Ancora oggi, a settanta anni dalla morte, non e’
ancora stata trovata una memoria condivisa su Italo Balbo.
di G.P. BERTELLI
Non si
possono negare le sue imprese aviatorie e nemmeno ignorare le ricompense al
valore che si e’ guadagnate sul campo, a tutt’ oggi la sua citta’ natale non gli
ha dedicato una via, anche se in qualche modo, si
e’ voluto
celebrarlo indirettamente dedicando una strada ai trasvolatori atlantici
includendolo quindi nella memoria.
Del resto
su questa figura sono stati scritte pagine e pagine, spesso contraddittorie, a
conferma della complessita’ della figura di Balbo.
La sua
biografia e’ stata sintetizzata sul sito di “Noi alpini bolognesi romagnoli”;
volutamente ed opportunamente e’ stata omessa quella parte della sua vita che
ancora oggi e’ oggetto di accese discussioni e sulla quale non si e’ raggiunto
un giudizio unanime.
http://www.noialpini.it/balbo_italo.htm
Nasce il 5 giugno 1896 a Quartesana, frazione del comune di Ferrara. Alla
vigilia dell’intervento italiano si arruola soldato volontario e dal 19 maggio
1915 presta servizio come motociclista presso la 3^ zona costiera, poi dal 4
luglio incorporato nel Corpo Volontari Ciclisti, rimanendo per tutto il periodo
a Comacchio. Il 18 novembre prosciolto dall’arruolamento è rispedito a casa a
seguito dello scioglimento di questi corpi volontari che non rientravano nelle
strutture regolari dell’esercito. Nel giugno 1916 viene chiamato alla visita di
leva regolare della sua classe 1896 e dichiarato rivedibile per insufficienza
toracica ed eccessiva magrezza, quindi rinviato alla chiamata della classe
successiva. Nel settembre, nuova visita ed è riconosciuto abile, molto
probabilmente le commissioni di leva erano diventate meno esigenti, ed assegnato
al deposito del 3° reggimento artiglieria da campagna. Un mese dopo, superati
gli esami di ammissione alla seconda liceo, inoltra domanda per passare ai corsi
per ufficiale ed il 15 novembre entra alla Scuola Militare di Modena. Il 28
aprile 1917 è aspirante ufficiale nell’8° reggimento alpini e destinato al
battaglione “Val Fella” in quel periodo dislocato nella Carnia in Val Roncolana,
un settore relativamente tranquillo. Promosso sottotenente di complemento in
settembre, il 16 ottobre lascia il battaglione perché destinato, a sua domanda,
al deposito aeronautico di Torino per imparare a pilotare un apparecchio. E’
evidente la sua vera aspirazione che poi realizzerà segnando il resto della sua
vita. Questo primo approccio risulta vano per effetto, pochi giorni dopo,
dell’offensiva austro- tedesca di Caporetto ed il crollo del fronte italiano.
Molto probabilmente per ordini superiori, è costretto a lasciare Torino per
tornare al fronte ed il 10 novembre viene preso in forza da distaccamento di
Garessio (Cuneo) dell’8° Alpini ed il 16 novembre passa in forza al battaglione
“Monte Antelao” del 7° Alpini in linea nel settore del Monte Altissimo sulla
destra dell’Adige, zona non particolarmente impegnata dal fronte. Con la nomina
a tenente, il 12 maggio 1918 viene assegnato al battaglione “Pieve di Cadore”
sempre del 7° Alpini dove gli è affidato il comando del plotone d’assalto del
battaglione, da non confondersi con gli Arditi dei reparti d’assalto che avevano
un ordinamento ed un impiego autonomo. Il plotone del tenente Balbo, che
finalmente può dimostrare le sue doti di trascinatore di uomini, conduce
un’attività di pattuglie molto pericolose e imboscate notturne al nemico così
intense nei mesi di luglio e agosto riconosciute anche dal Comando supremo, che
conferisce al comandante Balbo la medaglia d’argento al valore militare datata
Dosso Casina 14 agosto 1918. Dopo un periodo di riposo in retrovia, con
l’offensiva finale sul Grappa iniziata il 24 ottobre, il 27 tutto il battaglione
è all’attacco contro il Monte Valderoa. L’attacco, che non riesce a conseguire
il successo sperato, vede alla testa il plotone di Balbo che giunge quasi solo
ai reticolati nemici, riuscendo a rientrare con la notte. Per questo suo
comportamento che lo vede volontariamente alla testa del battaglione, gli viene
conferita la seconda medaglia d’argento datata Monte Valderoa 27 ottobre 1918.
Nel ripetuto assalto, questa volta vittorioso, del
30 ottobre, ancora una volta si distingue conducendo alla testa del suo plotone
l’attacco catturando 40 prigionieri, due mitragliatrici ed un
cannone da trincea, come compare nella motivazione della medaglia di bronzo
datata Monte Valderoa 30 ottobre- Rasai 31 ottobre 1918. Con il ripiegamento
degli austriaci incalzati dai reparti del “Pieve di Cadore” con alla testa il
plotone arditi guidati dal tenente Balbo, alle ore 17,30 del 31 ottobre viene
liberata Feltre. Il 4 novembre la guerra era conclusa.
Il
26 dicembre risulta iscritto all’università di Firenze nella facoltà di scienze
sociali ed in forza al 7° Alpini. Il 22 marzo 1919 viene trasferito al deposito
dell’8° Alpini a Udine, esonerato dal servizio attivo e comandato, come previsto
dalla legge, a Firenze come ufficiale studente. A fine luglio rientra al reparto
e qui nasce l’idea, con altri giovani ufficiali come lui, di fondare il giornale
“L’ALPINO”. Per il tenente Balbo, unico ad avere un minimo di esperienza
giornalistica, è concertata la firma come Direttore. Il primo numero esce a
Udine il 24 agosto 1919 quando Balbo è in licenza, ed anche i successivi n°2 e
n° 3. Il suo primo articolo e la firma come direttore effettivo compare con il
n° 4 del 14 settembre. A seguito della smobilitazione dell’esercito il giornale
chiude la redazione friulana con il n° 11 del 14 dicembre e presi contatti con
la fiorente Associazione Nazionale Alpini di Milano, costituita ufficialmente da
pochi mesi, l’8 luglio 1919, lo stesso Balbo consegna a questa tutto il
materiale redazionale. A fine dicembre lascia il deposito dell’8° Alpini per
assumere l’incarico di commissario prefettizio a Pinzano al Tagliamento, comune
della stessa provincia, dove rimane fino al 20 maggio 1920. Due giorni dopo
viene congedato ed iscritto al ruolo come tenente di complemento di fanteria,
specialità Alpini e ne diventerà capitano con anzianità maggio 1927. Il rapporto
con l’Associazione Nazionale Alpini è piuttosto difficile da ricostruire, ma
comunque possiamo così sintetizzare. Non risulta essere mai stato iscritto alla
Sezione Bolognese Romagnola come socio, mentre è certa quella alle Sezioni di
Verona e Roma anche se non vi sono date precise. E qui la notizia che potremmo
definire inedita in quanto mai apparsa in precedenti biografie. Balbo è stato
Presidente di una Sezione A.N.A.. Si legge infatti sul giornale “L’ALPINO” del 5
giugno 1923 che si è svolta il 26 maggio l’assemblea generale dei soci, per le
elezioni del consiglio direttivo in carica nel biennio 1923-24 della Sezione
Italia Centrale in Roma. Il nuovo consiglio eletto risulta così composto:
Presidente ten. dott. Italo Balbo, vicepresidente cav. Carlo Bottiglia……Nel 1928
con la nomina di Angelo Manaresi (bolognese) a Commissario straordinario
dell’A.N.A., invia tramite “L’ALPINO” un telegramma di felicitazioni firmato
S.E. Balbo. Nuovamente lo ritroviamo citato nel numero del 10 gennaio 1929
nell’elenco degli alpini al governo, indicato come consocio della Sezione di
Verona. Non si conoscono con esattezza né la data né i motivi del suo abbandono
della Sezione di Roma e nuova iscrizione a quella di Verona. D’ora in poi
l’alpino-aviatore troverà ampio spazio sul giornale dedicato alle sue ben note
imprese aviatorie. Nel 1933, ne da notizia “L’ALPINO” del 10 luglio, la nostra
Sottosezione di Ferrara viene intitolata all’illustre concittadino. Nel marzo
1935 (dal dicembre 1934 è Governatore generale della Libia) accoglie a Tripoli
la 16^ Adunata Nazionale Alpini ritornando, come lui stesso si definisce, un
alpino fra gli alpini. Per quanto riguarda la sua presenza alle Adunate
Nazionali è menzionato a quella di Roma del 1929, Trieste 1930, Genova 1931 e
Napoli 1932. Il 28 giugno 1940 muore sull’aereo abbattuto per tragico errore
dalla nostra difesa antiarea di Tobruk e sembra ormai assodato proprio da parte
di un altro ferrarese. Claudio Marzola, marinaio capopezzo deceduto nell’aprile
1999, ha confermato più volte nei suoi ricordi la tragica fatalità. Assieme a
Balbo, imbarcato sull’aereo con altre personalità militari, muore anche l’amato
nipote Lino, tenente degli alpini. Tutti furono insigniti della medaglia
d’argento al valore militare “alla memoria”, lo zio Italo con quella d’oro. La
distribuzione avvenne il 10 dicembre 1940 festa della Madonna di Loreto, Patrona
degli Aviatori. Nel dicembre 1972 la salma di Italo Balbo venne rimpatriata ed
inumata ad Orbetello, sede da dove partirono le famose “crociere atlantiche” da
lui guidate.
Fin qui la
biografia ufficiale di Italo Balbo, si potrebbe aggiungere che il padre era per
alcuni di fede monarchica, per altre fonti un fervente mazziniano; e’ probabile
che Camillo Balbo fosse vicino alla massoneria ferrarese alla quale si
iscrivera’ anche il figlio, ancora giovanissimo, insieme al sindacalista Rossoni.
Italo
Balbo si dimetterà dalla loggia Savonarola ufficialmente il 18 febbraio 1923.
La
gioventu’ del futuro governatore della Libia fu sicuramente “movimentata”,
leggendo i dossier che Mussolini fece raccogliere sui gerarchi piu’ in vista del
regime si apprende che a 17 anni il giovane Balbo cercò di ricattare il cavalier
Santini di Ferrara. Scoperto, evitò il processo per l’intervento dei genitori
che appianarono le cose con il Santini stesso. C’e’ da dire che nell’Archivio
segreto di Mussolini confluivano anche lettere anonime, confidenze di personaggi
che avevano tutto l’interesse a mostrarsi “collaborativi” con il duce, magari
arrivando ad orientare i fatti in maniera da gettare discredito o perlomeno di
appannare il credito che godeva la figura di Italo Balbo a livello nazionale e
non solo. Per dirla in due parole, Benito Mussolini non gradiva avere comprimari
sulla scena politica italiana.
Per
tornare all’Archivio Segreto di Mussolini, peraltro alleggerito nel dopoguerra
dagli alleati e da chi era passato dal fascismo alla democrazia in maniera
frettolosa, si possono leggere ulteriori informative da parte dell’intelligence
su Balbo. Nel 1926 Mussolini bacchetta Farinacci per i continui attacchi mossi
al gerarca di Ferrara dettati forse da invidia personale, il capo della polizia
dopo aver indagato sul periodo militare del quadrumviro del regime cosi’ scrive
al capo del governo: “ Per prima cosa bisognerebbe rivedereil processo
celebrato contro S.E. Balbo al Tribunale Militare di Firenze. Come e’ noto, egli
fu accusato di diserzione per essere fuggito dalla caserma di Moncalieri (dove
seguiva un corso per pilota aviatore) subito dopo la ritirata di Caporetto. E’
altresi noto che S.E. Balbo fu assolto con formula piena in quanto dimostro’ che
non aveva abbandonato la caserma per disertare, bensi’ per correre al fronte
onde contribuire ad arrestare l’avanzata del nemico. Tutto questo e’ falso: S.E.
Balbo, in effetti, fuggi’ da Moncalieri e raggiunse la sua casa a Ferraradove
rimase nascosto per alcuni giorni. Solo per le rampogne del padre si ripresento’
alle armi nella zona di Padova. Risulta ancora che la promozione di Italo Balbo
a capitano, per meriti di guerra, e’ ingiustificata. Il suo merito consistette
infatti nell’avere obbligato un ufficiale austriaco prigioniero a levarsi gli
stivali”. Fin qui la relazione, non si sa bene suffragata da
quali prove, inviata dallo zelante e non certo disinteressato capo della
polizia. Il segretario particolare del capo del governo Chiavolini aggiorno’
puntigliosamente tutte le notizie che riguardavano Balbo nel dossier a lui
dedicato, brevemente ne elenchero’ alcune: “SE Balbo ha fatto spendere per
ottenere il brevetto di pilota alla Regia Aeronautica ben 300.000 lire, in media
ogni allievo non costa piu’ di 5000 lire”, non si puo’ nemmeno dire che
Balbo fosse ingeneroso verso i camerati di Ferrara: “ il console Divisi,
sommando gli appannaggi delle varie cariche riscuoteva 150.000 lire annue, aveva
anche sistemato bene i dieci fratelli come si legge nella stessa informativa,
stessa retribuzione anche per il Generale Gaggioli altro camerata della prima
ora. C’e’ anche un rilievo a carico che informa il duce come per far ottenere al
Comune di Ferrara un mutuo di 150 milioni Italo Balbo abbia preteso un compenso
di cinque milioni.”
Balbo fu
anche vittima del maestro Mussolini che, armato della fida matita rosso blù
marca Faber correggeva i libri ed i proclami del ferrarese.
Che
Farinacci non fosse un estimatore di Italo Balbo è cosa nota, arrivò anche a
scrivere il 5 Febbraio del 1930 una lettera personale a Mussolini: “Duce,
mi segnalano che Italo Balbo si e’ fatto ricevere dal Pontefice in udienza
privata. Io credo che egli, Quadrumviro della rivoluzione, inginocchiandosi
davanti al Papa abbia voluto farsi perdonare la lunga appartenenza alla
Massoneria o l’uccisione di don Minzoni. Balbo e’ sempre stato un mangiapreti,
un bestemmiatore ed un libertino. Non ti sembra che una visita del genere, in
questi momenti, abbia l’aspetto di un vero e proprio vento di fronda?”.
Nel 1930
la carriera folgorante di Balbo da fastidio a parecchi e Mussolini raccoglie per
un ipotetico uso futuro tutto il materiale e le illazioni che potrebbero essere
utili in futuro per ricattare e far tornare nei ranghi l’irrequieto ferrarese.
Ad essere tenute sotto controllo sono le spese spesso eccessive di S.E. Balbo: “A
Follonica si fa innalzare una tenda simile a quella di un sultano, si
pasteggia nella stessa a base di caviale e champagne sembra per far colpo sulla
contessa Spalletti ospite del quadrumviro. Sempre in Toscana vicino a Follonica,
Balbo acquista una tenuta a Punta Troia, subito ribatezzata Punta Ala; le
autorità aggiornano il duce sulle spese che la pubblica amministrazione deve
sostenere per urbanizzare l’area. Sorvolo (per rimanere in tema) sulle torri
munite di ponte levatoio in cui potevano appartarsi per 24 ore con le rispettive
amanti i trasvolatori atlantici, questeed altre note venivano archiviate con
ordine, nell’ormai voluminoso fascicolo su Balbo.”
Dopo nove
anni trascorsi dalla morte di don Minzoni, Balbo tornerà ad Argenta per tenere
un’adunata, il ministro dell’aeronautica non è piu’lo squadrista della Celibano,
il discorso che pronuncia è ricco di contraddizioni ed arriva anche a balbettare
parole incomprensibili, in una informativa il prefetto cerca di scusare il
ministro parlando di nervosismo dovuto all’assassinio del parroco di Argenta
perpetrato sembra su suo ordine, anche se sembra che quella che gli si voleva
impartire fosse solo una lezione.
Non so se
Italo Balbo fosse solo questo come sostengono i suoi denigratori, sicuramente in
maniera positiva a forgiarlo culturalmente ed a smussarne l’animo da guascone
servirono i consigli di Nello Quilici, che dalle colonne del “Corriere Padano”
sosteneva la fronda di Italo Balbo nei confronti del duce e della dirigenza
fascista. Le sue trasvolate atlentiche nell’America del Sud (dicembre
1930-Gennaio1931) e poi in quella del Nord (luglio-agosto 1933) con idrovolanti
in formazione sono indubbiamente imprese eccezzionali che portano vanto alla
nostra industria aeronautica ed alla nostra aviazione. Balbo si aspetta
l’assegnazione di un titolo nobiliare e si lamenta con il duce che ha fatto
nominare marchese De Pinedo ed aspira almeno al titolo di conte, dovrà
accontentarsi di diventare maresciallo dell’aria. Forse anche per l’influsso di
Quilici il neo maresciallo esterna le proprie critiche al regime che
puntualmente solerti delatori fanno arrivare alle orecchie del duce; fra queste
“Balbo si lamenta del ritorno della pellagra nel Veneto. Dice che di questo
passo saranno rimpianti i socialisti ed ancora Balbo e’ ormai considerato
un nemico. Per i camerati veneti lui non e’ che il cugino dell’on. Pisenti ed il
protettore di noti antifascisti come Castelletti”.
Del resto
al maresciallo dell’aria non può certo venir contestato di aver rinnegato le
amicizie, anche in piena campagna per la difesa della razza si intratteneva
passeggiando ostentatamente sottobraccio con camerati di religione ebraica con i
quali aveva combattuto al soldo degli agrari ferraresi, immutata rimase fino
all’ultimo l’amicizia fraterna con il podestà Ravenna che assistette al di fuori
del sagrato della chiesa alla messa di requiem per la morte di Balbo. In uno
degli ultimi incontri con Ravenna Balbo lo rimproverò aspramente per essersi
dedicato troppo alla causa dimenticando di trarre vantaggio dalle cariche
ricoperte, una morale sicuramente non condivisibile ma che dimostrava
l’affettuosità dei rapporti che il quadrumviro continuava ad intrattenere con
chi era caduto in disgrazia.
Finalmente
nel 1933 il duce decide di liberarsi dell’incomodo concorrente, anche qui una
intercettazione telefonica documenta lo stato d’animo del futuro governatore,
cosi’ da Roma parla alla moglie che vive a Ferrara:
Balbo: Hai
visto?
Moglie:
Purtroppo! Ed adesso come si fa?
Balbo:
Cosi’ come stanno le cose, credo che ci sia poco da fare….
In ogno modo, ne riparleremo! Quel farabutto (Mussolini)
ha voluto indorare la pillola….
Ma io sono capace di andare subito a rompergli il grugno!
Moglie:
Stai calmo
Lo spirito
con cui il nuovo governatore partì per la Libia, non fu certamente dei migliori
ma gli passò in fretta.
Mise
subito in pratica il suo spirito di iniziativa, fece costruire la Balbia, una
grande strada che congiungeva la Tunisia con l’Egitto, a tale progetto
lavorarono maestranze locali coordinate da tecnici italiani, fece immigrare
migliaia di contadini affamati dal ferrarese e dal Veneto, era solito accogliere
personalmente sulla quarta sponda i nuovi immigrati, ma non rinuncio’ alle
solite guasconate, capitava a volte che preso dalla nostalgia decollasse dalla
Libia in tempo per prendere l’aperitivo in via Veneto. Durante la guerra
d’Etiopia il duce stronca sul nascere i bellicosi intenti di Balbo che vorrebbe
attaccare la flotta britannica entrata in Mediterraneo ed organizzare una
colonna per liberare il canale di Suez, interdetto alla navigazione delle navi
italiane a seguito delle sanzioni comminate dalla Societa’ delle Nazioni
all’Italia.
La
politica verso gli arabi da parte di Balbo fu sempre improntata a grande
rispetto; a volte arrivò anche a favorirli nelle dispute con gli italiani.
Promise loro la cittadinanza italiana ed una rappresentanza in parlamento,
precorrendo quanto fatto pochi anni dopo da Israele.A tutto questo il capo del
fascismo oppose un netto rifiuto, la risposta del governatore della Libia fu
all’altezza del personaggio, il solito delatore trasmise al segretario di
Mussolini il seguente messaggio: “ Balbo ha detto che in un Parlamento dove
ci sono i siciliani possono straci anche un paio di arabi.” Le veline su
Balbo si sprecarono nel 1936, ogni movimento del quadrumviro venne spiato ed a
proposito del mancato affondamento dell’Home Fleet quando entro’ in Mediterraneo
Italo Balbo disse: “ Adesso si e’ saputo che gli inglesi non avevano
munizioni, sicche’ il colpo sarebbe riuscito in pieno e la storia d’Italia e del
mondo sarebbe cambiata umiliando Londra, fra due anni quando Londra avra’
potentemente riarmato e vorra’ la rivincita, noi sconteremo questo errore e
avremo un nemico assai piu’ duro dell’Abissinia da combattere.”
Un
episodio sconcertante che sembra cozzare violentemente con l’ostilità
all’antisemitismo del governatore della Libia è narrata da un profugo di
religione ebraica ::
“il
governatore della Libia, Italo Balbo, diede ordine agli ebrei di aprire le loro
attività commerciali anche il sabato e stabilì che era la domenica il giorno
festivo per tutta la popolazione. Abitualmente gli ebrei non lavoravano il
sabato perché erano molto religiosi, naturalmente nessun ebreo si sentì di
aprire la sua bottega nonostante l’ordine del governo. La domenica successiva
tutta la polizia ed i carabinieri si mobilitarono per arrestare i trasgressori.
Nella lista degli arrestati figuravano anche mio padre e mio fratello L. non era
sufficiente il loro arresto e per dare risalto a questa infrazione della legge
Italo Balbo ordinò la fustigazione di una decina di commercianti. Così la
fustigazione fu presentata alla popolazione: si trattò di un macabro scenario;
automobili con altoparlanti giravano incessantemente per la città pubblicizzando
questa orribile azione nei confronti dei dieci commercianti ebrei che avevano
osato disubbidire ad un ordine del Governo Italiano. In famiglia eravamo molto
preoccupati, ma loro comunque non furono toccati in quanto cittadini francesi. I
dieci ebrei che vennero scelti erano libici e, quindi, nessuno poté
proteggerli.”la fustigazione era stata fissata per il giorno successivo, nelle
prime ore del pomeriggio, vicino al ghetto, la piazza era gremita
all’inverosimile. In mezzo alla piazza alcuni genieri dell’esercito avevano
eretto un palco abbastanza alto proprio per dare la possibilità a tutto il
popolino di godere dello spettacolo. Dopo una lunga attesa arrivò il cellulare
con i dieci uomini ammanettati. Furono fatti salire sul palco con la forza. Un
fascista in camicia nera lesse i nomi dei condannati, questi poi lasciò il posto
ad un arabo che si presentò a torso nudo per mostrare i suoi poderosi muscoli,
dopo di che iniziò il macabro spettacolo: il fascista annunciò il primo nome e
l’uomo da lui nominato fu spinto al centro del palco e quindi fustigato. Non so
dire quante frustate ogni condannato ricevette, tenni gli occhi chiusi e sentivo
solo i lamenti ed i battiti delle mani della gente che gridava piena di odio. A
questa scena era presente il figlio del rabbino capo di Tripoli che, se non
sbaglio, era di Livorno. Non sopportando questa ingiustizia, gridò ai fascisti
che erano dei criminali. Venne subito arrestato e non so che fine abbia fatto.
Qualche tempo dopo ebbi modo di parlare con uno dei dieci fustigati. Lui mi
disse che erano stati tenuti all’oscuro di quello che sarebbe accaduto, tanto è
che quando arrivarono sul piazzale, e videro il “palco” e tutta quella gente,
temettero l’impiccagione. Tutti loro subirono quel giorno un trauma che si
portarono dietro per tutta la vita. Lui, quel giorno, fu talmente preso dalla
paura che se la fece addosso e per la puzza fu subito sbrigato e condotto sul
cellulare. Dopo questo orribile fatto mio fratello G. parlò con l’amante di
Italo Balbo, la ballerina orientale R. questa gli confidò che Balbo non era
d’accordo, ma la punizione era stata ordinata da Roma, dal Duce in persona.
Secondo le parole della ballerina, Balbo era molto preoccupato della politica
sempre più filonazista del Duce.”
C’e’ da
dire che, dopo la nomina a rabbino capo di Lattes, i rapporti con l’autorità
libica e con il governatore furono sempre ottimi, del resto le pressioni del
duce su Quilici per ottenere supporto alla campagna sulla difesa della razza
sulle colonne del Corriere Padano non ebbero successo per molto tempo ed anche
il tentativo di mettere Quilici contro Italo Balbo naufrago’ in breve tempo. Del
resto Quilici contava molti amici fra gli antifascisti, fra questi Francesco
Viviani martire della Resistenza. A questo proposito vorrei segnalare il libro
di Alessandro Roveri “Quilici, Balbo e le leggi razziali” Este Edition 2006.
Benchè
isolato nel suo esilio dorato, il governatore della Libia continuò ad esternare
e non mancò mai il solerte delatore per riferire a Roma; di seguito due passi
interessanti del Balbo-pensiero estratti da un colloquio intercorso con
Fontanelli: “ Il popolo non ha alcun mezzo per far sentire la propria voce.
Non ha lo sfogo necessario. Io sono contro le investiture dall’alto. Il Capo lo
sa. Tutto l’ordinamento sindacale e corporativo non e’ che una sovrapposizione
di funzionari. Le categorie debbono essere rappresentate dai loro uomini.”
Ed ancora: “ Io sono per le elezioni.Le elezioni sono un termometro, servono
a misurare la temperatura del popolo. Nella mia ultima visita al Capo gli ho
detto che avevo l’impressione che in Italia ci fossero piu’ comunisti di quanti
egli credesse.”
Balbo era
il “successore” naturale di Mussolini, Galeazzo Ciano da tempo gli aveva
sbarrato la strada diventando anche genero del Duce, del resto l’opinione dei
due sul governatore era chiara, durante uno scontro verbale con Ciano, Balbo
grida:” Io i tedeschi non li discuto, li odio!!” ed ancora profeticamente:
”Finirete per fare i lustrascarpe dei tedeschi”. Naturalmente il conte Ciano
corre subito a riferire all’augusto suocero e sul famoso diario a proposito di
Balbo annota: “ Ingegno scarso, grande ambizione, assoluta infedeltà, capace di
tutto: ecco Balbo. Conviene tenerlo d’occhio.” Non e’ da meno Mussolini che
rincara la dose: “ Balbo rimarrà sempre quel porco che fu oratore della Loggia
Girolamo Savonarola di Ferrara.”. Diciotto giorni dopo la dichiarazione di
guerra, Balbo cade colpito dal fuoco amico sui cieli di Tobruk. Immediato è il
cordoglio vero dei nemici, meno credibile è quello di Ciano e Mussolini, nessun
alto gerarca fascista partecipò al suo funerale. In linea con il personaggio
Ciano, la nota sul diario all’indomani della tragica morte dell’avversario:
« Balbo
non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua
manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino
all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché
era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della
nostra razza. ».
Un
ripensamento tardivo e sicuramente sospetto.
Quanto sopra e’ stato tratto dall’Archivio Segreto di Mussolini un libro
pubblicato da Arrigo Petacco nel 1997.
Sul
giudizio storico negativo che impedisce di dedicare una strada a Balbo pesano le
attività liberticide poste in essere dagli squadristi della Celibano al soldo
degli agrari ferraresi e certamente anche l’omicidio forse preterintenzionale di
Don Minzoni eseguito sembra, su ordine dello stesso Balbo, non depone certo a
suo favore, anche se nei tre gradi di giudizio del processo a suo carico fu
sempre assolto, due processi su tre vennero celebrati nell’Italia del
dopoguerra. Andrebbe comunque a mio parere, posto sull’altro piatto della
bilancia quanto fatto da Italo Balbo per la riorganizzazione dell’aeronautica
italiana civile e militare, per aumentare il prestigio della nostra industria
sui mercati esteri, per la pacificazione della Libia che fino a pochi anni prima
era costata enormemente in termini di vite umane all’Italia e tutto questo senza
utilizzare la forza se non in casi circoscritti e forse nemmeno a lui
addebitabili. Forse Italo Balbo non sara’ stato un gran pilota, almeno questa e’
l’opinione che il Gen. Briganti esprime nel suo libro “Oltre le nubi il sereno
l'uomo che visse tre volte” Gino Rossatto Editore 2009, ma aveva sicuramente
coraggio, sprezzo del pericolo e sapeva infondere fiducia in chi gli era
sottoposto, doti che scarseggiano oggi come allora…..
Per
tornare alla morte di Balbo cosi’ Quilici ne parla: “Michelangelo Antonioni
uno degli allievi più cari a mio padre, così racconta il pomeriggio del 29
giugno 1940. Dalla Torre dei Caduti venne il primo colpo. E' una torre
massiccia, tozza, e la sovrasta una gran campana i cui rintocchi cadono
pesantemente sulla città a ogni evento memorabile, anche nei giorni di festa,
all'uso medioevale. Quel 29 di giugno, nelle primissime ore del pomeriggio, la
campana scoccò un tocco. E poi un altro, e un altro ancora. Staccati, pesanti,
colmi d'uno sgomento vago. Sulla città cadde un silenzio improvviso, solo
s'udivano quei rintocchi, presentimento d'angoscia senza fine. Nelle strade il
traffico s'arrestò come spento, ad un tratto. Tutti, interrotte le loro
faccende, stettero ad ascoltare i rintocchi che scivolavano lungo i muri, dentro
le finestre e le porte, come orme di fantasmi. Era tempo di guerra e la guerra
era lì, in quei rintocchi. S'udì una voce di donna dire forte, in dialetto: "I
dis ch'è mort Balbo".
E’ ignoto
a tutt’oggi, chi effettivamente abbattè l’aereo di Balbo; Folco Quilici è
convinto che la raffica partì dalla mitragliera in torretta del sommergibile
posamine italiano Bragadin proveniente da Napoli, che, nella confusione che
seguì l'abbattimento, ripartì dal porto libico la sera stessa, ragione per la
quale le relazioni ufficiali non ne parlano,,
lo stesso Quilici ha rivelato di aver incontrato alcuni superstiti ed il
mitragliere che materialmente fece fuoco.
Vorrei
concludere con il giudizio dato da Quilici su Balbo in una recente intervista: “Quella
di Balbo fu una figura controversa. Certamente egli fu uno dei fondatori del
Fascismo e, in quanto tale, partecipò a quel periodo di violenze - una specie di
sanguinosa guerra civile - tra il 1919 e il 1922. In seguito, approvò le leggi
di Mussolini sulla soppressione della libertà, della libertà di stampa, ecc..
Però, negli anni ’30 soprattutto, viaggiando nel mondo e riscuotendo grandi
simpatie (come, del resto, anche Mussolini, che aveva saputo riorganizzare un
Paese allo sbando), Balbo si allontanò sempre di più dal Duce e dalla sua
visione del potere dittatoriale e assolutistica.La punizione che Mussolini gli
inflisse esiliandolo in Libia fu per lui un’occasione di grandi soddisfazioni.
Lì realizzò una colonizzazione intelligente, in sintonia con la popolazione
libica: ciò gli procurò molta popolarità tra le masse arabe. Tale colonizzazione
nulla aveva a che fare con il colonialismo cieco e ottuso dei francesi, degli
inglesi e degli spagnoli nell’Africa di quegli anni. Nel periodo in cui Balbo
amministrò la Libia, non ci furono crimini: questi vennero compiuti, invece, da
Badoglio e soprattutto da Graziani. Ancora oggi, Balbo è ricordato positivamente
in Libia.”
Vale la
pena di ricordare che fra i firmatari del manifesto in favore della razza non e’
presente Italo Balbo, firmarono fra gli altri: Giorgio Bocca, Giorgio Almirante,
Giovannino Guareschi, Pietro Badoglio, Amintore Fanfani, padre Agostino Gemelli,
Giovanni Gentile, Mario Missiroli, Walter Molino, Giovanni Papini etc. etc.
A questi
gli storici attuali hanno fatto lo sconto.
sommergibile Bragadin
nave
appoggio Alice
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