Discussione interessante
ieri sera in bar. Un ingegnere di una importante multinazionale regionale, a sua
volta cliente di un'azienda morsanese, ha spedito dall'Egitto la foto di una
stele dedicata ad alcuni Italiani caduti lì, vicino al Cairo. La foto è stata
scattata dopo che l'ingegnere aveva notato la stele, mentre transitava nei
pressi della base aerea di Almaza.
Dalla foto è nata la
discussione su quale sia la storia dietro questa stele a nord del Cairo con la
scritta "Morti per l'Italia - 1935". Che ci facevano degli italiani al Cairo nel
1935, cioè in territorio di dominio Britannico in piena era fascista?
Così
ne è nata una ricerca su un episodio dimenticato dai libri di storia ma che
all'epoca fece molto scalpore. Si tratta infatti di un monumento che riguarda il
luogo di morte del ministro ai lavori pubblici Luigi
Razza, vittima di un incidente aereo sulla rotta verso
l'Eritrea. Così ne diede la notizia il quotidiano Il Mattino, 9 agosto 1935 (il
fatto accaddè il 7 agosto):
"Un trimotore italiano in
volo verso l’Asmara, recante a bordo il Ministro italiano dei LL.PP. On. Luigi
Razza, il suo segretario particolare dottor Minasi, l’africanista Franchetti,
due piloti (un maggiore e un sottotenente) e un meccanico, per ragioni ancora
ignote è precipitato in fiamme a circa un chilometro e mezzo dal Cairo.
L’apparecchio, partito in condizioni normali, con tempo sereno aveva sostato,
proveniente da Roma, per qualche tempo in Egitto"
Oltre al ministro, a bordo si trovava un notissimo esploratore, il barone Raimondo
Franchetti.
Franchetti
era un personaggio che incarnava lo spirito dell'epoca. Appena diciottenne si
imbarcò per gli Stati Uniti dove percorse le Montagne Rocciose e
successivamente, dopo il servizio militare, si recò alla volta dell'Indocina.
Nel 1911 documentò la rivoluzione in Cina e l'anno seguente visitò il Sudan. Nel
1915 combattè nel corpo delle automitragliatrici blindate. Nel primo dopoguerra
incrementò la sua passione per l'Africa e dagli anni Venti si recò diverse volte
nel continente nero da cui portò numerosi reperti di interesse naturalistico ed
etnografico. Tra il 1928 e il 1929 esplorò la Dancalia da
Est a Ovest, dalle coste dell'Eritrea fino all'acrocoro etiopico, da Assab a Mai
Ceu, per poi ridiscendere nel deserto dancalo e ripercorrerlo, più a Sud
dell'itinerario precedente, tornando poi alla costa. Questa fu lasua impresa
più grandiosa per la quale fu ampiamente celebrato da regime
fascista. Un resoconto del viaggio è Nella
Dancalia Etiopica, pubblicato nel 1930. Franchetti era animato da
alto senso di italianità ed offrì senza contropartita le sue attività allo stato
italiano, pur non essendosi mai tesserato per il partito fascista. Da ricordare
che Franchetti era ebreo.
Cimitero Militare Italiano di Otumlo (Massaua):
Giorgio Barani a fianco della stele commemorativa del Barone Franchetti (con
l’errato anno di nascita).
Sebbene l'incidente fece
molta eco, probabilmente per ragioni di opportunità politica la commissione
d'inchiesta istituita dal governo italiano dichiarò che non era possibile
stabilire le cause dell'incidente. Tuttavia il sospetto che fosse opera di
sabotatori inglesi rimase alto. In quel periodo Franchetti stava attivamente
preparando le attività d'intelligence tra le tribù dell'Eritrea in previsione
dell'invasione dell'Etiopia.
Questa la storia dietro
la stele che ancora oggi si può osservare alle porte del Cairo
Roma 8 agosto 1935
Il giorno 6 corrente
partiva da Roma l’apparecchio “S.81” destinato per usi civili nell’Africa
Orientale.
Sull’apparecchio
prendevano posto l’On. Razza e il suo segretario particolare dott. Minasi,
nonché il barone Franchetti. Pilotavano l’apparecchio il magg. Boetani e il
sottotenente Lavaggi; erano a bordo il motorista sergente maggiore Pirola e il
marconista atlantico maresciallo Viotti. L’apparecchio, che aveva già al suo
attivo circa 20.000 chilometri ed una precedente crociera Roma-Asmara-Roma,
compiva regolarmente la prima tappa, giungendo al Cairo il pomeriggio del 6.
Il mattino successivo,
alle 5,20 locali, l’apparecchio partiva in condizioni atmosferiche ottime per
l’Asmara dopo aver pernottato nell’aeroporto civile di Almaza. Alle 5,31il
marconista era in contatto con Montecelio ed Asmara e inviava il seguente
telegramma circolare:
“Numero 1 prot. Partiti
Cairo ore 5,20 diretti Massaua stop a bordo tutto bene stop”. Ciò certificava
che tutto procedeva regolarmente. Dopo d’allora più nulla.
Iniziatesi, su richiesta
immediata dell’autorità italiana, affannose ricerche da parte di apparecchi
civili egiziani e militari britannici, nel pomeriggio d’oggi l’apparecchio è
stato ritrovato sulla rotta Cairo-Asmara a circa 15 miglia di distanza dal
Cairo. L’equipaggio e i passeggeri sono deceduti.
Il gen. Pellegrini, con
tecnici del Genio Aeronautico, è partito in volo alla volta del Cairo per una
inchiesta.
Stefani