Commemorazioni

  

  

Ancora oggi, a settanta anni dalla morte, non e’ ancora stata trovata una memoria condivisa su Italo Balbo.

                                                        di G.P. BERTELLI

 

Non si possono negare le sue imprese aviatorie e nemmeno ignorare le ricompense al valore che si e’ guadagnate sul campo, a tutt’ oggi la sua citta’ natale non gli ha dedicato una via, anche se in qualche modo, si

e’ voluto celebrarlo indirettamente dedicando una strada ai trasvolatori atlantici includendolo quindi nella memoria.

Del resto su questa figura sono stati scritte pagine e pagine, spesso contraddittorie, a conferma della complessita’ della figura di Balbo.

La sua biografia e’ stata sintetizzata sul sito di “Noi alpini bolognesi romagnoli”; volutamente ed opportunamente e’ stata omessa quella parte della sua vita che ancora oggi e’ oggetto di accese discussioni e sulla quale non si e’ raggiunto un giudizio unanime.

 

http://www.noialpini.it/balbo_italo.htm

 

 

Nasce il 5 giugno 1896 a Quartesana, frazione del comune di Ferrara. Alla vigilia dell’intervento italiano si arruola soldato volontario e dal 19 maggio 1915 presta servizio come motociclista presso la 3^ zona costiera, poi dal 4 luglio incorporato nel Corpo Volontari Ciclisti, rimanendo per tutto il periodo a Comacchio. Il 18 novembre prosciolto dall’arruolamento è rispedito a casa a seguito dello scioglimento di questi corpi volontari che non rientravano nelle strutture regolari dell’esercito. Nel giugno 1916 viene chiamato alla visita di leva regolare della sua classe 1896 e dichiarato rivedibile per insufficienza toracica ed eccessiva magrezza, quindi rinviato alla chiamata della classe successiva. Nel settembre, nuova visita ed è riconosciuto abile, molto probabilmente le commissioni di leva erano diventate meno esigenti, ed assegnato al deposito del 3° reggimento artiglieria da campagna. Un mese dopo, superati gli esami di ammissione alla seconda liceo, inoltra domanda per passare ai corsi per ufficiale ed il 15 novembre entra alla Scuola Militare di Modena. Il 28 aprile 1917 è aspirante ufficiale nell’8° reggimento alpini e destinato al battaglione “Val Fella” in quel periodo dislocato nella Carnia in Val Roncolana, un settore relativamente tranquillo. Promosso sottotenente di complemento in settembre, il 16 ottobre lascia il battaglione perché destinato, a sua domanda, al deposito aeronautico di Torino per imparare a pilotare un apparecchio. E’ evidente la sua vera aspirazione che poi realizzerà segnando il resto della sua vita. Questo primo approccio risulta vano per effetto, pochi giorni dopo, dell’offensiva austro- tedesca di Caporetto ed il crollo del fronte italiano. Molto probabilmente per ordini superiori, è costretto a lasciare Torino per tornare al fronte ed il 10 novembre viene preso in forza da distaccamento di Garessio (Cuneo) dell’8° Alpini ed il 16 novembre passa in forza al battaglione “Monte Antelao” del 7° Alpini in linea nel settore del Monte Altissimo sulla destra dell’Adige, zona non particolarmente impegnata dal fronte. Con la nomina a tenente, il 12 maggio 1918 viene assegnato al battaglione “Pieve di Cadore” sempre del 7° Alpini dove gli è affidato il comando del plotone d’assalto del battaglione, da non confondersi con gli Arditi dei reparti d’assalto che avevano un ordinamento ed un impiego autonomo. Il plotone del tenente Balbo, che finalmente può dimostrare le sue doti di trascinatore di uomini, conduce un’attività di pattuglie molto pericolose e imboscate notturne al nemico così intense nei mesi di luglio e agosto riconosciute anche dal Comando supremo, che conferisce al comandante Balbo la medaglia d’argento al valore militare datata Dosso Casina 14 agosto 1918. Dopo un periodo di riposo in retrovia, con l’offensiva finale sul Grappa iniziata il 24 ottobre, il 27 tutto il battaglione è all’attacco contro il Monte Valderoa. L’attacco, che non riesce a conseguire il successo sperato, vede alla testa il plotone di Balbo che giunge quasi solo ai reticolati nemici, riuscendo a rientrare con la notte. Per questo suo comportamento che lo vede volontariamente alla testa del battaglione, gli viene conferita la seconda medaglia d’argento datata Monte Valderoa 27 ottobre 1918. Nel ripetuto assalto, questa volta vittorioso, del 30 ottobre, ancora una volta si distingue conducendo alla testa del suo plotone l’attacco catturando 40 prigionieri, due mitragliatrici ed un cannone da trincea, come compare nella motivazione della medaglia di bronzo datata Monte Valderoa 30 ottobre- Rasai 31 ottobre 1918. Con il ripiegamento degli austriaci incalzati dai reparti del “Pieve di Cadore” con alla testa il plotone arditi guidati dal tenente Balbo, alle ore 17,30 del 31 ottobre viene liberata Feltre. Il 4 novembre la guerra era conclusa.

Il 26 dicembre risulta iscritto all’università di Firenze nella facoltà di scienze sociali ed in forza al 7° Alpini. Il 22 marzo 1919 viene trasferito al deposito dell’8° Alpini a Udine, esonerato dal servizio attivo e comandato, come previsto dalla legge, a Firenze come ufficiale studente. A fine luglio rientra al reparto e qui nasce l’idea, con altri giovani ufficiali come lui, di fondare il giornale “L’ALPINO”. Per il tenente Balbo, unico ad avere un minimo di esperienza giornalistica, è concertata la firma come Direttore. Il primo numero esce a Udine il 24 agosto 1919 quando Balbo è in licenza, ed anche i successivi n°2 e n° 3. Il suo primo articolo e la firma come direttore effettivo compare con il n° 4 del 14 settembre. A seguito della smobilitazione dell’esercito il giornale chiude la redazione friulana con il n° 11 del 14 dicembre e presi contatti con la fiorente Associazione Nazionale Alpini di Milano, costituita ufficialmente da pochi mesi, l’8 luglio 1919, lo stesso Balbo consegna a questa tutto il materiale redazionale. A fine dicembre lascia il deposito dell’8° Alpini per assumere l’incarico di commissario prefettizio a Pinzano al Tagliamento, comune della stessa provincia, dove rimane fino al 20 maggio 1920. Due giorni dopo viene congedato ed iscritto al ruolo come tenente di complemento di fanteria, specialità Alpini e ne diventerà capitano con anzianità maggio 1927. Il rapporto con l’Associazione Nazionale Alpini è piuttosto difficile da ricostruire, ma comunque possiamo così sintetizzare. Non risulta essere mai stato iscritto alla Sezione Bolognese Romagnola come socio, mentre è certa quella alle Sezioni di Verona e Roma anche se non vi sono date precise. E qui la notizia che potremmo definire inedita in quanto mai apparsa in precedenti biografie. Balbo è stato Presidente di una Sezione A.N.A.. Si legge infatti sul giornale “L’ALPINO” del 5 giugno 1923 che si è svolta il 26 maggio l’assemblea generale dei soci, per le elezioni del consiglio direttivo in carica nel biennio 1923-24 della Sezione Italia Centrale in Roma. Il nuovo consiglio eletto risulta così composto: Presidente ten. dott. Italo Balbo, vicepresidente cav. Carlo Bottiglia……Nel 1928 con la nomina di Angelo Manaresi (bolognese) a Commissario straordinario dell’A.N.A., invia tramite “L’ALPINO” un telegramma di felicitazioni firmato S.E. Balbo. Nuovamente lo ritroviamo citato nel numero del 10 gennaio 1929 nell’elenco degli alpini al governo, indicato come consocio della Sezione di Verona. Non si conoscono con esattezza né la data né i motivi del suo abbandono della Sezione di Roma e nuova iscrizione a quella di Verona. D’ora in poi l’alpino-aviatore troverà ampio spazio sul giornale dedicato alle sue ben note imprese aviatorie. Nel 1933, ne da notizia “L’ALPINO” del 10 luglio, la nostra Sottosezione di Ferrara viene intitolata all’illustre concittadino. Nel marzo 1935 (dal dicembre 1934 è Governatore generale della Libia) accoglie a Tripoli la 16^ Adunata Nazionale Alpini ritornando, come lui stesso si definisce, un alpino fra gli alpini. Per quanto riguarda la sua presenza alle Adunate Nazionali è menzionato a quella di Roma del 1929, Trieste 1930, Genova 1931 e Napoli 1932. Il 28 giugno 1940 muore sull’aereo abbattuto per tragico errore dalla nostra difesa antiarea di Tobruk e sembra ormai assodato proprio da parte di un altro ferrarese. Claudio Marzola, marinaio capopezzo deceduto nell’aprile 1999, ha confermato più volte nei suoi ricordi la tragica fatalità. Assieme a Balbo, imbarcato sull’aereo con altre personalità militari, muore anche l’amato nipote Lino, tenente degli alpini. Tutti furono insigniti della medaglia d’argento al valore militare “alla memoria”, lo zio Italo con quella d’oro. La distribuzione avvenne il 10 dicembre 1940 festa della Madonna di Loreto, Patrona degli Aviatori. Nel dicembre 1972 la salma di Italo Balbo venne rimpatriata ed inumata ad Orbetello, sede da dove partirono le famose “crociere atlantiche” da lui guidate.

 

Fin qui la biografia ufficiale di Italo Balbo, si potrebbe aggiungere che il padre era per alcuni di fede monarchica, per altre fonti un fervente mazziniano; e’ probabile che Camillo Balbo fosse vicino alla massoneria ferrarese alla quale si iscrivera’ anche il figlio, ancora giovanissimo, insieme al sindacalista Rossoni.

Italo Balbo si dimetterà dalla loggia Savonarola ufficialmente il 18 febbraio 1923.

La gioventu’ del futuro governatore della Libia fu sicuramente “movimentata”, leggendo i dossier che Mussolini fece raccogliere sui gerarchi piu’ in vista del regime si apprende che a 17 anni il giovane Balbo cercò di ricattare il cavalier Santini di Ferrara. Scoperto, evitò il processo per l’intervento dei genitori che appianarono le cose con il Santini stesso. C’e’ da dire che nell’Archivio segreto di Mussolini confluivano anche lettere anonime, confidenze di personaggi che avevano tutto l’interesse a mostrarsi “collaborativi” con il duce, magari arrivando ad orientare i fatti in maniera da gettare discredito o perlomeno di appannare il credito che godeva la figura di Italo Balbo a livello nazionale e non solo. Per dirla in due parole, Benito Mussolini non gradiva avere comprimari sulla scena politica italiana.

Per tornare all’Archivio Segreto di Mussolini, peraltro alleggerito nel dopoguerra dagli alleati e da chi era passato dal fascismo alla democrazia in maniera frettolosa, si possono leggere ulteriori informative da parte dell’intelligence su Balbo. Nel 1926 Mussolini bacchetta Farinacci per i continui attacchi mossi al gerarca di Ferrara dettati forse da invidia personale, il capo della polizia dopo aver indagato sul periodo militare del quadrumviro del regime cosi’ scrive al capo del governo: Per prima cosa bisognerebbe rivedereil processo celebrato contro S.E. Balbo al Tribunale Militare di Firenze. Come e’ noto, egli fu accusato di diserzione per essere fuggito dalla caserma di Moncalieri (dove seguiva un corso per pilota aviatore) subito dopo la ritirata di Caporetto. E’ altresi noto che S.E. Balbo fu assolto con formula piena in quanto dimostro’ che non aveva abbandonato la caserma per disertare, bensi’ per correre al fronte onde contribuire ad arrestare l’avanzata del nemico. Tutto questo e’ falso: S.E. Balbo, in effetti, fuggi’ da Moncalieri e raggiunse la sua casa a Ferraradove rimase nascosto per alcuni giorni. Solo per le rampogne del padre si ripresento’ alle armi nella zona di Padova. Risulta ancora che la promozione di Italo Balbo a capitano, per meriti di guerra, e’ ingiustificata. Il suo merito consistette infatti nell’avere obbligato un ufficiale austriaco prigioniero a levarsi gli stivali”. Fin qui la relazione, non si sa bene suffragata da quali prove, inviata dallo zelante e non certo disinteressato capo della polizia. Il segretario particolare del capo del governo Chiavolini aggiorno’ puntigliosamente tutte le notizie che riguardavano Balbo nel dossier a lui dedicato, brevemente ne elenchero’ alcune: “SE Balbo ha fatto spendere per ottenere il brevetto di pilota alla Regia Aeronautica ben 300.000 lire, in media ogni allievo non costa piu’ di 5000 lire”, non si puo’ nemmeno dire che Balbo fosse ingeneroso verso i camerati di Ferrara: “ il console Divisi, sommando gli appannaggi delle varie cariche riscuoteva 150.000 lire annue, aveva anche sistemato bene i dieci fratelli come si legge nella stessa informativa, stessa retribuzione anche per il Generale Gaggioli altro camerata della prima ora. C’e’ anche un rilievo a carico che informa il duce come per far ottenere al Comune di Ferrara un mutuo di 150 milioni Italo Balbo abbia preteso un compenso di cinque milioni.”

Balbo fu anche vittima del maestro Mussolini che, armato della fida matita rosso blù marca Faber correggeva i libri ed i proclami del ferrarese.

Che Farinacci non fosse un estimatore di Italo Balbo è cosa nota, arrivò anche a scrivere il 5 Febbraio del 1930 una lettera personale a Mussolini: Duce, mi segnalano che Italo Balbo si e’ fatto ricevere dal Pontefice in udienza privata. Io credo che egli, Quadrumviro della rivoluzione, inginocchiandosi davanti al Papa abbia voluto farsi perdonare la lunga appartenenza alla Massoneria o l’uccisione di don Minzoni. Balbo e’ sempre stato un mangiapreti, un bestemmiatore ed un libertino. Non ti sembra che una visita del genere, in questi momenti, abbia l’aspetto di un vero e proprio vento di fronda?”.

Nel 1930 la carriera folgorante di Balbo da fastidio a parecchi e Mussolini raccoglie per un ipotetico uso futuro tutto il materiale e le illazioni che potrebbero essere utili in futuro per ricattare e far tornare nei ranghi l’irrequieto ferrarese. Ad essere tenute sotto controllo sono le spese spesso eccessive di S.E. Balbo: “A Follonica si fa innalzare una tenda simile a quella di un sultano, si pasteggia nella stessa a base di caviale e champagne sembra per far colpo sulla contessa Spalletti ospite del quadrumviro. Sempre in Toscana vicino a Follonica, Balbo acquista una tenuta a Punta Troia, subito ribatezzata Punta Ala; le autorità aggiornano il duce sulle spese che la pubblica amministrazione deve sostenere per urbanizzare l’area. Sorvolo (per rimanere in tema) sulle torri munite di ponte levatoio in cui potevano appartarsi per 24 ore con le rispettive amanti i trasvolatori atlantici, questeed altre note venivano archiviate con ordine, nell’ormai voluminoso fascicolo su Balbo.”

Dopo nove anni trascorsi dalla morte di don Minzoni, Balbo tornerà ad Argenta per tenere un’adunata, il ministro dell’aeronautica non è piu’lo squadrista della Celibano, il discorso che pronuncia è ricco di contraddizioni ed arriva anche a balbettare parole incomprensibili, in una informativa il prefetto cerca di scusare il ministro parlando di nervosismo dovuto all’assassinio del parroco di Argenta perpetrato sembra su suo ordine, anche se sembra che quella che gli si voleva impartire fosse solo una lezione.

Non so se Italo Balbo fosse solo questo come sostengono i suoi denigratori, sicuramente in maniera positiva a forgiarlo culturalmente ed a smussarne l’animo da guascone servirono i consigli di Nello Quilici, che dalle colonne del “Corriere Padano” sosteneva la fronda di Italo Balbo nei confronti del duce e della dirigenza fascista. Le sue trasvolate atlentiche nell’America del Sud (dicembre 1930-Gennaio1931) e poi in quella del Nord (luglio-agosto 1933) con idrovolanti in formazione sono indubbiamente imprese eccezzionali che portano vanto alla nostra industria aeronautica ed alla nostra aviazione. Balbo si aspetta l’assegnazione di un titolo nobiliare e si lamenta con il duce che ha fatto nominare marchese De Pinedo ed aspira almeno al titolo di conte, dovrà accontentarsi di diventare maresciallo dell’aria. Forse anche per l’influsso di Quilici il neo maresciallo  esterna le proprie critiche al regime che puntualmente solerti delatori fanno arrivare alle orecchie del duce; fra queste “Balbo si lamenta del ritorno della pellagra nel Veneto. Dice che di questo passo saranno rimpianti i socialisti ed ancora Balbo e’ ormai considerato un nemico. Per i camerati veneti lui non e’ che il cugino dell’on. Pisenti ed il protettore di noti antifascisti come Castelletti”.

Del resto al maresciallo dell’aria non può certo venir contestato di aver rinnegato le amicizie, anche in piena campagna per la difesa della razza si intratteneva passeggiando ostentatamente sottobraccio con camerati di religione ebraica con i quali aveva combattuto al soldo degli agrari ferraresi, immutata rimase fino all’ultimo l’amicizia fraterna con il podestà Ravenna che assistette al di fuori del sagrato della chiesa alla messa di requiem per la morte di Balbo. In uno degli ultimi incontri con Ravenna Balbo lo rimproverò aspramente per essersi dedicato troppo alla causa dimenticando di trarre vantaggio dalle cariche ricoperte, una morale sicuramente non condivisibile ma che dimostrava l’affettuosità dei rapporti che il quadrumviro continuava ad intrattenere con chi era caduto in disgrazia.

Finalmente nel 1933 il duce decide di liberarsi dell’incomodo concorrente, anche qui una intercettazione telefonica documenta lo stato d’animo del futuro governatore, cosi’ da Roma parla alla moglie che vive a Ferrara:

 

Balbo: Hai visto?

Moglie: Purtroppo! Ed adesso come si fa?

Balbo: Cosi’ come stanno le cose, credo che ci sia poco da fare….

In ogno modo, ne riparleremo! Quel farabutto (Mussolini) ha voluto indorare la pillola….

Ma io sono capace di andare subito a rompergli il grugno!

Moglie: Stai calmo

 

Lo spirito con cui il nuovo governatore partì per la Libia, non fu certamente dei migliori ma gli passò in fretta.

Mise subito in pratica il suo spirito di iniziativa, fece costruire la Balbia, una grande strada che congiungeva la Tunisia con l’Egitto, a tale progetto lavorarono maestranze locali coordinate da tecnici italiani, fece immigrare migliaia di contadini affamati dal ferrarese e dal Veneto, era solito accogliere personalmente sulla quarta sponda i nuovi immigrati, ma non rinuncio’ alle solite guasconate, capitava a volte che preso dalla nostalgia decollasse dalla Libia in tempo per prendere l’aperitivo in via Veneto. Durante la guerra d’Etiopia il duce stronca sul nascere i bellicosi intenti di Balbo che vorrebbe attaccare la flotta britannica entrata in Mediterraneo ed organizzare una colonna per liberare il canale di Suez, interdetto alla navigazione delle navi italiane a seguito delle sanzioni comminate dalla Societa’ delle Nazioni all’Italia.

La politica verso gli arabi da parte di Balbo fu sempre improntata a grande rispetto; a volte arrivò anche a favorirli nelle dispute con gli italiani. Promise loro la cittadinanza italiana ed una rappresentanza in parlamento, precorrendo quanto fatto pochi anni dopo da Israele.A tutto questo il capo del fascismo oppose un netto rifiuto, la risposta del governatore della Libia fu all’altezza del personaggio, il solito delatore trasmise al segretario di Mussolini il seguente messaggio: “ Balbo ha detto che in un Parlamento dove ci sono i siciliani possono straci anche un paio di arabi.”  Le veline su Balbo si sprecarono nel 1936, ogni movimento del quadrumviro venne spiato ed a proposito del mancato affondamento dell’Home Fleet quando entro’ in Mediterraneo Italo Balbo disse: “ Adesso si e’ saputo che gli inglesi non avevano munizioni, sicche’ il colpo sarebbe riuscito in pieno e la storia d’Italia e del mondo sarebbe cambiata umiliando Londra, fra due anni quando Londra avra’ potentemente riarmato e vorra’ la rivincita, noi sconteremo questo errore e avremo un nemico assai piu’ duro dell’Abissinia da combattere.”

Un episodio sconcertante che sembra cozzare violentemente con l’ostilità all’antisemitismo del governatore della Libia è narrata da un profugo di religione ebraica ::

“il governatore della Libia, Italo Balbo, diede ordine agli ebrei di aprire le loro attività commerciali anche il sabato e stabilì che era la domenica il giorno festivo per tutta la popolazione. Abitualmente gli ebrei non lavoravano il sabato perché erano molto religiosi, naturalmente nessun ebreo si sentì di aprire la sua bottega nonostante l’ordine del governo. La domenica successiva tutta la polizia ed i carabinieri si mobilitarono per arrestare i trasgressori. Nella lista degli arrestati figuravano anche mio padre e mio fratello L. non era sufficiente il loro arresto e per dare risalto a questa infrazione della legge Italo Balbo ordinò la fustigazione di una decina di commercianti. Così la fustigazione fu presentata alla popolazione: si trattò di un macabro scenario; automobili con altoparlanti giravano incessantemente per la città pubblicizzando questa orribile azione nei confronti dei dieci commercianti ebrei che avevano osato disubbidire ad un ordine del Governo Italiano. In famiglia eravamo molto preoccupati, ma loro comunque non furono toccati in quanto cittadini francesi. I dieci ebrei che vennero scelti erano libici e, quindi, nessuno poté proteggerli.”la fustigazione era stata fissata per il giorno successivo, nelle prime ore del pomeriggio, vicino al ghetto, la piazza era gremita 

 all’inverosimile. In mezzo alla piazza alcuni genieri dell’esercito avevano eretto un palco abbastanza alto proprio per dare la possibilità a tutto il popolino di godere dello spettacolo. Dopo una lunga attesa arrivò il cellulare con i dieci uomini ammanettati. Furono fatti salire sul palco con la forza. Un fascista in camicia nera lesse i nomi dei condannati, questi poi lasciò il posto ad un arabo che si presentò a torso nudo per mostrare i suoi poderosi muscoli, dopo di che iniziò il macabro spettacolo: il fascista annunciò il primo nome e l’uomo da lui nominato fu spinto al centro del palco e quindi fustigato. Non so dire quante frustate ogni condannato ricevette, tenni gli occhi chiusi e sentivo solo i lamenti ed i battiti delle mani della gente che gridava piena di odio. A questa scena era presente il figlio del rabbino capo di Tripoli che, se non sbaglio, era di Livorno. Non sopportando questa ingiustizia, gridò ai fascisti che erano dei criminali. Venne subito arrestato e non so che fine abbia fatto. Qualche tempo dopo ebbi modo di parlare con uno dei dieci fustigati. Lui mi disse che erano stati tenuti all’oscuro di quello che sarebbe accaduto, tanto è che quando arrivarono sul piazzale, e videro il “palco” e tutta quella gente, temettero l’impiccagione. Tutti loro subirono quel giorno un trauma che si portarono dietro per tutta la vita. Lui, quel giorno, fu talmente preso dalla paura che se la fece addosso e per la puzza fu subito sbrigato e condotto sul cellulare. Dopo questo orribile fatto mio fratello G. parlò con l’amante di Italo Balbo, la ballerina orientale R. questa gli confidò che Balbo non era d’accordo, ma la punizione era stata ordinata da Roma, dal Duce in persona. Secondo le parole della ballerina, Balbo era molto preoccupato della politica sempre più filonazista del Duce.”

C’e’ da dire che, dopo la nomina a rabbino capo di Lattes, i rapporti con l’autorità libica e con il governatore furono sempre ottimi, del resto le pressioni del duce su Quilici per ottenere supporto alla campagna sulla difesa della razza sulle colonne del Corriere Padano non ebbero successo per molto tempo ed anche il tentativo di mettere Quilici contro Italo Balbo naufrago’ in breve tempo. Del resto Quilici contava molti amici fra gli antifascisti, fra questi Francesco Viviani martire della Resistenza. A questo proposito vorrei segnalare il libro di Alessandro Roveri “Quilici, Balbo e le leggi razziali” Este Edition 2006.

Benchè isolato nel suo esilio dorato, il governatore della Libia continuò ad esternare e non mancò mai il solerte delatore per riferire a Roma; di seguito due passi interessanti del Balbo-pensiero estratti da un colloquio intercorso con Fontanelli: “ Il popolo non ha alcun mezzo per far sentire la propria voce. Non ha lo sfogo necessario. Io sono contro le investiture dall’alto. Il Capo lo sa. Tutto l’ordinamento sindacale e corporativo non e’ che una sovrapposizione di funzionari. Le categorie debbono essere rappresentate dai loro uomini.” Ed ancora: “ Io sono per le elezioni.Le elezioni sono un termometro, servono a misurare la temperatura del popolo. Nella mia ultima visita al Capo gli ho detto che avevo l’impressione che in Italia ci fossero piu’ comunisti di quanti egli credesse.

Balbo era il “successore” naturale di Mussolini, Galeazzo Ciano da tempo gli aveva sbarrato la strada diventando anche genero del Duce, del resto l’opinione dei due sul governatore era chiara, durante uno scontro verbale con Ciano, Balbo grida:” Io i tedeschi non li discuto, li odio!!” ed ancora profeticamente: ”Finirete per fare i lustrascarpe dei tedeschi”. Naturalmente il conte Ciano corre subito a riferire all’augusto suocero e sul famoso diario a proposito di Balbo annota: “ Ingegno scarso, grande ambizione, assoluta infedeltà, capace di tutto: ecco Balbo. Conviene tenerlo d’occhio.” Non e’ da meno Mussolini che rincara la dose: “ Balbo rimarrà sempre quel porco che fu oratore della Loggia Girolamo Savonarola di Ferrara.”. Diciotto giorni dopo la dichiarazione di guerra, Balbo cade colpito dal fuoco amico sui cieli di Tobruk. Immediato è il cordoglio vero dei nemici, meno credibile è quello di Ciano e Mussolini, nessun alto gerarca fascista partecipò al suo funerale. In linea con il personaggio Ciano, la nota sul diario all’indomani della tragica morte dell’avversario: « Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza. ».

Un ripensamento tardivo e sicuramente sospetto.

Quanto sopra e’ stato tratto dall’Archivio Segreto di Mussolini un libro pubblicato da Arrigo Petacco nel 1997.

Sul giudizio storico negativo che impedisce di dedicare una strada a Balbo pesano le attività liberticide poste in essere dagli squadristi della Celibano al soldo degli agrari ferraresi e certamente anche l’omicidio forse preterintenzionale di Don Minzoni eseguito sembra, su ordine dello stesso Balbo, non depone certo a suo favore, anche se nei tre gradi di giudizio del processo a suo carico fu sempre assolto, due processi su tre vennero celebrati nell’Italia del dopoguerra.  Andrebbe comunque a mio parere, posto sull’altro piatto della bilancia quanto fatto da Italo Balbo per la riorganizzazione dell’aeronautica italiana civile e militare, per aumentare il prestigio della nostra industria sui mercati esteri, per la pacificazione della Libia che fino a pochi anni prima era costata enormemente in termini di vite umane all’Italia e tutto questo senza utilizzare la forza se non in casi circoscritti e forse nemmeno a lui addebitabili. Forse Italo Balbo non sara’ stato un gran pilota, almeno questa e’ l’opinione che il Gen. Briganti esprime nel suo libro “Oltre le nubi il sereno l'uomo che visse tre volte” Gino Rossatto Editore 2009, ma aveva sicuramente coraggio, sprezzo del pericolo e sapeva infondere fiducia in chi gli era sottoposto, doti che scarseggiano oggi come allora…..

Per tornare alla morte di Balbo cosi’ Quilici ne parla: “Michelangelo Antonioni uno degli allievi più cari a mio padre, così racconta il pomeriggio del 29 giugno 1940. Dalla Torre dei Caduti venne il primo colpo. E' una torre massiccia, tozza, e la sovrasta una gran campana i cui rintocchi cadono pesantemente sulla città a ogni evento memorabile, anche nei giorni di festa, all'uso medioevale. Quel 29 di giugno, nelle primissime ore del pomeriggio, la campana scoccò un tocco. E poi un altro, e un altro ancora. Staccati, pesanti, colmi d'uno sgomento vago. Sulla città cadde un silenzio improvviso, solo s'udivano quei rintocchi, presentimento d'angoscia senza fine. Nelle strade il traffico s'arrestò come spento, ad un tratto. Tutti, interrotte le loro faccende, stettero ad ascoltare i rintocchi che scivolavano lungo i muri, dentro le finestre e le porte, come orme di fantasmi. Era tempo di guerra e la guerra era lì, in quei rintocchi. S'udì una voce di donna dire forte, in dialetto: "I dis ch'è mort Balbo".

E’ ignoto a tutt’oggi,  chi effettivamente abbattè l’aereo di Balbo; Folco Quilici è convinto che la raffica partì dalla mitragliera in torretta del sommergibile posamine italiano Bragadin proveniente da Napoli, che, nella confusione che seguì l'abbattimento, ripartì dal porto libico la sera stessa, ragione per la quale le relazioni ufficiali non ne parlano,, lo stesso Quilici ha rivelato di aver incontrato alcuni superstiti ed il mitragliere che materialmente fece fuoco.

Vorrei concludere con il giudizio dato da Quilici su Balbo in una recente intervista: “Quella di Balbo fu una figura controversa. Certamente egli fu uno dei fondatori del Fascismo e, in quanto tale, partecipò a quel periodo di violenze - una specie di sanguinosa guerra civile - tra il 1919 e il 1922. In seguito, approvò le leggi di Mussolini sulla soppressione della libertà, della libertà di stampa, ecc.. Però, negli anni ’30 soprattutto, viaggiando nel mondo e riscuotendo grandi simpatie (come, del resto, anche Mussolini, che aveva saputo riorganizzare un Paese allo sbando), Balbo si allontanò sempre di più dal Duce e dalla sua visione del potere dittatoriale e assolutistica.La punizione che Mussolini gli inflisse esiliandolo in Libia fu per lui un’occasione di grandi soddisfazioni. Lì realizzò una colonizzazione intelligente, in sintonia con la popolazione libica: ciò gli procurò molta popolarità tra le masse arabe. Tale colonizzazione nulla aveva a che fare con il colonialismo cieco e ottuso dei francesi, degli inglesi e degli spagnoli nell’Africa di quegli anni. Nel periodo in cui Balbo amministrò la Libia, non ci furono crimini: questi vennero compiuti, invece, da Badoglio e soprattutto da Graziani. Ancora oggi, Balbo è ricordato positivamente in Libia.”

Vale la pena di ricordare che fra i firmatari del manifesto in favore della razza non e’ presente Italo Balbo, firmarono fra gli altri: Giorgio Bocca, Giorgio Almirante, Giovannino Guareschi, Pietro Badoglio, Amintore Fanfani, padre Agostino Gemelli, Giovanni Gentile, Mario Missiroli, Walter Molino, Giovanni Papini etc. etc.

A questi gli storici attuali hanno fatto lo sconto.

 

 

 

 

sommergibile Bragadin

nave appoggio Alice

 

 

 

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