Nuovi capitoli in "Le mille e una favola" e "Alla ricerca dei relitti perduti"

 

                       

                     Gli  Scout   italiani d'Egitto

                           narrato da Bruno Spadavecchia

 Sulla scia del movimento giovanile sorto alla fine del 1800 per opera del colonnello inglese,  Sir Robert Baden Powell, anche in Egitto esso ebbe una floridissima vita  nella comunità italiana tra il 1919 ed il 1927 come G.E.I. (Giovani Esploratori Italiani), per poi riapparire - dopo il fascismo e gli eventi bellici - nel 1947 al Cairo, Alessandria e Porto Said (in quest'ultima città come scout nautici) appoggiandosi presso l'istituto Don Bosco (al Cairo in Via Rod El Farag).

    L'associazione maschile operò sotto la sigla A.S.C.I. (Associazione Scout Cattolici Italiani) ed ebbe come fondatori alcuni sacerdoti salesiani quali Don Odello, Don Russo, Don Germano, ecc., mentre la parte femminile A.G.I. (Associazione Guide Italiane) fece capo alla Signora Borsa presso le scuole governative italiane di Bulacco (la famiglia Borsa era nota per l'importazione in Egitto del digestivo Fernet-Branca e Ferro-China Bisleri).

    Anche le altre comunità straniere non furono da meno di quell'italiana, con numerosi partecipanti quali Greci, Armeni, Francesi, ecc., operanti presso i vari collegi di Frères, quali il gruppo di Wadi El Nil.

    Scopi dello scoutismo erano e sono quelli di favorire lo sviluppo nei giovani di principi sani, senso d'onore, lealtà, senso, senso civico e di responsabilità nel servizio verso il prossimo, abbinati ad una vita sana a contatto con la natura. Ciò anche attraverso escursioni, giochi all'aperto, itinerari turistici ecc., durante il corso dell'anno scolastico; ricordiamo i vari campeggi nel deserto all'ombra delle piramidi, nella vicinanza dei templi egizi dell'alto Egitto, ad El Alamein, nel mar Rosso.

    L'Egitto, per la sua posizione geografica, climatica, storica e culturale ha rappresentato un terreno ideale per l'espletamento delle attività scoutistiche.

    Durante le vacanze estive si era consolidata, invece, la consuetudine di effettuare lunghi viaggi all'estero a prezzi molto contenuti e, quindi, alla portata di molti giovani meno abbienti, ciò grazie anche al ricavato proveniente da feste di beneficenza, "kermesse", manifestazioni pionieristiche quali costruzioni di ponti con legno e corda, preparazione di pasti su cucina a legna, fuochi di bivacco con canti e scenette d'animazione.

    Un valido contributo al successo dei viaggi all'estero fu la stampa e vendita di un calendario annuale sponsorizzato da varie ditte italo-egiziane, quali le Fonderie Buzzino, il Banco Italo-Egiziano, i Gelati Groppi, la FIAT, i Fratelli Gila per gli elettrodomestici, ecc.

Gita a El Alamein

    Prendo lo spunto da una ritrovata documentazione fotografica per ricordare una gita degli scout italiani al cimitero militare di El Alamein avvenuta nel lontano novembre 1950.

    Poco dopo la partenza dal Cairo una avaria al pullman ci costrinse ad una lunga sosta nel deserto occidentale sulla strada verso Alessandria. All'epoca non esistevano né cellulari né sistemi validi di soccorso stradale, ma le emergenze erano rimesse alla cortesia e al senso civico, sempre disponibile, delle poche auto che transitavano per un aiuto provvisorio o un passaggio alla città più vicina. Solo nel tardo pomeriggio, a riparazione avvenuta (si era rotto l'albero di trasmissione) il nostro autista poté riprendere il viaggio verso la periferia di Alessandria e poi, costeggiando il mare per circa 100 km, nel deserto verso El Alamein.

    Arrivammo a destinazione (zona allora disabitata) con qualche difficoltà a causa del buio intenso e mancanza di segnaletica, nemmeno l' incrociare alcuni nomadi a cammello, visti a distanza con i fari dell'automezzo, ci era stato di aiuto, poiché gli stessi si dileguavano velocemente nella notte del deserto.

    Nel cimitero ci attendevano i due incaricati dello Stato italiano per la sistemazione delle salme dei nostri soldati: il conte Paolo Caccia Dominioni ed il sig. Renato Chiodini ambedue inquadrati nella Divisione Folgore.

    Alla luce delle nostre lanterne si susseguivano molteplici file di croci bianche che si perdevano a vista d'occhio; il signor Chiodini ci disse che i lavori prevedevano la sostituzione delle croci in legno con altre in pietra, in quanto il legno veniva portato via dai nomadi per riscaldarsi nelle fredde notti. 

    Certamente il luogo rievocava con l' immaginazione gli echi della guerra da poco conclusa.

    Dopo questo breve ma suggestivo sopralluogo, pernottammo nelle tende piantate vicino alla costruzione ad arcate all'ingresso del cimitero e che ospita la riproduzione di un carro armato della gloriosa divisione Folgore.

    Nei giorni successivi completammo l'esplorazione della zona visitando Sidi Ab-el-Rahman, località dove erano concentrati i rottami dei carri armati inglesi, italiani e tedeschi, la vicina torretta in costruzione su una collina a quota 33 dove sarebbe poi sorto il sacrario del cimitero; il terreno di guerra dove erano ancora evidenti residui bellici, quali trincee, cavi elettrici, scatolame arrugginito, bottiglie, e altre tracce di generi di prima necessità, ecc.

    Nelle intenzioni del promotore della gita don Luigi Odello - sacerdote fondatore dell'Associazione degli Scout Italiani in Egitto e professore dell'istituto salesiano del Cairo - vi era la commemorazione a ricordo dei tanti soldati italiani caduti in questa parte del deserto nord africano. 

    Un po' di storia. L'Egitto, pur essendo indipendente sin dal 15 marzo 1923, era rimasto sotto l'egemonia del protettorato inglese con la compiacenza della nuova monarchia (re Fouad), di origine ottomana, a sua volta appoggiata dagli stessi Inglesi, e fornì truppe agli alleati. Anche essi hanno dei morti da piangere a causa di quella battaglia.

    L'armata inglese in Egitto doveva garantire il controllo sul Canale di Suez, importante obiettivo strategico che permetteva il mantenimento e l'unità dell'impero britannico e le sue colonie e ne garantiva gli interessi economici.

    La presenza dell'Italia in Libia rappresentava una fonte di preoccupazione per gli inglesi, i quali, per evitare problemi, fecero internare tutti gli italiani maschi residenti in Egitto, sistemandoli nei campi di concentramento nelle località del Fayed e Geneifa, lungo il canale di Suez, per circa quattro anni.

    Tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1942 si svolse quella grande battaglia che infiammò il suolo egiziano tra l'ottava armata britannica comandata del generale Montgomery e le forze italo tedesche comandate dal generale Edwin Rommel.
Le forze inglesi, in possesso di mezzi tecnologicamente più avanzati, ebbero la meglio contro le forze dell'Asse, male equipaggiate e con scarsità di carburante e munizioni, ma che, tuttavia, opposero una coraggiosa resistenza; tra esse tutti ricordano le divisioni "Folgore" e "Ariete".

    Qualche numero dall'Enciclopedia Rizzoli Larousse: la superiorità britannica in uomini e mezzi era schiacciante: 65.000 fanti contro 30.000 Italo-Tedeschi; 1.350 carri armati, di cui 500 pesanti, contro 500 avversari, di cui solo 38 pesanti; 900 cannoni contro 500; 1.500 pezzi anticarro contro 500; un'aviazione superiore nella misura di 3 a 1. La battaglia costò la vita a circa 14.000 soldati e segnò l'abbandono dell'Africa da parte delle forze dell'Asse.

    In questa sede voglio rendere omaggio all'opera di don Odello che successivamente al 1950, con altri scout partecipò attivamente alla ricerca a sistemazioni dei caduti nel cimitero di El-Alamein.

racconto tratto da:

 http://xoomer.virgilio.it/nuovopapiro/index.html

 

 

 

                            

                                             

        

 

16 Agosto 2008 / v06
 

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