore di Tell el-Eisa c'erano i reparti della divisione italiana Sabratha che
vennero ben presto travolti dall'assalto degli australiani. Per chiudere la
breccia vennero inviati rinforzi che riuscirono a fermare il nemico a sette
chilometri dall'obiettivo e a infliggergli notevoli perdite soprattutto per
quanto concerne i reparti corazzati.
Anche nel
settore di Tell el-Makh-Khad l'attacco dei sudafricani venne bloccato dalla
forte resistenza dei reparti italo-tedeschi.
Fallito
l'offensiva britannica, Rommel tra il 12 ed il 14 luglio riorganizzò i suoi
reparti tentando di ristabilire la precedente linea difensiva.
Il 15 luglio
gli inglesi tornarono all'attacco nel settore dell'altura di Ruweisat questa
volta al centro dello schieramento difensivo delle forze dell'Asse.
I primi ad
essere investiti furono i reparti della divisione Brescia, che pur opponendo una
fiera resistenza vennero ben presto travolti dall'attacco dei mezzi corazzati
nemici; Rommel contrattaccò con tutte le sue forze disponibili ristabilendo la
situazione a suo favore.
Un nuovo
attacco nemico si verificò tra il 21 ed il 22 luglio, risolvendosi ancora una
volta in un completo insuccesso per i britannici. Le forze italo-tedesche,
malgrado le notevoli perdite, la mancanza di rifornimenti e la superiorità
nemica in uomini e mezzi, mosse da indomito valore e spirito di sacrificio
resistevano.
La
seconda battaglia: Alam el-Halfa
Di fronte agli
insuccessi di Auchilenck, il primo ministro inglese Churchill si vide costretto
a sostituirlo: al comando dell'Ottava Armata venne designato il Generale Gott,
un veterano della guerra nel deserto, mentre il comando generale del Medio
Oriente fu assunto dal Generale Alexander. Il 7 agosto però Gott morì durante un
volo di trasferimento in Egitto, quando l'aereo sul quale viaggiava venne
abbattuto; il comando dell'Ottava Armata fu assunto così definitivamente dal
Generale Bernard Law Montgomery.
Anche sul
fronte italo-tedesco c'erano state delle novità: l'insieme delle truppe a
disposizione di Rommel aveva assunto la denominazione di Armata corazzata
italo-tedesca. Erano giunte nuove truppe: la divisione paracadutisti Folgore, la
164a divisione di fanteria tedesca, la 22a Brigata
paracadutisti tedesca agli ordini del generale Ramcke e dalla Tripolitania erano
giunti i reparti corazzati della divisione Littorio.
Il 28 agosto,
sempre consapevole che il tempo giocava a favore del nemico, Rommel inviò ai
reparti le direttive per la nuova offensiva che doveva scattare il 30 agosto:
la manovra di Rommel prevedeva un avvolgimento da sud e poi una conversione a
nord oltre il rilievo di Alam el-Halfa alfine di colpire il nemico sul fianco e
alle spalle.
Insieme al
Deutsche Afrika Korps, attaccarono il XX° Corpo Motorizzato italiano, con le
Divisioni corazzate "Ariete" e "Littorio" e la Divisione motorizzata "Trieste",
sul fianco sinistro della 15a e 21a Panzer division.
L'attacco
iniziò nella notte tra il 30 ed il 31 agosto: i reparti corazzati tedeschi
investirono il settore meridionale del fronte, con l'obiettivo di superare la
zona dei campi minati, aggirare l'intero schieramento inglese e sboccare sulla
costa all'altezza di El Hamman, alle spalle dell'Ottava Armata.
La 15a
panzer division attacava con 70 carri PzKpfw III e IV e la 21a panzer
con altri 120. Prima di mezzanotte, i reparti avanzati della 15a
Panzer division vennero a contatto con le difese britanniche della fascia
minata. Invece delle deboli forze previste, però i reparti tedeschi trovarono
profondi campi minati e una forte resistenza nemica. Il 1° battaglione del 115°
reggimento granatieri corazzato (15a Panzer division), agli ordini
del Maggiore Busch, si trovò sotto un potente fuoco di sbarramento
dell'artiglieria prima di dover fronteggiare un contrattacco della fanteria
britannica. Urgevano subito rinforzi: l'arrivo del 2° battaglione, agli ordini
del Capitano Weichsel, salvò la situazione. I granatieri tedeschi superarono di
slancio lo sbarramento minato, riuscendo a stabilire una testa di ponte
rendendo così possibile la creazione di un passaggio per i carri della 15a
Panzer division.
Il Generale
Walther Nehring, comandante dell'Afrika Korps, guidò l'assalto dei suoi uomini
seguendo la 21a Panzer: insieme con lui, a bordo della sua
autoblindo-comando, il Capo di Stato Maggiore, Colonnello Bayerlein. Poco dopo
l'inizio dell'attacco, giunse la prima triste notizia: la morte del comandante
della 21a Panzer Division, Generale Georg von Bismarck, caduto alla
testa della sua unità, mentre tentava di attraversare la zona dei campi minati.
I reparti italo-tedeschi continuavano a combattere di fronte ai campi minati,
strenuamente difesi dal nemico mentre dall'alto, la Raf colpiva a volo radente
le colonne motorizzate nemiche.
Per meglio
illuminare il campo di battaglia gli aerei inglesi lanciavano bombe al magnesio
che si incendiavano quando toccavano il suolo: il bagliore delle esplosioni
illuminava per molto tempo l'area circostante, permettendo così ai piloti di
scorgere i movimenti dei reparti nemici.
Dopo la morte
di von Bismarck, il comando dell'Afrika Korps perse anche il generale Nehring,
rimasto ferito nel corso di un bombardamento aereo: la guida dei reparti
corazzati avanzati venne assunta dal colonello Bayerlein.
Solo poco prima
dell'alba, la resistenza dei reparti britannici a difesa della zona dei campi
minati nel settore meridionale iniziò a scemare: le punte corazzate del DAK
penetrarono per circa 12-15 chilometri oltre la linea difensiva nemica invece
dei 50 previsti.
Il piano di
Rommel di penetrare profondamente verso est e di ruotare all'alba verso la
costa, era dunque fallito.
Dalle memorie
del colonello Bayerlein:
"Riflettemmo
se interrompere la battaglia, perché gli inglesi sapevano ormai dove eravamo.
Rommel parlò con me della situazione e giungemmo alla decisione di continuare
l'attacco. Ma una cosa era evidente: la "grande soluzione", ossia il vasto
aggiramento dell'Ottava Armata, non era più possibile, in quanto l'avversario
aveva avuto il tempo sufficiente per preparare le sue contrazioni. L'avversario
ci costringeva dunque alla "piccola soluzione": essa consisteva nel fatto che
noi dovevamo girare verso nord assai prima di quanto progettato e, in tal modo,
urtare direttamente contro il dorso dell'altura di Alam Halfa, con l'importante
quota 132, che doveva essere conquistata mediante un attacco diretto".
Ad aggravare
ulteriormente la situazione subentrò il mancato arrivo dei rifornimenti di
carburante: le petroliere che dovevano assicurare la benzina per i mezzi
corazzati delle forze italo-tedesche erano state tutte affondate o gravemente
danneggiate durante il tragitto nel Mediterraneo.
Il 31 agosto, i
Panzer tedeschi attaccarono l'altura di Alam Halfa, difesa nel settore
centro-orientale dai reparti della 44a Divisione di fanteria
britannica e della 10a divisione corazzata britannica nel settore
occidentale.
Una
provvidenziale tempesta di sabbia, bloccò a terra l'aviazione nemica: cogliendo
al volo questa inaspettata circostanza, i panzer tedeschi attaccarono
immediatamente a sud dell'altura, scontrandosi con i carri Grant della 22a
Brigata corazzata inglese.
L'attacco non
ebbe successo per l'ostinata resistenza nemica: nel tardo pomeriggio, i panzer
tedeschi furono costretti a ripiegare verso sud, raggruppandosi nella
depressione Ragil.
Per rinforzare
le posizioni di Ruweisat Montgomery vi trasferì una Brigata sudafricana ed altri
reparti per bloccare definitivamente la spinta offensiva nemica.
Il 1°
settembre, la 15a Panzer Division, passata temporaneamente agli
ordini del Colonnello Crasemann, fu lanciata contro l'altura di Alam Halfa e,
dopo durissimi combattimenti riuscì ad arrivare quasi fino alla quota 132, punto
strategico di vitale importanza.
Se si superava
lo sbarramento nemico alla quota 132 i panzer tedeschi avrebbero avuto via
libera verso il mare. Anche il nemico era consapevole dell'importanza della
posizione per cui le forze tedesche vennero bombardate incessantemente
dall'artiglieria e dall'aviazione. I carri dell'8° Panzerregiment della 15a
divisione corazzata tedesca erano riusciti a penetrare nelle linee avversarie
giungendo a soli 8 chilometri dalla costa alle spalle del fronte di El Alamein.
Ma, sulla
sinistra, il 5° Panzerregiment della 21a Panzer Division era bloccato
davanti alle posizioni difensive britanniche, con i carri e la fanteria
motorizzata sotto il fuoco dei caccia nemici.
Dopo tre giorni
di durissimi combattimenti, considerando le perdite e la mancanza di carburante,
Rommel si vide costretto a sospendere l'offensiva e ad ordinare l'arretramento
del fronte difensivo.
Il 4 settembre
gli inglesi lanciarono l'operazione Beresford nel tentativo di eliminare il
saliente che le forze italo-tedesche erano riuscite a creare durante l'ultima
offensiva, nella zona di Deir Alinda, Deir el Munassib e Deir Munafid.
L'attacco
inglese si arenò davanti alla forte resistenza dei reparti della divisione
Folgore, che riuscirono a respingere le puntate offensive del nemico
infliggendogli notevoli perdite.
TOBRUK
Per tentare di
allegerire la pressione nemica sul fronte di El Alamein, gli inglesi tentarono
tra il 13 ed il 14 settembre un attacco a sorpresa contro la piazzaforte di
Tobruk: l'attacco congiunto dall'entroterra con reparti del Long Range Desert
Group e dal mare con reparti di Royal Marines, appoggiati da una squadra navale
si risolse in un completo insuccesso.
Le forze
italiane a difesa del porto (un battaglione del Reggimento San Marco, elementi
del XVIII° battaglione carabinieri, il V° battaglione libico ed una compagnia di
formazione della Marina), seppero reagire prontamente e stroncarono sul nascere
il velleitario tentativo nemico. Grazie anche al pronto intervento
dell'Aeronautica italiana e della Luftwaffe gli inglesi subirono gravi perdite:
oltre a più di cinquecento uomini dei reparti speciali gli inglesi lamentarono
la perdita dell'incrociatore Coventry, dei cacciatorpediniere Sikh e Zulu e 7
motosiluranti.
Il 23
settembre, spossato dalla fatica e bisognose di un periodo di cure ma
soprattutto di riposo, Rommel lasciò il comando dell'Armata corazzata
italo-tedesca, sostituito dal Generale Georg Stumme, veterano del fronte
dell'est.
Al mattino del
30 settembre nei pressi di Deir el Munassib, all'estremità meridionale del
fronte, gli inglesi attaccarono di nuovo: a difesa di quella posizione c'erano i
paracadutisti del IX° battaglione del 187° Reggimento Folgore. Dall'altre parte
c'era un battaglione del Queen's Royal Regiment, appoggiato da circa 40 carri.
Dopo aver pesantemente bombardato per oltre un'ora le posizioni dei parà, la
fanteria nemica approfittando del fumo alzatosi dopo le esplosioni riuscì a
penetrare attraverso alcuni varchi prodotti dalle artiglierie nella zona dei
campi minati.
La reazione dei
paracadutisti non si fece però attendere: una prima colonna inglese si ritrovò
in mezzo al campo di tiro della 25a e 26a compagnia
paracadutisti, mentre l'altra colonna si scontrò con la 27a compagnia
ed il battaglione tedesco "Hubner".
Seguirono
durissimi scontri che videro gli inglesi lamentare pesanti perdite e quindi
decidersi a ripiegare per evitare l'annientamento. Negli scontri i britannici
lamentarono la perdita di 200 uomini tra morti e feriti e circa 150 prigionieri.
La terza battaglia di El Alamein
Mentre le forze
italo-tedesche erano sempre in attesa di ricevere adeguati rinforzi e
rifornimenti, sull'altra sponda grazie agli aiuti americani non c'era di che
lamentarsi.
Zio Sam aveva
fatto affluire nei porti egiziani carri armati, artiglierie, automezzi, montagne
di munizioni e milioni di litri di carburante.
L'aggravarsi
della situazione militare sul fronte dell'est, non aveva consentito a Berlino di
inviare ulteriori rinforzi in Africa settentrionale, cosi come lo Stato Maggiore
italiano aveva pensato bene di inviare sul fronte russo mezzi e uomini che
sarebbero stati di vitale importanza per il conseguimento del successo sul
fronte africano.
Mancarono la
fortuna e non il valore come si scrisse dopo, ma mancò anche nelle nostre alte
gerarchie militari la volontà di vincere, quasi come se qualcuno stesse
veramente già pensando ad una pace con gli alleati e pur di raggiungerla stava
portando allo sfacelo le nostre forze armate.
Quindi la
famosa frase potrebbe essere modificata in "Mancarono la fortuna, i mezzi e la
volontà, che resero vano il valore dei nostri soldati".
Durante il
periodo antecedente la fase finale della battaglia i reparti italo-tedeschi
furono impegnati nel fortificare le posizioni difensive e stendere una vasta
fascia di campi minati, i cosiddetti "giardini del diavolo", vaste zone di
terreno zeppe di mine e trappole esplosive.
LE
FORZE IN CAMPO
L'Armata
Corazzata Italo-Tedesca, alla vigilia dell'ultima battaglia di El Alamein,
allineava:
a nord il XXI°
Corpo d'Armata (Gen. Gloria) compredente le divisioni di fanteria italiane
Trento e Bologna, la 164a infanteriedivision tedesca e due
battaglioni della Brigata paracadutisti Ramcke.
La presenza di
reparti misti alternati, italiani e tedeschi, fu ritenuta necessaria da Rommel,
alfine di bilanciare l'insufficiente armamento italiano.
A sud, il X°
Corpo d'Armata (Gen. Frattini) con le divisioni di fanteria Brescia e Pavia, la
divisione paracadutisti Folgore e gli altri due battaglioni della Brigata Ramke.
Dietro questa
prima linea c'erano le forze corazzate mobili: a nord la 15a Panzer
Division e la divisione corazzata Littorio (Gen. Bitossi), a sud la 21a
Panzer Division e la divisione corazzata Ariete (Gen. Arena).
La divisione
motorizzata Trieste (Gen. La Ferla) e la 90a Leichte division Tedesca
erano dislocate ancora più a tergo dello schieramento, lungo la fascia costiera,
per respingere un eventuale sbarco inglese.
L'intero
schieramento comprendeva in totale:
104.000 uomini
(circa 55.000 italiani), 751 pezzi di artiglieria, 522 pezzi anticarro, 489
carri armati (211 tedeschi, 278 italiani), poche decine di autoblindo, 675 aerei
(di cui solo 150 tedeschi e 200 italiani efficienti).
L'Ottava Armata
inglese schierava invece, a nord, in prima linea, il XXX° Corpo d'Armata (Gen.
Leese), comprendente la 9a Divisione australiana, la 51a "Highland",
la 2a neozelandese, la 1a sudafricana e la 4a
indiana.
Più a sud,
c'era il XIII° Corpo d'Armata (Gen. Horrocks), comprendente le divisioni di
fanteria 50a e 44a, la brigata della "Francia Libera" ed
un gruppo di brigata greco.
In seconda
linea, a tergo del XXX° Corpo, c'era il X° Corpo d'armata (Gen. Lumsden), con le
Divisioni corazzate 1a e 10a, mentre dietro al XIII° Corpo
c'era il grosso della 7a Divisione corazzata.
A disposizione
di Montgomery c'erano inoltre inoltre, una Brigata indiana, una Brigata
corazzata, due Brigate di artiglieria contraerea e una Brigata di fanteria
indiana.
In totale:
220.000 uomini, 1348 carri armati, 400 autoblindo, 939 pezzi di artiglieria,
1200 aerei da caccia e da bombardamento.
Già da queste
cifre la sproporzione delle forze è alquanto evidente, se poi iniziamo a
considerare anche la qualità degli armamenti la situazione delle forze dell'Asse
era catastrofica.
Le formazioni
corazzate inglesi disponevano di 285 carri Sherman, 246 Grant, 421 Crusader, 167
Stuart, 223 Valentine e 6 Matilda.
I 489 carri
dell'Asse, comprendevano 239 carri medi e 20 carri leggeri italiani, nettamente
inferiori ai carri Sherman e Grant di costruzione americana ma anche ai
Crusader inglesi.
Inferiori erano
anche i 30 carri leggeri tedeschi Panzerkamfwagen II, mentre i 170
PanzerKampfwagen III reggevano appena il confronto.
Gli unici carri
superiori a quelli nemici erano i 38 Panzerkampfwagen IV tedeschi, alcuni dei
quali montavano il cannone da 75mm.
Da parte
italiana, gli unici mezzi validi erano i semoventi da 75/18, delle divisioni
corazzate Ariete e Littorio.
Per quanto
riguarda le armi anticarro, gli italiani disponevano del superato pezzo da 47/32
e i tedeschi dell'altrettanto inefficace 50/35.
Gli unici pezzi
di rilievo erano il cannone da 88/55 tedesco, vero terrore dei carri nemici, e
il cannone italiano da 90/53.
Gli inglesi
erano dotati dell'ottimo pezzo da 57mm entrato in servizio proprio nell'estate
del '42. L'artiglieria nemica era quantitativamente e qualitativamente
nettamente superiore, considerando anche che la maggior parte dell'artiglieria
italiana allineava ancora vecchi cannoni risalenti alla prima guerra mondiale.
Ai 1200 aerei
della RAF Rommel poteva opporre solo 700 aerei (di cui efficienti solo 150
caccia e 180 bombardieri.
Operazione Lightfoot
L'Operazione
Lightfoot messa a punto dallo Stato maggiore di Montgomery prevedeva un
massiccio attacco nel settore settentrionale del fronte, con le quattro
Divisioni del XXX° Corpo e le due Divisioni corazzate del X° Corpo, mentre nel
settore meridionale, sarebbe stato lanciato un attacco diversivo, per mascherare
la direttrice principale dell'offensiva.
Alle 20.40 del
23 ottobre 1942, l'artiglieria inglese con circa mille pezzi da campagna aprì il
fuoco contro le posizioni italo-tedesche ad El Alamein: un uragano di fuoco si
rovesciò sulle teste dei nostri soldati.
Inizialmente
vennero colpite le posizioni dell'artiglieria poi dopo quindici minuti il fuoco
fu diretto contro le posizioni difensive avanzate.
Poco dopo la
fanteria nemica si mosse per aprire i varchi nei campi minati per il passaggio
dei mezzi corazzati.
Ovunque si
accesero furiosi combattimenti che videro impegnati per primi i battaglioni del
62° Reggimento della divisione Trento e quelli del 382° Reggimento tedesco (164a
Infanteriedivision).
Nel settore
nord del fronte l'attacco della 9a divisione australiana e della 51a
inglese, permise una prima penetrazione dei carri della 1a e 10a
divisione corazzata all'interno del dispositivo difensivo italo-tedesco. Un
pronto contrattacco della Trento, da parte del III° Battaglione del 61°
Reggimento, appoggiato dai cannoni del I° e III° Gruppo del 46° Reggimento,
riuscì a bloccare l'offensiva nemica, lasciando i fanti e i carri nemici in
balia in mezzo ai campi minati.
Al centro dello
schieramento, anche l'attacco della 4a divisione indiana contro la
cresta di Ruweisat venne bloccato dai fanti della divisione Bologna.
Più a sud ci
pensarono i paracadutisti della Folgore a fermare la fanteria della 44a
divisione inglese e i carri della 7a divisione corazzata: i parà
dell'VIII° Battaglione guastatori e del VII° battaglione del 186° Reggimento,
agli ordini del tenente colonello Ruspoli, grazie all'appoggio del V° Gruppo di
artiglieria e di alcuni Panzer tedeschi bloccarono in mezzo ai campi minati gli
inglesi.
Un altro
attacco di una formazione mista comprendente inglesi e francesi quasi al confine
della depressione di El Qattara cozzò contro le difese del V° battaglione del
186° Reggimento a Nagh Rala. Un contrattacco portato dai paracadutisti insieme
al II° battaglione del 27° Reggimento della divisione Pavia frenò
definitivamente l'offensiva nemica.
Nei cieli di El
Alamein i piloti italiani del 4° e 5° stormo caccia e del 50° stormo d'assalto,
a bordo dei superati Fiat CR.42, si stavano battendo valorosamente contro la
superiorità aerea della RAF.
Al mattino del
24 ottobre, Montgomery non poteva dirsi certo soddisfatto circa l'andamento
delle operazioni: malgrado qualche piccolo successo locale il grosso delle sue
forze era ancora bloccato davanti ai campi minati antistanti lo schieramento
difensivo nemico. Per incitare i suoi comandanti di divisione a fare meglio,
arrivò addirittura a minacciarli di sostituzione.
Sul fronte
italo-tedesco vennero lanciati una serie di contrattacchi per ristabilire la
linea del fronte ed eliminare le brecce aperte in seguito all'attacco nemico.
Sul fronte
meridionale il contrattacco portato dai paracadutisti della Folgore pur
concludendosi positivamente costò la vita al comandante Ruspoli.
In quelle ore
cadde anche il generale Stumme, stroncato da un attacco cardiaco mentre la sua
vettura era finita sotto il fuoco nemico.
Bollettino
n.882 del 25 ottobre 1942:
"Dopo
intensa preparazione di artiglieria il nemico ha attaccato i settori
settentrionali e meridionale del fronte di El Alamein con importanti forze
blindate e di fanteria. L'avversario, ovunque respinto, ha subito gravi perdite
soprattutto in mezzi corazzati, di cui 47 risultano finora distrutti. La
battaglia continua. L'aviazione britannica, intervenuta con poderose formazioni
a sostegno dell'azione terrestre, è stata efficacemente contrastata dalla caccia
dell'Asse che abbatteva 16 apparecchi in fiamme; altri 4 precipitavano al suolo
sotto il tiro delle batterie contraeree".
IL
RITORNO DI ROMMEL
Intanto Rommel,
era ancora in convalescenza in Austria: non appena gli venne comunicata
telefonicamente l'inizio dell'offensiva inglese non ci pensò due volte a far
subito i bagagli per il fronte africano. Alle ore 23.25 del 25 ottobre, tutti i
reparti italo-tedeschi sul fronte di El Alamein ricevettero il seguente
messaggio:
"Ho ripreso
il comando della Panzerarmee - Rommel".
Solo nel
pomeriggio del 26 ottobre, gli inglesi ripresero l'offensiva, facendola sempre
precedere dal fuoco di preparazione dell'artiglieria.
A nord gli
inglesi attaccarono nell'area denominata Kidney Bridge con la 9a
divisione australiana e la 51a inglese: dopo alcune penetrazioni
locali, l'offensiva venne bloccato dall'intervento dei reparti della 15a
Panzer Division e della divisione corazzata Littorio.
Sul fronte
meridionale, ancora una volta l'attacco inglese portato dalla 44a
divisione inglese venne fermato nei pressi di Deir el Munassib dai paracadutisti
della Folgore.
Il 27 ottobre,
Rommel decise di contrattaccare nel settore settentrionale con la 90a
Leichte Division, la 21a Panzer e reparti della divisione corazzata
Ariete.
Il tentativo fu
vanificato dal potente fuoco di sbarramento dell'artiglieria nemica e
dall'intervento dei bombardieri nemici che colpirono duramente le colonne
italo-tedesche.
Dal 28 ottobre
si ritornò sulla difensiva: malgrado la superiorità dei mezzi a disposizione
Montgomery non riusciva a creare un varco nella linea difensiva nemica.
Questa
situazione di attacchi e contrattacchi durò fino alla fine di ottobre, senza
alcun risultato di rilievo né da una parte né dall'altra: un logorio continuo di
uomini e di mezzi che giocava come già detto più volte, a favore degli inglesi.
OPERAZIONE SUPERCHARGE
A partire dal 1
novembre Montgomery passò ai suoi comandi le ultime direttive per l'operazione
Supercharge: il vecchio Monty voleva una volta per tutte travolgere le difese
italo-tedesche con una massa corazzata appoggiata da tutta l'aviazione alleata
disponibile.
Questa volta
l'attacco decisivo doveva essere portato nel punto di congiunzione tra lo
schieramento tedesco e quello italiano, con il maggiore sforzo contro i reparti
italiani ritenuti più vulnerabili.
Dopo il solito
bombardamento dell'aviazione e dell'artiglieria, all'alba del 2 novembre iniziò
l'attacco delle fanterie e dei mezzi corazzati. Mentre la 9a
divisione australiana effettuava un attacco diversivo in direzione della costa,
più a sud passando attraverso un varco creato nei campi minati la 9a
Brigata corazzata (2a divisione neozelandese) doveva aprire la strada
alle divisioni corazzate del X° Corpo d'Armata (1a e 10a).
Quando la 9a
Brigata stava per giungere nei pressi della pista Rahman, venne a contatto con
le difese anticarro tedesche, perdendo ben 73 dei suoi 94 carri nei
combattimenti. Tuttavia il suo sacrificio non fu vano, dal momento che le altre
divisioni corazzate inglesi riuscirono a passare attraverso lo schieramento
nemico e ad ingaggiare battaglia.
Il comandante
del Deutsche Afrika Korps, generale Ritter von Thoma, si vide costretto a
lanciare in combattimento tutti i mezzi corazzati ancora a sua disposizione, per
tentare di fermate gli inglesi: i resti della 15a e 21a
Panzer Division ed i reparti corazzati della Littorio e della Trieste.
Appena un
centinaio di carri contro più di duecento carri nemici: i nostri valorosi
carristi a bordo degli M13 e M14 poco potevano contro i potenti Grant e Sherman,
ma si lanciarono comunque all'attacco, per l'onore e per la patria.
L'assalto
nemico venne temporaneamente bloccato, e Rommel voleva approfittarne per
effettuare un ripiegamento all'altezza di Fuka e salvare la maggior parte dei
reparti italo-tedeschi. Ma il 3 novembre da Berlino e da Roma arrivò l'ordine di
"mantenere a qualunque costo attuale fronte".
Nella serata
del 3 novembre le divisioni italiane Littorio, Trieste ed Ariete ricevettero
l'ordine di ritornare in prima linea e prendere contatto con il nemico.
Nel frattempo
Montgomery proprio durante la notte tra il 3 ed il 4 novembre ordinò una manovra
di aggiramento della sacca di Tell el Aqqaqir ed un attacco generale tra la
costa e la depressione di Deir Abu Busat.
La 9a
divisione australiana travolse i reparti della 90a Leichte division,
mentre le divisioni corazzate 1a e la 10a piombarono sugli
altri reparti del Deutsche Afrika Korps. La divisione corazzata Ariete si
ritrovò isolata, mentre la Littorio continuava a battersi con gli ultimi 20
carri rimasti in organico.
Proprio la
divisione Ariete insieme ai resti della Littorio e della 15a Panzer
Division venne impiegata per coprire la ritirata alle altre forze: finalmente da
Roma, valutata l'inutilità della lotta ad oltranza, era giunto l'ordine di
ripiegamento.
I carristi
dell'Ariete si sacrificarono fino all'ultimo quando venne inviato l'ultimo
messaggio radio:
"Carri
armati nemici fatta irruzione a sud dell'"Ariete"; con ciò "Ariete" accerchiata.
Trovasi circa 5 chilometri nord-est Bir el-Abd. Carri "Ariete" combattono".
A proposito dei
carristi italiani e della giornata del 4 novembre scrisse Rommel nelle sue
memorie:
"La
disperata lotta dei piccoli e scadenti carri italiani del XX° Corpo contro i
pesanti carri britannici che avevano aggirato gli italiani, vide i nostri
camerati battersi con straordinario calore…
I carri
armati della Littorio e della Trieste venivano abbattuti uno dopo l'altro dai
britannici. I cannoni anticarro da 47mm, esattamente come i nostri da 50mm, non
avevano alcuna efficacia contro i carri inglesi…
La sera il
XX° Corpo italiano, dopo valorosa lotta, era annientato. Con l'Ariete perdemmo i
nostri più anziani camerati italiani, ai quali, bisogna riconoscerlo, avevamo
sempre chiesto più di quello che erano in grado di fare con il loro cattivo
armamento".
Nel settore
meridionale, anche le forze del X° Corpo d'Armata italiano erano state
annientate: le divisioni Brescia, Pavia e Folgore.
Quando giunse
l'ordine di ripiegamento ai decimati reparti della Folgore ormai era troppo
tardi: senza autocarri i paracadutisti marciarono nel deserto a piedi nudi,
trascinandosi a mano le poche mitragliatrici e i cannoni rimasti. Per tre
lunghissimi giorni vagarono nel deserto finchè non furono tutti catturati dal
nemico. Su 5.000 effettivi dell'organico iniziale, restavano solo 300 superstiti
tra ufficiali e soldati.
Il 5 novembre
le forze italo-tedesche ripiegarono su Fuka, ed il 6 su Marsa Matruh; il 12
venne raggiunta la linea Tobruk-el Adem.
LE
PERDITE
La battaglia di
El Alamein costò all'Armata italo-tedesca 25.000 uomini, tra morti, feriti e
dispersi, oltre a 30.000 prigionieri: tra questi ultimi anche 10.724 tedeschi,
compreso il comandante dell'Afrika Korps, Generale von Thoma.
Da parte
inglese si lamentava la perdita di 13.560 uomini, tra morti, dispersi e feriti e
600 carri armati fuori combattimento.
Vista l'enorme
sproporzione di forze in uomini e mezzi all'inizio della battaglia, le perdite
inglesi sono da ritenersi troppo alte.
TESTIMONIANZE DEL NEMICO
Quando si parla
della battaglia di El Alamein si pensa subito a due nomi: Rommel e Folgore. La
divisione paracadutisti italiana si battè valorosamente, ma anche le altre
nostre divisioni si comportarono altrettanto valorosamente. Queste testimonianze
rivolte in modo specifico ai combattenti della Folgore, desideriamo dedicarle a
tutti i soldati italiani che sacrificarono la loro vita in terra d'Africa
combattendo con mezzi inferiori un nemico dieci volte superiore.
"gli italiani si sono battuti molto bene. la divisione paracadutisti folgore
ha resistito al di la' di ogni possibile speranza". (Radio Cairo, 8
Novembre 1942)
"la resistenza opposta dai resti della divisione folgore e' stata ammirevole".
(Reuter Londra, 11 Novembre 1942)
"gli ultimi superstiti della folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto.
la folgore e' caduta con le armi in pugno". (B.B.C. Londra, 3 Dicembre
1942)
"dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni
della folgore". (B.B.C. Londra, Discorso del 1° Ministro Churchill, alla
camera dei comuni).